Nella Parashà di Terumà, la Torà elenca una serie di dettagli e di regole per la costruzione del Mishkan, il Tabernacolo mobile del deserto; esso rappresentava l’antenato del Tempio di Gerusalemme – il Bet ha Mikdash, costruito dopo l’ingresso del popolo nella terra di Israele, da re Salomone su progetto di suo padre re David.
C’è da notare che il testo della Torà dice: “….e prendano per me un’offerta……e facciano per me un Santuario, e io abiterò in mezzo a loro.”
Fanno notare gli esegeti che la terumà, l’offerta che doveva essere fatta spontaneamente, ognuno secondo la propria volontà, non era richiesta direttamente dal Signore, in quanto è detto: “…e prendano per me un’offerta” e non “facciano a me un’offerta”.
Presso gli altri popoli pagani, era la divinità stessa che richiedeva un’ offerta e molte volte, visto che la divinità era rappresentata da un essere umano, egli godeva personalmente dell’offerta fattagli dal popolo, ad esempio, si faceva costruire un magnifico palazzo dove abitare.
Il Signore sottolinea che non ha bisogno né di offerte, né tanto meno di palazzi; infatti il testo prosegue con le parole “ e facciano per me un santuario ed io abiterò in mezzo a loro” cioè sia l’offerta che il Santuario erano più necessari al popolo che al Signore stesso.
Il Mikdash, sostanzialmente serviva per tenere il popolo unito, era un po’ la bandiera del popolo ebraico e, trovandosi in un unico luogo al mondo, a Gerusalemme, riuniva se non fisicamente, almeno spiritualmente il popolo.
Al termine della costruzione del Mishkan e all’inizio del culto sacerdotale troveremo scritto nel testo: “ve hajà ha mikdash echad” “e il Santuario sarà unico”; unico è lo stesso attributo che appartiene al Signore Iddio “A’ Elohenu A’ echad” “il Signore è nostro D-o il Signore è unico” e anche al popolo di Israele, chiamato “’am echad” “popolo unico”.
Quindi possiamo definire il Mishkan prima e il Bet ha Mikdash in seguito, l’elemento di congiunzione fra D-o e il popolo.
Oggi che non esiste più il Bet ha Mikdash, il popolo ebraico è accumunato da un altro elemento fondamentale alla nostra esistenza e unicità: la lingua ebraica che usiamo almeno nella recitazione delle tefillot, dello studio e della lettura della Torà che pur sempre ci fa ricongiungere ad una dimensione convergente verso D-o.
Shabbat shalom