“Qualora uno abbia sulla pelle del suo corpo un gonfiore o una crosta o una macchia lucida, e diventa sulla pelle del suo corpo un indizio di piaga di tzara‘at/lebbra, sarà portato dal sacerdote Aronne o da uno dei suoi figli sacerdoti (Levitico 13:2). Che cosa è la tzara‘at? Si tratterebbe un’infezione della pelle, simile alla lebbra, che colpirebbe una persona a causa di determinati peccati. La Torà dice che quando una persona vede uno scolorimento sulla sua pelle che potrebbe qualificarsi come tzara‘at, si deve presentare da un sacerdote, il quale, sulla base di linee guida specifiche indicate dalla Torà, stabilirà se questo individuo è un metzora‘ (persona colpita da tzara‘at) oppure no. Se la persona è dichiarata metzora‘, dovrà osservare diverse norme molto restrittive, incluso il lasciare la sua città e vivere in isolamento.
È interessante notare quello che la Torà dice della persona che vede una possibile infezione da tzara‘at sul suo corpo: “vehuvà/egli sarà portato” da un sacerdote. Il sospetto infettato non “va” ma “viene portato” da un sacerdote. La spiegazione di questa espressione, sta nel fatto che i peccati per i quali si subirebbe la tzara‘at, sono peccati che scaturiscono da una cattiva qualità, l’arroganza, che in particolare si manifesta con la pratica della “lashon hara‘/la maldicenza” e nel fuorviare il prossimo.
È molto improbabile che le persone arroganti, di fatto, non percepiscano il loro problema. Pertanto, una persona colpita da tzara‘at, la cui afflizione è l’espressione esteriore di una piaga interiore, si rifiuta di andare spontaneamente dal sacerdote per avere un “consulto”. Per questo la Torà dice “vehuvà/egli sarà portato”. È la sua famiglia, sono i suoi amici che dovrebbero portarlo da un sacerdote, anche contro la sua volontà, per riconoscere e affrontare il suo problema.
Diversi sono gli esempi della questione del potere autodistruttivo dell’arroganza.
Quando il profeta Geremia ammoniva il popolo sull’imminente distruzione di Gerusalemme, un falso profeta di nome Anania gli si opponeva e dichiarava che Dio gli aveva parlato e gli aveva assicurato che Gerusalemme sarebbe stata al sicuro e che il popolo non aveva bisogno di pentirsi. Geremia, sulla base di un messaggio profetico di Dio, proclamò che se Anania avesse mentito sarebbe morto in quell’anno. Anania, in effetti, morì in quell’anno nel settimo mese. C’è da notare che il settimo mese, secondo il computo della Torà, sia Tishrì il mese che da inizio al nuovo anno. Da questo rilievo si evincerebbe che il falso profeta Anania non morì nell’anno della predizione di Geremia, ma nell’anno successivo. Quindi la profezia di Geremia era sbagliata?
I maestri risolvono l’incongruenza con un midrash che racconta di Anania che scherniva Geremia mostrandogli che il tempo stava passando e che l’anno sarebbe presto giunto alla fine e lui era perfettamente sano. Ma poco prima di Rosh Hashanà, il capodanno, Anania si ammalò gravemente e si rese conto che in poco tempo sarebbe morto. Prima di morire, ordinò alla sua famiglia di ritardare la sua sepoltura fino a dopo Rosh Hashanà, al fine di fare registrare la sua morte nel nuovo anno inducendo così la gente a pensare che la profezia di Geremia non fosse esatta. Anania ovviamente sapeva di mentire e sapeva che presto sarebbe morto e che si sarebbe presentato davanti al Tribunale Celeste. Eppure, anche davanti a questa eventualità, non riuscì a confessare la sua trasgressione e a pentirsi. A causa della sua arroganza perseverò nell’errore piuttosto che riconoscere umilmente la trasgressione e guadagnarsi così il perdono.
Un altro esempio del potere autodistruttivo dell’arroganza lo troviamo nella storia di Geroboamo, primo re del Regno di Israele. Dopo la morte di Salomone, Dio decise di dividere Israele in due regni. Mandò allora il profeta Achiyà da Geroboamo per istruirlo a formare un regno separato. Indubbiamente, se Dio elesse Geroboamo per questo ruolo, doveva essere un uomo eccezionalmente retto e giusto. Però, dopo aver formato il nuovo regno, l’ego di Geroboamo lo condusse nella direzione sbagliata. Quando la festa del pellegrinaggio si avvicinava, Geroboamo decise di posizionare delle guardie e istituire un blocco per impedire ai suoi sudditi di recarsi al Tempio a Gerusalemme. Pensava che se le persone fossero andate al Tempio, avrebbero visto il re del regno di Giuda – Roboamo – ricevere dai pellegrini tutti gli onori. Gereoboamo pensò che questo poteva intaccare la sua gloria e anche la sua stessa regalità, sarebbe stata compromessa. Decise allora di impedire al popolo del suo regno di andare a Gerusalemme e, in modo sconvolgente, costruì due templi nel suo regno con vitelli d’oro affinché il popolo li adorassero. La preoccupazione per il proprio onore e il proprio prestigio, portò Geroboamo e il suoi sudditi all’idolatria.
In modo ancora più sorprendente, Geroboamo rifiutò addirittura l’offerta di perdono di Dio per questa grave colpa.
Il Talmud racconta che Dio propose a Geroboamo che se si fosse pentito, non solo avrebbe accettato il suo pentimento ma che avrebbe “passeggiato nel Giardino dell’Eden” insieme al re Davide. Geroboamo, invece di accettare con entusiasmo l’amorevole proposta divina, la rifiutò e solo perché gli era stato detto che Davide sarebbe stato davanti a lui.
Ecco cosa causa l’arroganza: non permette di vedere obiettivamente i problemi e non fa recedere dalle proprie posizioni seppur sbagliate.
Questo fenomeno è purtroppo molto comune.
I matrimoni sono tesi o rotti, perché uno o entrambi i coniugi, si rifiutano di fare un passo indietro.
Nella società spesso si sviluppano grandi tensioni perché le persone sono troppo concentrate nel ricercare l’onore.
Le relazioni si deteriorano a causa delle lotte di potere, sia per acquisirlo sia per il mantenerlo.
Per questo, una delle lezioni che riceviamo dalla persona colpita da tzara‘at, è quella di prestare molta attenzione a questa forza autodistruttiva.
Assicuriamoci di non permettere mai che una relazione venga distrutta a causa dell’ego, della superbia, a causa della nostra insistenza nel ricercare onore. Cerchiamo di avere la saggezza e l’umiltà di cedere, piuttosto che permettere al vano desiderio di onore di dominarci, perché tale è il potere autodistruttivo dell’arroganza: fa sì che le persone rovinino le proprie vite e quelle altrui, non solo in questo mondo ma anche in quello avvenire, Shabbat Shalom!