Pierpaolo Pinhas Punturello
Mentre il numero delle vittime dell’attentato alla scuola ebraica diTolosa pare aumentare da tre a quattro persone, di cui due bambini, cerco di trovare in me tutta la mia forza identitaria ebraica per fuggire il panico, l’odio, la rabbia, la vendetta.
Cerco di trovare sull’onda di questi sentimenti che pure sono umani, una espressione di ebraica umanità che superi i confini dell’uomo e ci aiuti, seppure nella voragine del dolore, ad essere “santi come Io Sono santo” (Levitico 19, 2). La santità del nostro popolo, da Tolosa a Gerusalemme, la santità della nostra missione, oggi più che mai, in questi tempi bui ci richiama con forza alla nostra storia, alla nostra spiritualità, al nostro ruolo del mondo di “reame di sacerdoti, nazione santa” (Esodo 19, 5-6.)
Un popolo di sacerdoti non deve seguire l’ordine del mondo, non deve scorrere lungo i rivoli della violenza che ha intorno, non deve strisciare nell’oscurità che gli impongono ma deve difendere se stesso prima di ogni cosa e difendere la sua spiritualità come diretta conseguenza della propria sicurezza fisica.
Siamo ebrei, discendenti di Abramo l’Ebreo, l’uomo che solo stava da un lato del mondo quando il resto dei popoli erano sul versante opposto della fede, della moralità, della condivisione sociale.
Questo stesso mondo che dai tempi di Abramo ha visto rive, sponde, elementi diversi opporsi l’un l’altro e combattersi è il mondo che noi siamo chiamati a correggere, a riparare, con le nostre azioni, con i nostri insegnamenti morali, con le nostre mitzvot.
Oggi hanno colpito i nostri figli, cioè il nostro futuro ed una scuola ebraica cioè il presente ed il futuro della nostra cultura e della nostra fede: oggi come ieri Haman vuole colpire i bambini e la fede, il futuro ed il suo nutrimento. Oggi come ieri bisogna uscire per strada e fare quello che fece Mordechai su invito di Ester: “Vai unisci tutti gli ebrei!” (Ester 4,16). Dobbiamo riunirci, dobbiamo unirci e pregare e ricordare le vittime di questo attacco che mina la nostra sicurezza tra i popoli e contemporaneamente minaccia anche la nostra cultura. Ma non dobbiamo farlo da soli.
Chi oggi spara contro i bimbi ebrei che vanno a scuola domani sparerà contro chiunque non sia d’accordo con lui e questo la storia del mondo lo ha insegnato a noi ebrei prima ed al resto del mondo poi. Il mondo non è il luogo dei nostri nemici, nel mondo esistono alcuni nemici per noi e per questo coloro che nel mondo non sono contro di noi vanno coinvolti nella lotta al buio: l’altro non è un nemico, l’altro a volte può essere sordo e cieco, ma la luce apre gli occhi ed il suono delle giuste parole spalanca orecchie.
Il ricordo delle vittime di Tolosa deve essere una bandiera di civiltà unita di tutto il mondo che ha come scopo la distruzione del panico, l’eliminazione totale del dolore, l’abbandono della disperazione perché in una realtà che è più piccola di un ponte stretto, come ci ricorda Rabbi Nachman di Breslav, pensare di piangere da soli significa rinunciare alla nostra santità ed al nostro posto del mondo, quel posto che dobbiamo elevare spiritualmente, dai tempi di Abramo ad oggi.
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