Ovvero come i non-ebrei capiscono meglio di tanti ebrei
In materia di abbigliamento, che cosa prevede la legge ebraica per le donne? Come possono conciliare pudore e desiderio di riservatezza con la loro femminilità? Lo scopriamo facendo un giro tra i negozi di Gerusalemme. Una parola risuona silenziosa tra le donne ebree di Jaffa Road: tzniut, modestia nel vestire.
Lungo la linea del tram che attraversa la parte ovest di Gerusalemme, numerosi negozi di abbigliamento propongono un vasto assortimento di abiti femminili: dalle gonne lunghe in cotone ai foulard dai colori sgargianti tempestati di piume e di perle, passando per gli ampi abiti a quadrettoni.
A poche decine di metri da Mea Shearim, il quartiere ebraico ultraortodosso della città santa, i commercianti le pensano tutte pur di attirare le clienti. Chi ha detto che moda e modestia debbano per forza «fare a pugni»? Certo, con la tzniut, l’ambito della halakhah(la legge ebraica) che indica le norme di comportamento relative al pudore, non si scherza. Pur riguardando tanto gli uomini che le donne, queste ultime devono però rispettare un maggior numero di regole. Per le donne ebree, non sono tzniut i vestiti troppo corti, succinti o «ammiccanti», che attirano lo sguardo dell’uomo e lo distolgono da Dio. Alle donne viene anche chiesto di non scoprire le gambe al di sopra del ginocchio, le braccia oltre il gomito o ancora di non portare un capo che lasci intravedere la clavicola. Analogamente, sono vietati i tessuti troppo aderenti, o giudicati troppo provocanti per il colore o il materiale.
Tuttavia, benché l’originalità e la fantasia siano malviste negli ambienti ultraortodossi, la maggior parte delle donne ebree israeliane, sempre più esposte all’influenza degli ambiti laici, sono felicissime di cambiare stile nel vestire. E nel settore dell’abbigliamento israeliano il rispetto della tzniut apre una gamma infinita di possibilità per stilisti e sarti, che non si arrendono alle regole di una moda «modesta».
«Qui vendo tutto, tranne il rosso. Nella halakhah il rosso non è ammesso, è un colore troppo vistoso che attira lo sguardo. Le donne ebree sono invitate a bandirlo », spiega Rami, direttore di un negozio di abbigliamento in Jaffa Road. Sulla soglia, gli acchiappasogni e i gris-gris (amuleti) appesi lasciano intravedere un’esposizione di bandane multicolori e più sobrie camicie di seta. Il rispetto della halakhah non è mai stato vincolante per questo commerciante, che importa i suoi tessuti dall’Indonesia e dalla Thailandia.
Da quindici anni, Rami cerca di sviluppare lo stile peculiare della sua boutique stando al passo con il gusto delle clienti.
«Da me le giovani donne possono trovare cose di loro gradimento pur rispettando la tzniut. Questi abiti lunghi con grandi motivi, ad esempio, potranno anche essere originali ma sono di lunghezza regolamentare, quindi le donne li comprano». Rami, in questo modo, è riuscito progressivamente a diversificare tessuti e modelli, per andare incontro tanto ai gusti delle donne ebree osservanti quanto delle turiste di passaggio.
Altro vantaggio per il settore della moda: l’applicazione della tzniut dipende dallo stato civile delle donne; la halakhah, ad esempio, invita quelle sposate con un ebreo a coprirsi il capo. A seconda del grado di osservanza religiosa, può trattarsi di un berretto, di un foulard o anche di una parrucca. I foulard, per limitarci a questi, possono essere annodati a turbante o portati come una fascia, risaltare sul cappotto o intonarsi con le scarpe, a tinta unita o con fantasie…
Una vera e propria manna per i commercianti della via, che espongono davanti agli occhi estasiati delle clienti decine di modelli diversi.
In fatto di moda, nessuno ha mai detto che le donne ebree dovessero essere austere. Senza sfidare le regole del pudore dettate dalla loro religione, sfilano ogni giorno in Jaffa Road eleganti, addirittura civettuole, offrendo a noi profani uno spettacolo a dir poco esuberante.
https://www.terrasanta.net/2021/01/tzniut-o-la-modestia-nel-vestire/