La Parashà di Toledot racconta le storie di Yitzchak e Rivka e la complicata relazione dei loro figli gemelli, Yaakov ed Esav. Rivka non riesce ad avere figli. Yitzchak e Rivka pregano D-o per la redenzione e per avere figli, e D-o ascolta davvero le loro preghiere. Rivka dà alla luce due gemelli, appunto Yaakov ed Esav.
Rashi, seguendo i saggi del Midrash, sottolinea l’insolita descrizione della situazione di Rivka all’inizio della Parashà: “E Yitzchak aveva quarant’anni quando prese in moglie Rivka, figlia di Betuel, l’Arameo di Paddan-Aram, sorella di Lavan l’Arameo”. Per quale il motivo vengono menzionati qui il padre, il fratello e il luogo di origine di Rivka? La Torà ci ha già descritto questi aspetti, perchè ripeterli?
La risposta di Rashi è: “Ma questo è per poterla lodare, che era figlia di un uomo malvagio e sorella di un uomo malvagio, e il suo luogo era [abitato] da gente malvagia, ma lei non imparò dalle loro azioni” (Rashi su Bereshit 25:20). Rivka non aveva ricevuto il tipo di educazione adatto a una delle matriarche della nazione ebraica. Fu cresciuta da idolatri, suo fratello era un noto truffatore e la cultura generale che la circondava era tutt’altro che encomiabile. Nonostante ciò, Rivka costruì e plasmò la sua personalità da sola, scegliendo valori puri che le permisero di diventare una delle matriarche del popolo ebraico. Nel versetto successivo, leggendo di nuovo il commento di Rashi, il commento sembra esprimere l’opinione diametralmente opposta.
La Torà ci descrive Yitzchak e Rivka che pregano D-o. “E Yitchak pregò il Signore di fronte a sua moglie, perché ella era sterile; il Signore esaudì la sua preghiera e Rivka, sua moglie, concepì”. Sia Yitzchak che Rivka pregarono, eppure non si legge: “e il Signore esaudì la loro preghiera”. Solo la preghiera di Yitzchak sembra essere esaudita. Perché?
Rashi commenta: “Ma non la sua, perché la preghiera di un uomo giusto, figlio di un uomo giusto, non è paragonabile alla preghiera di un uomo giusto, figlio di un uomo malvagio. Perciò [D-o] accettò la sua preghiera e non la sua” (Rashi su Bereshit 25:21). Yitzchak era “un uomo giusto, figlio di un uomo giusto”. Cresciuto nella casa di Avraham e Sara, assorbì i valori della fede e della santità, della rettitudine e della giustizia. Rivka, d’altra parte, era una persona giusta, ma figlia di un uomo malvagio.
Questo commento appare a un po’ strano. Solo pochi versetti prima, è stata elogiata per essersi risollevata dall’ambiente degenerato in cui era cresciuta ed ora, dalle parole di Rashi, sembra che ci sia un altro modo di vedere la situazione. Sembra che chi ha ricevuto un’istruzione di qualità abbia un vantaggio rispetto a chi ne ha ricevuta una inferiore e ha scelto un percorso positivo di sua spontanea volontà. Se è così non possiamo fare a meno di chiederci il perché.
Possiamo ricavare una risposta da uno dei leader del movimento Mussàr nel mondo delle yeshivot nella Lituania del XIX secolo, un uomo il cui nome non è oggi molto conosciuto, ma la cui influenza sui suoi studenti fu grande: Rav Simcha Zissel Ziv, capo della Yeshivà nella cittadina di Kelm, in Lituania, dove ha formato la massima leadership spirituale dell’ebraismo lituano prima dell’Olocausto, nello spirito del movimento del Mussàr, che richiedeva un alto livello di consapevolezza di sé e una profonda introspezione riguardo alle proprie motivazioni e azioni. Era conosciuto come l’Alter di Kelm, e uno dei suoi studenti ha trasmesso la sua spiegazione del commentario di Rashi.
Yitzchak è cresciuto nella casa di Avraham e Sara e ha ricevuto un’istruzione di buona qualità, ma la sfida che ha dovuto affrontare è stata forse più grande di quella affrontata da Rivka. Yitzchak aveva bisogno di tracciare la propria strada e non di seguire semplicemente il percorso dei suoi genitori, per quanto positivo potesse essere. Yitchak ha costruito il suo mondo interiore in modo indipendente, basandosi sull’istruzione che aveva acquisito e non ha cercato di imitare suo padre o di vivere una vita abitudinaria. Ha usato gli strumenti che gli erano stati dati per definire se stesso, per fare le scelte giuste attraverso l’autoconsapevolezza, piuttosto che dell’inerzia. E questo, dice l’Altare di Kelm, è più difficile che fare la scelta giusta dopo aver ricevuto una cattiva istruzione.
La nostra capacità di non limitarci a funzionare per inerzia, ma di fermarci e dedicarci a qualcosa di serio, indipendente e onesto, è ciò che ci conduce a una vita di valore, seguendo le orme del nostro patriarca Yitzchak.
Rabbenu Bachya porta un’altra spiegazione interessante. Il versetto descrive Yitzchak che pregò in presenza di sua moglie, vedendo che era sterile”. In realtà, la Torà avrebbe dovuto iniziare questo versetto con la frase “vedendo che Rivkah era sterile, Yitzchak pregò,…” La ragione per cui la Torà menziona per la prima volta la preghiera è per dirci che questa era la preoccupazione principale di Yitzchak. Se la preghiera fosse stata evocata solo dalla sterilità di Rivka, questo renderebbe la sterilità l’elemento principale di questo versetto. La Torà vuole essere certa che comprendessimo che l’elemento principale di ciò che il versetto ci dice è che Yitzchak pregò e che la preghiera fu efficace. In altre parole, l’unica ragione per cui D-o aveva permesso che Rivka fosse sterile fino a quel momento era per far sì che Yitzchak (e Rivka) pregassero. La sua sterilità era solo per così dire, una necessità per realizzare la preghiera di Yitzchak. Una delle ragioni principali per cui Rivka era stata sterile in primo luogo è spiegata dai nostri saggi in Shir Hashirim Rabbà 2,32: “Perché le matriarche erano sterili? Perché D-o desidera ardentemente le preghiere dei giusti”. Questo insegna il potente effetto della preghiera. È così potente che può apportare cambiamenti nelle leggi della natura. Questo è anche il motivo per cui la Torà usa l’insolita parola “Vayeetar” per descrivere la preghiera di Yitzchak invece che la parola “Vayitpallel” (e pregò) o altre espressioni associate all’offerta di una preghiera. Perché la Torà usa questa parola?
I Chachamim lo spiegano nel primo capitolo del Trattato Sukkà, dove ci si chiede perché la preghiera del giusto sia paragonata a un Attar, “una pala, un forcone?” La risposta data è che, proprio come un forcone capovolge il terreno (dopo il suo utilizzo), così le preghiere dei giusti riescono a cambiare la mente di D-o dall’intenzione di impiegare l’attributo della Giustizia (che può implicare dolore per la persona a cui è rivolta) alla decisione di usare invece l’attributo della Misericordia.
Tecnicamente parlando, l’uso del forcone porta il grano che si trova sul terreno in cima al mucchio, mentre quello che si trovava in cima viene spostato in fondo. Allo stesso modo, la preghiera dei giusti ha la possibilità di portare in primo piano alcune questioni che erano in fondo alle priorità di D-o, mentre sotterra altre considerazioni di D-o che erano state in primo piano nei Suoi pensieri fino a quando il giusto non ha offerto una preghiera. Di conseguenza, la generosità di D-o viene immediatamente liberata a beneficio dell’uomo. La parola usata in questo versetto è anche correlata al verbo “scavare sotto”, “sovvertire”.
Le preghiere di Yitzchak e Rivka servono a dimostrarci come ognuno di noi, a prescindere da dove veniamo, possiamo e dobbiamo scegliere la nostra strada, strada che deve essere riempita tramite il nostro comportamento e la nostra aderenza alle mitzvot di rettitudine, chesed e giustizia. D-o vuole le nostre preghiere per poterle esaudire, per potere sovvertire, attraverso le preghiere che vengono dal cuore, il nostro destino e quello del prossimo, perché se è vero che la nostra preghiera ha un potere che non possiamo nemmeno immaginare, la nostra preghiera a beneficio del prossimo, come quella di Yitzchak per Rivka, ha potenzialmente un potere ancora maggiore che D-o desidera che noi sblocchiamo.
