Per sostenere questa campagna, Kolòt ha chiesto a ex-hashomeristi di scrivere che cosa è stato per loro il movimento. Continuiamo con Gabriele Eschenazi, giornalista RCS.
Valori ebraici e valori universali
“Paam shomer, tamid shomer” (Una volta shomer, per sempre shomer) si diceva spesso al movimento. Con queste parole si voleva sottolineare come una volta assimilati gli ideali dell’Hashomer Hatzair questi non si potessero più perdere. In quest’idea c’era certamente una buona dose di sano fanatismo giovanile, ma anche una buona dose di verità come oggi avverto a trent’anni di distanza. Pochi di noi, ex-haverim, vivono oggi in Israele, ma la lezione dell’Hashomer, secondo me, non è andata perduta per questo. In ognuno di noi sono rimasti profondi valori ebraici ed umani che ci guidano nelle nostre diverse esperienze di vita.
La forza ideologica di questo movimento è sempre stata quella di combinare valori ebraici con valori universali. Un esempio su tutti il nostro modo di festeggiare le feste ebraiche. A Hanukà accanto alla candela contro l’antisemitismo c’era sempre anche una candela per ricordare le tragedie del mondo. A Pesach la celebrazione del Seder prevedeva accanto al ricordo della schiavitù in Egitto anche il ricordo della schiavitù nera negli Stati Uniti. E se nei nostri piani di lavoro da una parte non si mancava di sottolineare il valore rivoluzionario del sionismo per il popolo ebraico, dall’altra ci si impegnava a ricordare il cammino dell’uomo attraverso tutte le sue rivoluzioni, così come nel parlare di odio antiebraico non ci si dimenticava di ricordare e studiare tutte le altre minoranze vittime di discriminazioni come armeni, curdi, rom.
Ma non meno importante nell’eredità shomristica è l’aspetto umano. Si spendevano serate a parlare di noi stessi, a criticarci e a a sostenerci l’un altro. Fra di noi esisteva lo sforzo sincero di comunicare, di credere che fosse possibile migliorarci l’un l’altro e sono convinto che in molti casi ci siamo riusciti.
La responsabilità che ragazzi più grandi si assumevano nei confronti di ragazzi più piccoli era molto formativa. Sentirsi investiti di responsabilità educative constringeva a essere coerenti con le proprie idee, a farsi spesso esami di coscienza. Bambini di dieci anni e ragazzi di 18 anni nello stesso ken, nello stesso campeggio trovavano modo di divertirsi insieme, di condividere una vita comunitaria. Se questo avveniva, significa che davvero c’erano ideali e forti radici ebraiche che univano, che davano un senso a quel piacere di riunirsi due o più volte alla settimana in una casa comune.
Poche delle persone che hanno vissuto intensamente la vita del movimento potrebbero negare oggi di non avere ancora dentro di sè un po’ di quegli ideali. Sono convinto che tutti noi ex-shomrim non saremmo quello che siamo senza il movimento sia sul piano ebraico che umano.
Per me sono passati trent’anni e ho quindi parlato dell’Hashomer Hatzair al passato, ma ciò non significa che abbia fatto il suo tempo tant’è vero che esiste ancora oggi ed evidentemente risponde a esigenze reali. L’Hashomer degli anni ’70 si giovava di un clima, dove la ricerca di ideali tra i giovani era un bisogno diffuso. Oggi tocca confrontarsi con un vuoto di idee e valori talvolta preoccupante. Ma oggi come allora dal tema dell’identità ebraica non si sfugge e, l’Hashomer insegna, la risposta non può essere solo religiosa. Contro l’assimilazione la scelta sionista rimane in primo piano, ancora di più oggi che Israele è un paese moderno e in pieno sviluppo, ma non è da trascurare neanche il bisogno di creare nei giovani una coscienza ebraica tale che li spinga a rimanere impegnati nelle comunità ebraiche sia sul piano sociale che culturale.
L’indebolimento dell’Hashomer, come di ogni altro movimento giovanile, significa indebolimento progressivo delle comunità ebraiche, che rischiano di ritrovarsi meno pluraliste e senza un ricambio generazionale.
Shomrim Hazak!
Gabriele Eschenazi
Per offerte:
Hashomer Hatzair
Banca BIPOP CARIRE – Sede Milano
Cc 454958 – Abi 05437 – Cab 01600 – Cin U
*Basta osservare l’attuale classe dirigente ebraica in Italia (e spesso anche all’estero) per capire che la stragrande maggioranza (rabbini, consiglieri, segretari, presidenti di associazioni) si è formata in uno dei due movimenti giovanili presenti oramai da più di mezzo secolo: l’Hashomer Hatzair, sionista e socialista e il Benè Akiva, sionista e religioso.
Oggi, per uno scherzo della storia, proprio da Israele arrivano sempre meno fondi per le attività che oltre a formare una forte coscienza ebraica, indirizzano i ragazzi verso l’alià in Israele. Particolarmente critica la situazione dell’Hashomer che a Milano domenica 13 gennaio ha organizzato un concerto di raccolta fondi. Per tutti coloro che non riusciranno a partecipare o vorranno aiutare anche in seguito, anche con piccole cifre, indichiamo sotto gli estremi del conto corrente per un bonifico che aiuterà non solo i nostri ragazzi di oggi ma anche i nostri dirigenti di domani.