Nata a Gerusalemme, romana d’adozione, 47 anni, Noemi Di Segni è da oggi il nuovo presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Assessore al Bilancio nel passato quadriennio di governo UCEI, Di Segni ha ottenuto l’incarico nel corso della prima riunione del nuovo Consiglio dell’Unione, formatosi in seguito alle designazioni dei singoli Consigli comunitari e dalle consultazioni elettorali svoltesi nelle Comunità di Roma, Milano, Firenze, Livorno e Trieste in data 19 giugno.
“Rimarcare ancora di più il contributo valoriale che l’ebraismo italiano offre e condivide con la società esterna e il modo in cui l’ebraismo stesso è riconosciuto e tutelato. Ma la sfida è anche verso l’interno, il reciproco rispetto e la capacità di ascolto. È fondamentale – ha spiegato Di Segni in un recente intervento sul mensile UCEI Pagine Ebraiche – mantenersi ed evolversi nel rispetto e nella valorizzazione delle peculiarità culturali e ritualistiche di ogni comunità esistente, dell’emergente presenza ebraica nel Meridione, al contempo ridefinendo modelli di gestione e di governance che siano in grado di offrire e sostenere le molteplici esigenze”.
Presentatasi al voto in qualità di capolista del gruppo “Benè Binah”, formazione che un significativo consenso ha ottenuto tra gli ebrei romani, Noemi Di Segni succede a Renzo Gattegna, per 10 anni al vertice dell’ebraismo italiano.
Intervenendo tra l’altro nel corso della mattinata, Noemi Di Segni aveva affermato:
“Viviamo la nostra vita quotidiana correndo e curando i nostri affetti personali, ma sappiamo già – dai più piccoli ai più grandi – che la densa nuvola nera è arrivata anche sui cieli dell’Europa. E le sfide che abbiamo da anni imparato ad affrontare, come israeliani, come ebrei e come Comunità, sono divenute sfide anche dei Governi e delle Istituzioni europee.
L’Europa, dopo la tragica esperienza della seconda guerra mondiale, aveva finalmente capito la necessità di agire all’unisono per difendere i valori fondamentali di libertà, democrazia, uguaglianza e rispetto dei diritti umani. La cronaca di questi giorni dimostra purtroppo che è entrata in crisi la stessa identità dell’Unione Europea, all’interno della quale, ormai, nessuno può più dirsi al sicuro.
Oggi più che mai dobbiamo riaffermare i valori di democrazia e convivenza civile e sviluppare una strategia vincente per difendere le nostre Comunità dalla minaccia terroristica e da un antisemitismo sempre più aggressivo e subdolo. Sicurezza che va “gestita” – informando ma senza generare panico e terrore di vivere le nostre vite. Approntando ulteriori sistemi e misure di prevenzione con attenzione e di raccordo con le Forze dell’Ordine.
L’Europa e Israele. Israele e l’Italia. Un rapporto a cui tutti noi teniamo immensamente.
Lo Stato di Israele si difende con la sua anima, con le sue istituzioni democratiche con e il suo incredibile esercito ed afferma il suo diritto ad esistere, difendendo l’esistenza fisica e combattendo la distorsione mediatica, i tentativi di boicottaggio e i continui attacchi ed isolamento. Sappiamo quanto la sopravvivenza di Israele rappresenti una garanzia per l’esistenza e aggiungerei oggi, resistenza, dell’Intera compagine europea. Siamo e dobbiamo essere al suo fianco, come sempre. Continueremo a difenderlo, mirando a farlo conoscere nelle sue molteplici realtà, come un luogo di eccellenza nello sviluppo etico, scientifico e tecnologico, culturale e sociale, unico nel Medioriente e con una sola capitale – Gerusalemme.
I nostri giovani: le Comunità che domani lasceremo loro dipende dalle nostre scelte di oggi. Tutti, ne sono certa, ci rendiamo conto di quanto sia urgente affrontare il tema dell’identità ebraica, da maturare e rafforzare in tutte le fasi evolutive. Con la formazione religiosa, con la scuola e con la socializzazione. Con l’ascolto dei giovani e con l’attenzione a coinvolgerli nelle scelte rendendoli capaci di rapportarsi con un mondo sempre più complesso e pieno di sfide. Trasmettiamo loro fiducia tenendoli per mano o a volte facendoci anche guidare da loro.
Trasmettiamo, con l’ausilio dei nostri Rabanim e Maestri, i valori e la conoscenza della nostra millenaria cultura. Della nostra storia, la memoria e il vissuto della shoa. C’è un rischio di una banalizzazione di quanto appartiene alla nostra memoria, di volgarizzazione della cultura ebraica e dei suoi simboli portati all’esterno e vissuti come festival. Pensiamo in primis noi stessi, per noi e per i nostri figli, a costruire una forte identità ebraica, conoscere i nostri testi scari e saper bene la nostra lingua (pare siano 80.000 i vocaboli, molti ma meno di altre lingue). Ritengo varati gli articoli 29 e 30 dello Statuto, condivisi dal precedente Consiglio con tutta la Rabanut, e quindi ribadisco mio auspicio a darne concreta attuazione.
Le 21 Comunità, rappresentate tutte dall’Unione, formano il tessuto dell’Ebraismo Italiano, con propri Minaghim, tradizioni ed impronte culturali, arricchite inoltre, negli anni, dalla presenza di iscritti provenienti da altre parti del mondo, in particolare dalla Libia e della Persia; ogni Comunità sia essa grande, media, piccola o minuscola ha una specifica esigenza da soddisfare, una peculiare capacità e ricchezza culturale da valorizzare. Nel riaffermare la piena autonomia gestionale di ogni Comunità, credo si debbano definire modelli nuovi, di networking per una organizzazione sostenibile e sinergica dei servizi intra-comunitari. Il sistema di riparto dell’Ottopermille attualmente adottato è solo una parte di un’articolazione finanziaria che va ulteriormente rafforzata.
Le nostre Comunità risentono faticosamente della crisi economica del Paese e dell’Europa: nuove povertà e nuovi bisogni si affiancano a quelli del passato. E’ necessario che l’Ebraismo intero si mobiliti perché questa situazione d’emergenza venga affrontata e superata.
Questo Ente, è governato in base allo Statuto dal suo Consiglio. Sarà governato da questo Consiglio neo eletto, organizzato in diverse Commissioni, che ritengo debbano essere ridotte da dieci a sei, e concretamente amministrato da una Giunta. Ma tutti i nostri progetti e le nostre iniziative prenderanno corpo e concretezza grazie alle persone che ci lavorano. Sono 30 dipendenti e collaboratori che ho avuto l’onore di conoscere e con i quali ho lavorato in questi anni. A tutti i livelli ho riscontrato non solo il senso di responsabilità e impegno, rispetto alla posizione lavorativa ricoperta, ma consapevolezza e rispetto per l’Ente in quanto ente ebraico. Per la missione che siamo chiamati a realizzare, guardando vicino ma anche lontano.
A loro va la mia stima, il mio ringraziamento per quanto fatto e per quanto si adopereranno di fare affiancando tutti noi.
Per far fronte con efficacia a quanto appena accennato e che farà parte del nostro impegnativo percorso, è fondamentale che all’interno dell’ebraismo italiano, e dell’UCEI stessa vi sia unità, competenza, tenacia, energia e volontà di agire con onestà e spirito di servizio.
Questo Ente, a cui tengo e al quale ho dedicato giornate, lunghe notti di Giunte e riunioni assieme a tutti i Consiglieri uscenti e le loro Comunità, deve essere a mio avviso governato con la consapevolezza che la rappresentanza dell’Ebraismo intero, i rapporti con le Comunità e le Istituzioni richiedono impegno quotidiano, fatica e serietà. Richiedono ascolto attento e rispettoso. Pragmatismo abbinato ad una visione di medio lungo termine. Richiedono vicinanza non solo con le parole. Questo credo di poter fare mettendo a disposizione tutto il mio essere”.
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