La morte di rav Jonathan Sacks zl segue di poche settimane quella di Rav Adin Shteinzalz zl. Due grandi maestri, che hanno influito sul mondo ebraico e non, in modo diverso con caratteristiche e capacità speciali. Con Rav Steinzalz avevo avuto rapporti più frequenti durante gli anni trascorsi a Gerusalemme, mentre avevo avuto occasione di incontrare rav Sack solo a un congresso di rabbini a Gerusalemme, quando non era ancora Rabbino Capo della Gran Bretagna e del Commonwealth. Ciò nonostante, da molti anni ogni giovedì pomeriggio, attraverso il progetto “Covenant and Conversation” ricevevo il suo commento alla parashà e alla festa che si stava avvicinando. Ciò che mi ha sempre meravigliato è sempre stata la sua capacità di percorrere con i suoi commenti tutte le culture e di trovare le parole giuste per interpretare gli eventi più significativi e collegarli sempre con la Torà. Ogni testo della Torà può essere interpretato in settanta modi, ma lui riusciva sempre a meravigliarmi con una interpretazione inaspettata.
I suoi studi di filosofia a Cambridge e a Oxford dove, a quanto pare, è quasi un obbligo fare dichiarazione di “ateismo” per essere preso sul serio, gli avevano dato la capacità di entrare nel mondo del pensiero occidentale e di continuare a essere se stesso, senza rinunciare alle proprie idee. E’ molto difficile attraversare varie culture, senza lasciarsi conquistare da idee sfolgoranti, ma che non possono avere un futuro, perché non hanno un passato.
La sua autorevolezza, che ha trovato consensi anche nel mondo non ebraico, lo ha reso familiare con il primo ministro Blair e con la famiglia reale, tanto che fu insignito del titolo di Lord.
La conoscenza della storia e della cultura occidentale gli facevano capire quali erano i problemi della civiltà occidentale e quali erano i rimedi. Era orgoglioso delle specificità della cultura e della storia ebraica, capace di combinare responsabilità collettiva e responsabilità individuale, a differenza di culture individualiste come quella greca o romana e collettiviste come quelle della Cina e dell’Unione sovietica. Rav Sacks spiegava così le parole di Hillel: “Se non sono per me, chi sarà per me?” e “Se sono solo per me stesso, cosa sono?”: le prime si riferiscono alla responsabilità individuale, le seconde alla responsabilità collettiva.
Non esitava a evidenziare le grandi intuizioni della Torà come la divisione tra i poteri, “scoperta” da Montesquieu nel 18° secolo: il re è il capo del governo, il sommo sacerdote è il capo religioso, e il profeta è la voce della giusta indignazione. Sappiamo quanto sia difficile gestire quell’equilibrio e come sia stato facile che i limiti delle proprie competenze siano stati infranti.
Se possiamo considerare rav Steinzalz il Rashi del ventesimo secolo, per il suo commento a tutto il Talmud, penso che rav Sacks, per i suoi numerosi scritti, possa essere paragonato al Maimonide, autore de La guida degli smarriti. Scritta in arabo e poi tradotta in ebraico e in altre lingue, la Guida si proponeva di dare risposte ai contemporanei alla ricerca di risposte alle domande che poneva la realtà, usando anche pensieri provenienti da altre culture, ma avendo come riferimento continuo le parole della Torà. Maimonide afferma che l’adesione al testo della Torà non era dovuta alla incapacità di interpretazione i testi, in modo che fossero allineati alla filosofia imperante, ma perché la visione della Torà era più vera e più autorevole. Perché Maimoniode? Perché ciò che importa è dare una guida agli uomini ebrei e non ebrei del nostro tempo: a questo rispondono i suoi numerosi scritti, sia di commento alla Torà sia più in generale sulla morale e sul comportamento da assumere nelle varie situazioni in cui l’uomo si trova. Solo per citarne alcuni: The Dignity of Difference, The Home We Build Together, Not in God’s Name, Morality (di recente pubblicazione). Ma molti suggerimenti e insegnamenti si trovano anche nei suoi discorsi sulle parashot.
Guardando più specificamente al mondo ebraico, rav Sacks ha pubblicato una traduzione delle preghiere di tutto l’anno con commento. Negli ultimi anni ha anche cercato di fornire alle famiglie strumenti adatti per fare della Torà il centro dei pasti sabbatici e festivi, perché era consapevole dell’importanza della vita familiare. Alla luce dell’erosione della struttura familiare tradizionale e delle rivoluzioni degli ultimi anni con la creazione di nuovi nuclei familiari, rav Sacks era consapevole anche della necessità di trovare soluzioni per le persone che vivevano un disagio psicologico e sociale, ma non ha mancato di sottolineare quanto sia importante per lo sviluppo e la stabilità di una società un progetto dedicato alla famiglia tradizionale.
Rav Sacks non ha esitato a prendere posizione anche di fronte ai fatti recenti come le proteste di Black Lives Matter contro l’uccisione di George Floyd, di molestie sessuali sistemiche ecc. Anche se la rabbia è sempre da evitare, tuttavia rav Sacks diceva che è permesso dare l’impressione di essere arrabbiato, perché questa è la cosa che ha un impatto sulle persone (anche se per Maimonide le rabbia sia del singolo che della collettività non è mai giustificata).
Per rav Sacks la Torà e la millenaria tradizione ebraica dovevano e potevano dare risposta ai problemi di una società che aveva bisogno di una propria “narrazione” (una identità formatasi nel corso della storia) da trasmettere anche alle generazioni future: di fatto egli osservava uno scollamento tra le generazioni che avevano perso il senso della propria Britishness. Una proposta per aggiornare la giornata della Rimembranza che si svolge in Gran Bretagna all’inizio di Novembre non fu presa in seria considerazione. Ma questa potrebbe essere uno spunto di riflessione anche a quanto è avvenuto in Italia nelle ultime generazioni.
In generale si è sempre guardato dal comunicare qual era il partito cui avrebbe dato il suo voto, anche se non ha mancato di criticare quelle posizioni chiaramente antisemite e anti-israeliane presenti nel Labour negli ultimi anni.
Rav Jonathan Sacks zl è certamente una persona che può essere presa come modello per la formazione di una classe rabbinica che, accanto a una formazione ebraica molto rigorosa, abbia una preparazione negli altri campi che sono necessari per svolgere con profitto il ruolo di rav e di comunicatore degli insegnamenti della Torà sia all’interno che all’esterno del mondo ebraico.
Sia il suo ricordo di benedizione e il suo insegnamento sempre vivo.