Antonio Tirri
I recenti e gravi avvenimenti che hanno coinvolto la Comunità (l’allontanamento del vice Rabbino, la partenza del Rabbino, le dichiarazioni e le successive rettifiche del Rabbino sul quotidiano cittadino) ci hanno messo di fronte ad una situazione delicata che richiede un’approfondita riflessione. Far finta di niente è demagogico; considerare l’attuale realtà una normalità è sinonimo di miopia e superficialità. La Comunità, quindi, si trova a un bivio, oserei dire, di vitale importanza, e per superarlo deve farsi domande cruciali sulla propria identità, sul proprio futuro e soprattutto sulla propria sopravvivenza.
E’ giunto, pertanto, il tempo dell’introspezione, dell’analisi e delle decisioni. Nessuno è esente da questo processo: ognuno deve sentire urgente e pressante l’esigenza di cambiamento, ma soprattutto la necessità del ritorno alla concordia e alla fratellanza. Troppe sono le divisioni, le incomprensioni, le diffidenze, le maldicenze che hanno minato l’unità della Comunità, che hanno allontanato, giorno dopo giorno, i fratelli dai fratelli, che hanno indebolito le difese comunitarie, che hanno fatto smarrire il senso della Torà. Ed è ora di riscoprirlo, tutti insieme, affinché non accada che l’inerzia, l’indifferenza, l’arroganza, l’egoismo distruggano gli esili fili che legano questa Comunità. Spezzare questi fili è facile; rinsaldarli, rafforzarli invece è faticoso: occorre un lento lavoro di pazienza e di equilibrio, occorre un buona dose di volontà, occorre sacrificio e soprattutto occorre disponibilità schietta e sincera senza altro scopo se non il bene della Comunità. E sarebbe una disgrazia per tutti se chi si accinge a questo compito lo facesse per obiettivi diversi, per tornaconto personale o ricerca di potere; infatti i nostri Maestri insegnano: “Tutti coloro che si occupano delle cose della Comunità, lo facciano nel nome del Cielo, perché allora il merito dei loro padri li sostiene e la loro rettitudine dura per sempre. Quanto a voi ( dice Iddio ) che vi occupate del bene pubblico, Io considero questo vostro lavoro come se fosse in esecuzione dei precetti” (Avoth II, 2).
In questo momento delicato, nel quale la Comunità è piè che mai indifesa e debole, divisa e insicura per la mancanza di una guida spirituale e di un orientamento politico condiviso, proprio in questo momento occorre mettere da parte le divisioni, abbandonare le contese, e puntare sugli unici elementi che ci uniscono: la Torà e Israele. Dio, Popolo, Terra: questi sono i cardini su cui poggia l’ebraismo, sono gli ideali che tutti condividiamo e da cui dobbiamo trarre energia sufficiente per combattere i germi dell’egoismo che potrebbero distruggere definitivamente la Comunità. Ognuno di noi deve fare un esame di coscienza e chiedersi se è disposto ad abbandonare la propria condotta di vita per dare il proprio contributo etico, ispirandosi ai principi fondamentali della Torà, affinché la Comunità viva e cresca nella fiducia reciproca. Abbiamo il dovere di pensare al futuro dei nostri figli e nipoti, abbiamo il dovere di essere uniti, abbiamo il dovere di essere ebrei soprattutto in questi momenti difficili per la Comunità e drammatici per Israele. L’accanimento nel perseverare in atteggiamenti di indifferenza metterebbe in luce la naturale indole come difetto psicologico a non ascoltare e non seguire la strada indicata da Dio Benedetto. Dobbiamo quindi chiedere all’Eterno che ci renda inclini ai Suoi insegnamenti, ci renda forti e ci sorregga, perché soltanto con il Suo aiuto si riescono a vincere le battaglie, si riescono a superare le difficoltà. Ma la preghiera è vana se non è accompagnata dall’azione: occorre, quindi, mettere in campo tutte le nostre energie materiali, intellettuali e spirituali affinché il nostro desiderio si trasformi in realtà.
Ogni uomo ha i suoi obiettivi, ma solo i disegni di Dio Benedetto si compiono; la nostra volontà può farci raggiungere diverse mete, ma soltanto se la nostra volontà è in linea con la volontà di Dio si possono fare “miracoli”. E io penso che sarebbe veramente un miracolo se la nostra Comunità, raccogliendosi attorno alla Torà, ritrovasse quell’unità che Mosè perseguì e raggiunse dopo quarant’anni trascorsi nel deserto. Anche noi dobbiamo attraversare il deserto, e la nostra guida che ci porterà nella “Terra Promessa” è la Torà. Rileggiamola e troveremo l’energia necessaria, rileggiamola e scopriremo che possiamo essere migliori, e che possiamo cambiare la nostra vita e quella della Comunità.
da Jarchon – Organo della Comunità ebraica di Trieste