1) Non abbiamo sbagliato 2) Anzi sì, ma siamo sinceri
Sarah Kaminski e Manfredo Montagnana
Egregio direttore,
rispondiamo all’intervento dal titolo “Torino sul limite”, giunto ai nostri indirizzi mail venerdì 18 luglio, in cui un Giulio Tedeschi indignato deplorava la scelta dei Consiglieri alla Cultura della Comunità Ebraica di Torino, per aver fissato una riunione organizzativa di venerdì alle 17.30, mettendo in profondo imbarazzo gli ebrei torinesi.
Shabbat, o meglio la sposa shabbat, dolce e femminile, giunge alla sera e poiché il momento del passaggio tra il tramonto e l’apparizione delle stelle è un tempo sospeso e l’esaurirsi del giorno è alquanto soggettivo, i saggi hanno stabilito l’inizio della festa con il tramonto del venerdì e il termine allo spuntare delle prime stelle nella sera di sabato.
Rav Eliezer Melamed, direttore della Yeshiva di Bet El, scrive a riguardo dei tempi di osservanza: “È noto che nell’ebraismo non tutte le domande trovano un’unica risposta e quella su come si stabilisce l’orario di Shabbat è una di esse”. Secondo la tradizione quando la questione suscita un dubbio la scelta va fatta ricadere sulla risposta più rigorosa; seguendo la regola “Sfekà deoràita lechumrà” shabbat avrà inizio con il calare del sole.
Al fine di dissipare i dubbi e partecipare con affetto all’arrivo della Regina, è consuetudine applicare il concetto di Tosefet Shabbat, considerando “festa” un lasso di tempo che va tra i venti e i quaranta minuti antecedenti all’entrata di shabbat kodesh. Le modalità cambiano da una città all’altra, anche per il rito italiano.
La scienza del calcolo, come ben sa il professor Giulio Tedeschi, è assai complicata e soggetta alle prese di posizione di diversi poskim e la discussione sui tempi che regolano lo svolgersi di shabbat non è certo cosa da poco. Siamo tranquilli però nell’affermare che la riunione organizzativa volta alla definizione dei progetti per la Giornata Europea della Cultura Ebraica, non intendeva violare la sacralità della festa, né offendere l’impegno delle donne, fulcro della famiglia e garanti dell’ebraicità.
A Torino, in quella settimana, Shabbat iniziava dopo le ore 21. Inoltre, proprio per facilitare la partecipazione dei membri della Comunità, il luogo preposto a detto incontro era la sede, in Piazzetta Primo Levi.
I consiglieri addetti alla Cultura non hanno alcuna intenzione di creare situazioni al limite e, al di là della lettera da voi pubblicata, ritengono che la protesta esposta anche da un solo membro della Comunità giustifichi la ricerca di altre soluzioni.
Diffondere e promuovere la cultura del popolo di Israele è uno dei compiti presi dall’attuale Consiglio, certo della sensibilità e disponibilità degli iscritti alla Comunità di Torino. Dopo aver confermato il programma in consiglio, è stato detto che l’adesione alle attività poteva avvenire via mail, anche per agevolare le signore che si dedicano alla preparazione di shabbat, momento di grande piacere e delizia.
A Torino si vive una situazione difficile e di grande fragilità, in cui i consiglieri di maggioranza cercano di svolgere un lavoro sincero, coinvolgendo gli altri consiglieri e le istituzioni della Comunità in un processo foriero di cambiamenti; all’ordine del giorno infatti, non ci sono solo le questioni dibattute dai giornali, ma anche l’urgenza di una nuova cucina per l’Adei, i lavori di ammodernamento e la promozione della Scuola Ebraica, la creazione di progetti che focalizzano l’attenzione sui giovani e sulla comunicazione. È vero, la cultura profonde tempo ed energie in “manifestazioni”, confermando i rapporti sviluppati dai consigli precedenti e proponendo nuove collaborazioni con le strutture ebraiche, con la Regione, la Provincia e la Città. Un esempio tra tutti è la Fiera del Libro di Torino, che ci ha visti fortemente presenti, insieme all’Ucei, nelle manifestazioni culturali su ebraismo, memoria e shoah, Israele e identità dei giovani ebrei e non, in Italia.
In circa un anno di lavoro abbiamo imparato che ogni passo è delicato, ma non sempre ogni critica è illuminata.
Sabato 27 Giugno in tutte le sinagoghe è stata letta la parasha di Balak, in cui il re di Moab cerca di cambiare il percorso della storia e chiede al mago Balaam di maledire il popolo di Israele. La maledizione, come narra la Bibbia, si muta in benedizione.
Possa anche la lettera da voi pubblicata trasformarsi in un buon augurio per le attività culturali della Comunità Ebraica di Torino.
Shavua Tov
Sarah Kaminski
Manfredo Montagnana
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Caro Giulio ,
la tua accorata lettera mi ricorda una vecchia “barzelletta” che girava ai nostri tempi al Benè Akiva .
In una ipotetica comunità ebraica arriva il nuovo rabbino ed il segretario lo introduce alle modalità locali.
Vede signor rabbino il prossimo sabato sarebbe opportuno che non insistesse tanto sulla osservanza della kascherut , sà molti non sono “ortopratici”.
Il rabbino annuisce.
Vede signor rabbino sarebbe opportuno che non insistesse tanto anche sulla osservanza dello shabbath , sà pochissimi lo osservano.
Il rabbino inizia a sentirsi in imbarazzo.
Vede sig. rabbino forse sarebbe meglio non parlare di “purezza” in merito al servizio del mikve , sa, quasi nessuno lo utilizza.
Il rabbino sbotta : ma insomma di che cosa dovrei mai parlare a questi ebrei?
Risposta del segretario : ma di ebraimo !!!! sigonr rabbino .
Scusa se introduco una nota irriverente a tutto ciò che hai detto e che condivido completamente ma qualche volta l’ironia ci fa vedere il “RE NUDO” .
Non è facile essere osservanti ma è gravissimo essere insensibili a tutte queste “problematiche” che hanno accompagnato le nostre famiglie da secoli .
Se veramente si è diventati insensibili, allora è peggio che non essere osservanti .
Shabbath shalom!
Un abbraccio
Arturo Calosso