Nella parashà è scritto che il Kohen Gadol faceva il servizio con otto vestimenti: di questi ve ne erano quattro con i quali facevano il servizio i kohanim ordinari (pantaloni, tunica, l’avnèt che era una lunga fascia attorno alla vita, turbante). Gli altri quattro potevano essere indossati solo dal Kohen Gadol ed erano il me’il, un manto fatto a maglia di lana di colore tekhèlet, l’efòd che era una specie di grembiule fatto a maglia con cinque tipi di filo (oro, lana di colore tekhèlet-azzurro, lana di colore argama’n-rossoporpora, lana di colore tola’at shanì-scarlatto. lino ritorto), il chòshen (un pettorale fatto a maglia con gli stessi tipi di filo dell’efòd) e il tzitz (una placca d’oro piazzata sulla fronte davanti al turbante sulla quale erano incise la parole Kòdesh la-Shem). Il chòshen era piegato in due e aveva dimensione di una spanna quadrata. Era legato all’efòd e aveva dodici comparti di quattro file ciascuna. In ogni fila vi erano dei castoni d’oro con quattro pietre preziose sulle quali erano incisi i nomi delle dodici tribù d’Israele.
Con questi vestimenti venivano consultati gli Urìm e Tummìm. Su cosa fossero gli Urìm e Tummìm, Rashì (Troyes, 1040-1105) e il Maimonide (Cordova, 1138-1204) offrono due diverse spiegazioni. Rashì spiega che era una pergamena con la scritta del Tetragramma, inserita nella piega del chòshen, che dava la possibilità alle pietre preziose del chòshen di illuminarsi. Secondo il Maimonide (Kelè Ha-Mikdàsh, 10:10) Urìm e Tummìm erano le pietre del chòshen. Quando doveva venire posta una domanda al Kohen Gadol, quest’ultimo si volgeva verso l’aròn (l’arca) e colui che domandava stava in piedi dietro di lui e chiedeva: potrò fare una certa cosa o no? Questa domanda veniva fatta a voce bassa. Il Kohen Gadol veniva investito da spirito profetico, guardava il chòshen e vedeva le lettere risaltare: Fai cosi o non fai cosi”.
R. ‘Ovadià Bertinoro scrive che le lettere erano quelle scritte sulle pietre preziose sulle quali erano incisi i nomi delle dodici tribù e i nomi Avraham, Yitzchak e Ya’akov e Shivte Y-a (le tribù di Dio). Queste parole comprendevano tutte le lettere dell’alfabeto. Grazie allo spirito profetico, il Kohen Gadol sapeva come combinare le lettere che risaltavano e capire il significato del messaggio. Gli Urìm e Tummìm potevano essere consultati solo su richiesta del Re, del Sinedrio e di persone delle quali il pubblico aveva bisogno, come per esempio Yoav, che era il generale dell’esercito di re Davide.
R. David Meldola (Livorno, 1714-1818?, Amsterdam) in Darkè David (fogli 51-53) porta prove a favore delle diverse spiegazioni di Rashì e del Maimonide dalle Scritture. A riprova di quello che scrive Rashì, r. Meldola cita il testo nel libro di Shemuel (I, cap. 22-23) dove è raccontato che quando re Shaul uccise tutti gli abitanti della città di Nov abitata dai kohanìm perché avevano dato rifugio a David, Evyatar, figlio del Kohen Gadol riuscì a salvarsi e andò da David con i vestimenti del Kohen Gadol. Poi quando David si trovava a Ke’ila con seicento uomini e venne a sapere che Shaul stava raccogliendo il suo esercito per catturarlo, David chiese a Evyatar di rispondergli con gli Urìm e Tummìm se Shaul sarebbe venuto a Ke’ila e se gli abitanti della città l’avrebbero consegnato a Shaul. In entrambi i casi gli Urìm e Tummìm diedero risposta affermativa. David decise quindi di fuggire con i suoi uomini. Questo evento sostiene l’opinione di Rashì che non era necessario porre il quesito di fronte all’aròn, perché a Ke’ila non vi era aròn.
D’altra parte vi è una altro episodio a supporto dell’opinione del Maimonide che sostiene che è necessario porre il quesito di fronte all’aròn. Questo avvenne durante una battaglia tra gli israeliti guidati dal re Shaul e i filistei. In quell’occasione, prima della battaglia, re Shaul chiese al Kohen Achiyà: “«Fa’ accostare l’arca di Dio!» – Infatti l’arca di Dio era allora con i figli d’Israele” (I, Shemuel, 14:18). Per coloro che sono abituati allo studio della Torà e del Talmud, non è una cosa al di fuori del normale trovare grandi commentatori e decisori di Halakhà con spiegazioni diverse. Questo fenomeno si moltiplicò a seguito della dispersione dalla Babilonia dopo la morte di Hai Gaon (939-1038) il capo della yeshivà di Pumbedita (oggi Falluja in Irak) che fu l’ultima autorità rabbinica universale. Dopo di r. Hai, il mondo della Torà si separò in varie regioni: Asia Minore, Spagna, Francia, Italia, Nord Africa e Germania. E oggi, anche l’America.