“E tu ordinerai ai figli d’Israele che ti portino dell’olio d’oliva vergine, puro, per il candelabro, per tener le lampade continuamente accese” (Esodo 27:20). A parte il libro della Genesi, il brano della Torah di questa settimana è l’unico in cui il nome di Mosè non è menzionato. Il Baal HaTurim (Rabbi Jacob ben Asher, 1269-1343) spiega che questa assenza sarebbe stata la conseguenza della strenua difesa del popolo ebraico da parte di Mosè dopo il peccato del vitello d’oro. In quel momento problematico, Mosè discusse con Dio così tenacemente per richiedere il perdono per i figli d’Israele, fino al punto di volere subire la loro stessa sorte se il perdono non fosse arrivato: “ciò nonostante ora, ti prego, perdona il loro peccato; se no, per favore, cancellami dal Tuo libro che hai scritto!” (Esodo 32:32).
I maestri hanno tramandato il motto che “la maledizione di un saggio si avvera, anche se dipende da una condizione” (Makkot 11a). Pertanto, nonostante il Signore avesse poi perdonato il popolo ebraico, la richiesta di Mosè fu parzialmente soddisfatta e il suo nome fu rimosso dal brano di questo Shabbat.
Ma perché è stata scelto il brano della Torah che tratta le istruzioni per la le vesti speciali dei sacerdoti, per essere quello in cui non appare il nome di Mosè?
Un midrash racconta che il Signore avrebbe voluto inizialmente nominare Mosè e i suoi discendenti come sacerdoti. Tuttavia, a causa della ripetuta riluttanza di Mosè nell’accettare l’incarico divino di condurre gli ebrei fuori dall’Egitto, il Signore ha poi dato il sacerdozio a suo fratello Aronne.
Nonostante Mosè avesse perso il sacerdozio, mantenne ancora il potenziale per essere un sacerdote. È per questo che quando fu costruito il Tabernacolo, ed Aronne e i suoi figli ancora non era stati iniziati al servizio sacro, fu Mosè che servì come sacerdote per l’inaugurazione. Ma Mosè non indossò gli indumenti speciali del Sommo sacerdote descritti in questo brano della Torah, indossò solo una semplice veste bianca.
E perché Mosè non ebbe bisogno di indossare le vesti sacerdotali?
Per rispondere a questa domanda bisogna fare una considerazione preliminare. L’indumento, biblicamente, fu una concessione divina per riparare alla debolezza umana. La parola ebraica “beghed/vestito” deriva dalla radice “baghad/tradire”.
Adamo ed Eva, nel Giardino dell’Eden, erano nudi e solo dopo che ebbero mangiato dall’albero della conoscenza del bene e del male, sentirono il bisogno di nascondersi dietro un vestito che, a questo punto, poteva considerarsi un necessario, ma tragico, tradimento della loro naturale purezza.
Lo stesso vale per le vesti sacerdotali e ognuno degli otto indumenti, viene a espiare una particolare trasgressione: arroganza, calunnia, pensieri impropri e così via. Se non fosse per questi peccati, i sacerdoti non avrebbero bisogno di questi vestiti speciali.
Il Talmud riferisce che la veste bianca che Mosè indossava quando servì nel Tabernacolo non aveva cuciture. In altre parole, la sua veste non aveva confini netti e distinti, nulla che sottolineasse la sua separazione dal suo corpo.
Era quasi come se Mosè fosse nudo e non avesse bisogno di vestiti. Per quale ragione?
Mosè non fu contaminato dal peccato del vitello d’oro, un peccato che il Midrash collega al peccato di Adamo ed Eva. Pertanto Mosè, nel ruolo di sacerdote, non aveva bisogno di abiti speciali che, invece, i sacerdoti dovevano indossare a causa del peccato del vitello d’oro. In questo senso con la richiesta fatta al Signore “per favore rimuovimi dal tuo libro”, Mosè intendeva “per favore rimuovimi dalla parte del tuo libro che ordina ai sacerdoti di indossare abiti speciali”. Io non sono stato coinvolto nel peccato del vitello d’oro e non ho alcun legame con la necessità di questi vestiti.
Questi vestiti speciali, indicano che quando i sacerdoti li indossano, sono “sheluche didan e sheluche deRachamana/nostri emissari presso Dio e emissari di Dio presso di noi”. Ma quando si tolgono le vesti sacerdotali, tornano ad essere dei semplici privati.
Mosè, invece, era un “eved Hashem/servo di Dio” (Deuteronomio 34:5), che non era un titolo onorifico, ma la descrizione della sua stessa essenza, indipendentemente dai vestiti che indossava. Il servizio divino non era un dovere che Mosè si assumeva in certe ore del giorno, era la sua qualità distintiva.
Ecco perché Dio ascoltò la richiesta di Mosè e rimosse il suo nome proprio dalla parashah di Tetzaweh. Mosè non aveva bisogno di questi vestiti perché, nel suo caso, “non era l’abito a fare il monaco”… Shabbat Shalom!