L’argomento principale di queste due parashòt, che questa settimana vengono lette insieme, è quello di piaghe che colpivano coloro che avevano commesso la trasgressione di sparlare del prossimo. Così infatti è detto nel trattato talmudico ‘Arakhìn (15b): “R. Yossè Ben Zimrà disse: Le piaghe della tzara’at vengono a coloro che fanno maldicenza, come è detto (Salmi, 101:5): Chi calunnia in segreto il suo prossimo io lo farò perire…”.
La parashà tratta di tre tipi di tzara’at: quella che colpisce gli uomini, quella che appare su indumenti di pelle, di lana o di lino, e quella che appare sui muri delle case.
Il Maimonide (Cordova 1138-1204, Il Cairo) alla fine delle Hilkhòt Tumàt Tzara’at, offre una spiegazione su cosa sia la tzara’at e come colpisca. Egli scrive: ”Tzara’at è un termine collettivo che include molte afflizioni che non si assomigliano tra loro. Infatti, lo sbiancamento della pelle di una persona è chiamato tzara’at, così come la caduta di alcuni capelli dalla testa o dalla barba, e il cambiamento di colore di abiti o case. Questo cambiamento che riguarda abiti e case, descritto dalla Torà con il termine generale di tzara’at, non è un evento naturale. È piuttosto un segno e un prodigio diffuso tra il popolo ebraico per metterli in guardia contro lashon ha-ra’, ovvero “malalingua”. Quando una persona fa maldicenza, [come prima cosa] le pareti della sua casa cambiano colore. Se si pente, la casa sarà purificata. Se, tuttavia, persiste nella sua malvagità fino a quando la casa non viene distrutta, gli utensili di cuoio su cui siede e si sdraia cambiano colore. Se si pente, saranno purificati. Se persiste nella sua malvagità fino a quando non vengono bruciati, gli abiti che indossa cambiano colore. Se si pente, saranno purificati. Se persiste nella sua malvagità fino a bruciarli, la sua pelle subisce dei cambiamenti e sviluppa la tzara’at. Questo fa sì che dovrà isolarsi e capire che deve rimanere solo per non essere coinvolto nelle chiacchiere dei malvagi, che sono follia e maldicenza (Hilkhòt Tumàt Tzara’at, cap. 16).
R. Peretz Steinberg (New York, 1935-) in Perì ‘Etz Chayìm (vol. anno 2006, pp. 126-7) cita il Maimonide e poi chiede per quale motivo in queste due parashòt, la Torà tratta come prima cosa della tzara’at che colpisce le persone, poi quella che appare sugli indumenti e solo alla fine quella che appare sui muri delle case. Secondo la spiegazione che dà il Maimonide, l’ordine dovrebbe essere invertito: prima le case, poi gli indumenti e, solo alla fine, le persone.
Una semplice spiegazione è che le regole della tzara’at delle case non erano rilevanti nel deserto perché gli israeliti abitavano nelle tende e nelle capanne. Inoltre forse era importante fare capire la gravità della maldicenza iniziando subito con la tzara’at che colpiva le persone.
Come si guariva dalla tzara’at? Nel trattato ‘Arakhìn, r. Chamà bar Chaninà chiede: Qual è il rimedio per coloro che fanno maldicenza? Se è uno studioso della Torà, che studi la Torà, […] e se è poco colto, che umili il suo spirito”.
R. Ya’akov Yosef di Polnoye (Ucraina, 1710-1784), che nella sua opera Toldòt Ya’akov Yosef citò centinaia di insegnamenti del Ba’al Shem Tov, spiega che si impara quale sia il rimedio per la tzara’at dal versetto che dice: “Questo è l’insegnamento per chi è colpito da tzara’at” (zot torat ha-metzora’). La parola “zot” è riduttiva e insegna che per guarire è necessario comportarsi con umiltà. Questo vale per coloro che sono poco colti. La parola “torat” insegna che chi sa studiare Torà, si immerga nello studio per guarire dalla sua afflizione.