“Mi faranno un Santuario e risiederò in mezzo a loro … ” (Shemòt 25, 8). Guardando questo verso si nota subito che la Torà avrebbe dovuto dire: “Mi faranno un Santuario e risiederò in Esso, nel Santuario” e non “… risiederò in mezzo a loro, nei figli d’Israele”. Da ciò ci insegnano i Maestri che ogni ebreo ha la possibilità di far scendere Dio in mezzo agli uomini, e far sì che la Shekhinà risieda in mezzo al popolo d’Israele. E ciò in che modo? Divenendo egli stesso un Santuario. Guardando ancora questo verso, e in particolare i Sofè tevòt – le ultime lettere di ogni parola del verso, si può notare che queste formano due parole “Yudvav e Shmi”. I Maestri ci insegnano che Yudvav come Yudhey è uno dei nomi di Dio e che la parola Shmi vuole dire “il Mio nome”. Collegando questo a quanto detto sopra, si può quindi dire che nel momento in cui i figli d’Israele fanno spazio dentro loro a Dio, prendendo coscienza del Suo Santo nome, allora Egli discenderà e risiederà in mezzo a loro.