La parashà si apre con queste parole: “L’Eterno parlò a Moshè dicendogli: Tzav, da’ ordini ad Aharon e ai suoi figli dicendo loro così: Questa è la legge della ‘olà [l’olocausto, il sacrificio che andava fatto totalmente ardere sul mizbèach]; la ‘olà rimarrà sulla pira che si trova in mezzo al mizbèach tutta la notte fino al mattino. Così il fuoco del mizbèach verrà mantenuto acceso su di esso” (Vaykrà, 6: 1-2).
Rashì (Troyes, 1040-1105) citando il Midràsh Sifrà scrive: “La parola Tzav venne qui usata per dare un senso di urgenza a loro e alle generazioni future. A questo proposito rabbi Shim’òn disse che la Torà dà un senso di urgenza in ogni circostanza ove vi è una perdita monetaria” [come per la ‘olà, per la quale i kohanìm fanno il servizio senza ricevere alcun beneficio, perché non vi è alcuna parte dell’animale che viene data a loro da consumare come per altri sacrifici].
R. Joseph Beer Soloveitchik (Berlarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (Vaykrà, p. 32) osserva che vi sono molte mitzvòt nelle quali vi sono perdite monetarie. Una perdita monetaria è intrinseca a certe mitzvòt, come quella di dare tzedakà. La parola Tzav appare nella Torà anche quando viene richiesto alle tribù d’Israele di riservare nei rispettivi territori delle città per i Leviti. Offrire un sacrificio è simile alla rinuncia o alla cessione di una proprietà.
Dopo aver spiegato perché Rashì usa l’espressione “senso di urgenza” riguardo alla ‘olà, rav Soloveitchik chiede per quale motivo in questo contesto viene usata l’espressione “Per le generazioni future”. Le mitzvòt di apporre la mezuzà alle porte, di indossare i tefillìn, di osservare lo Shabbàt sono notoriamente valide per tutte le generazioni. Sono passati migliaia di anni eppure queste mitzvòt vengono osservate al giorno d’oggi come venivano osservate quando vennero emanate. In quale modo le mitzvòt che avevano luogo nel Mishkàn vengono praticate al giorno d’oggi? Sono passati quasi duemila anni da quando veniva offerto il korbàn tamìd, il sacrificio quotidiano. In che modo la mitzvà di offrire korbanòt continua anche oggi?
R. Soloveitchik cita un passo midrashico nel trattato talmudico Meghillà (31b) nel quale vi è una “conversazione” tra l’Eterno e il patriarca Avraham nel contesto del Berìt ben Ha-Betarìm (Bereshìt, cap. 15), il patto che avvenne quando Avraham offrì dei sacrifici divisi in dua parti. Avraham chiese come faceva a sapere che l’Eterno non avrebbe abbandonato il popolo d’Israele quando avrebbe peccato. L’Eterno rispose: “Per merito dei sacrifici”. Avraham insistette che questo merito avrebbe avuto valore fino a quando esistevano i sacrifici. Ma cosa sarebbe accaduto quanto il Bet ha-Mikdàsh sarebbe stato distrutto e i sacrifici sarebbero cessati? L’Eterno rispose che se gli israeliti avessero studiato le regole dei sacrifici, questo studio sarebbe stato considerato un sacrificio virtuale. E avrebbe perdonato loro come se avessero offerto un sacrificio.
R. Soloveichik conclude affermando che al giorno d’oggi abbiamo ancora un Bet ha-Mikdàsh. Non si tratta di un edificio. È un Bet ha-Mikdàsh virtuale. È quello del nostro studio della Torà.