Halakhà e scienza a partire da una lettera sul processo di conversione
David Gianfranco Di Segni
Nel numero di luglio di Ha Keillah una lettera di Roberto Gandus parla delle difficoltà e lungaggini riscontrate nella Comunità di Roma per la procedura di conversione di suo figlio. Non entro nel merito della questione, in cui non sono affatto coinvolto. Sono però stato incuriosito da un riferimento che Gandus fa en passant sulle pulci e i pidocchi. Nelle lezioni di ebraismo ricevute dal ragazzo (e forse dal padre), infatti, non si parlava “di concetti filosofici: l’importante era sapere se al sabato si possono uccidere i pidocchi e non le pulci o viceversa; adesso questa regola l’ho già dimenticata, forse proprio perché per me l’ebraismo era altro”. Poiché mi sono recentemente occupato di questo argomento, anche se non credo che ciò abbia a che fare con le lezioni sentite da(i) Gandus, posso fornire qualche nozione di ebraismo su pulci e pidocchi dai risvolti filosofici.
Nell’ambito delle connessioni fra Torah e scienza un problema fondamentale è la rilevanza halakhica delle scoperte scientifiche. Per chiarire, se ciò che la scienza ci dice su uno specifico argomento contrasta con le parole dei Maestri del Talmud, dobbiamo seguire la scienza o continuare ad accettare come valide le concezioni diffuse nell’epoca talmudica e comportarci di conseguenza? Sono sicuro che Gandus avrebbe la risposta pronta, ma è utile fare un esempio di grande attualità, la ricerca sulle cellule staminali embrionali e la possibilità di effettuare la diagnosi pre-impianto sull’embrione. L’opinione maggioritaria – ma non unanime – fra i poseqim (decisori legali) contemporanei, esperti di bioetica ebraica, è di permettere sia l’una sia l’altra. Alla base di questa decisione c’è, fra l’altro, l’idea che l’embrione prima del 40° giorno dal concepimento sia da considerarsi maya be-alma (“mera acqua”; Talmud bavli, Yevamot 69b e altrove). Non è questo il luogo per discutere da dove i Chakhamim abbiano recepito questa idea. La domanda qui è: il fatto che oggi, in base alle ricerche scientifiche effettuate sullo sviluppo embrionale con il microscopio, sappiamo che non è vero che l’embrione sia “semplice acqua” può influenzare la decisione halakhica o no?
Una risposta può venire proprio dal caso delle pulci e i pidocchi. Il Talmud (TB, Shabbat 107b) si chiede se sia permesso ucciderli di Shabbat. L’uccisione gratuita di un animale è sempre vietata, in base al concetto di bal tashchit, non distruggere senza motivo, ma di sabato sussiste anche il divieto di fare una melakhà (lavoro). E uccidere un animale è una delle 39 melakhot proibite di Shabbat (netilat neshamà, togliere la vitalità). Il Talmud afferma che secondo la maggioranza dei Maestri il divieto di uccidere di Shabbat vale solo per gli animali che si riproducono, in particolare “che si riproducono attraverso l’unione di un maschio e una femmina”. Aggiunge il Talmud che il divieto sabbatico vale per la pulce (par’òsh), ma non per il pidocchio (kinnà). Quest’ultimo infatti, dice il Talmud, non si riproduce come gli altri animali, bensì nasce spontaneamente. Rashì spiega che nasce “dal sudore che si trova sulla pelle”. Il Talmud riporta anche l’opinione contraria di Beth Shammai, che vieta l’uccisione dei pidocchi, e la tesi di Rabbi Eliezer, secondo cui è vietato uccidere i pidocchi perché “chi uccide un pidocchio è come colui che uccide un cammello” (ibid. e Shabbat 12b). Ecco qua un primo insegnamento filosofico: l’importanza di un animale non è commisurata alla sua grandezza fisica. Pulci ed elefanti pari sono.
Il Maimonide (Hilkhot Shabbat 12: 2-3) e lo Shulchan Arukh (Orach Chaim 316:9) seguono la maggioranza dei Rabbini e stabiliscono che di Shabbat è vietato uccidere le pulci ma non i pidocchi. L’argomento è oggetto di discussione in un famoso brano del Pachad Yitzchaq (PY), un’enciclopedia halakhico-talmudica compilata dal rabbino e medico Yitzchaq Lampronti (Ferrara 1679-1756). Alla voce “tzeidà ha-asurà we-ha-muteret beshabbat”, scritta nel 1718, Lampronti, dopo aver riportato le fonti dal Talmud e dai poseqim che distinguono fra pulci e pidocchi, così scrive: “E io, giovane autore, se non temessi, direi che ai nostri giorni, in cui gli scienziati che studiano la generazione degli organismi (chakhmè ha-toladot) hanno osservato e visto, hanno saputo e scritto che ogni essere vivente (ba’al chai), sia quel che sia, nasce da uova, e dato che tutto ciò è stato dimostrato con prove certe, per questo motivo dico che chi vuol essere scrupoloso stia ben attento e non uccida né una pulce né un pidocchio e non si metta in una condizione di infrangere una regola. E su questa questione direi che se i saggi di Israele sentissero le prove dei saggi delle altre genti, cambierebbero idea e concorderebbero con le loro parole, come avvenne riguardo alla questione della rotazione delle stelle e della sfera”.
In altre parole, Rabbi Lampronti accetta le prove scientifiche per modificare la Halakhà nei casi in cui ciò sia rilevante. Per contestualizzare la posizione di Lampronti, bisogna tenere presente che egli nacque poche decine d’anni dopo la morte di Galileo (1564-1642), i cui contributi alla scienza sperimentale portarono anche all’invenzione del microscopio. Le ricerche di altri scienziati come Francesco Redi (1626-1698), Marcello Malpighi (1627-1694) e Lazzaro Spallanzani (1729-1799) confutavano la concezione della “generazione spontanea” di esseri viventi dal fango e dagli stracci, una idea diffusa fra gli studiosi fin dall’epoca di Aristotele. Tale teoria (che il Rambam stesso riporta definendola “sorprendente e inspiegabile”, commento alla Mishnà in Chulin 9:6) sarebbe poi stata definitivamente abbandonata dopo le scoperte di Louis Pasteur (1822-1895).
Nel brano citato, Lampronti continua dicendo di aver mandato la sua opinione sui pidocchi al suo maestro Rabbi Yehudà Briel di Mantova, il quale però ribadisce che è permesso uccidere i pidocchi di Shabbat. Così fra l’altro scrive Briel: “Non si deve cambiare la regola basata sulle parole dei nostri antichi [Maestri] in conseguenza delle ricerche dei saggi dei popoli del mondo”. Nonostante il parere contrario di Briel, Lampronti permane nella sua convinzione, e spiega che la sua decisione non è dettata da una posizione facilitante, bensì rigorista (egli infatti vieta l’uccisione anche dei pidocchi). Da notare che in questo scambio di missive c’è un rimando molto interessante alla questione copernicana, dove paradossalmente il rabbino conservatore Briel assume le difese della recente teoria eliocentrica, in quanto quella più vicina all’opinione dei Saggi d’Israele espressa nel Talmud, mentre il rabbino modernista Lampronti appoggia la vecchia visione geocentrica, tolemaica, che era l’opinione corrente fra la maggioranza degli astronomi del mondo nell’epoca talmudica ma persino ai tempi di Lampronti.
La posizione di Lampronti che vieta l’uccisione dei pidocchi di Shabbat non è stata accettata da tutti; molte autorità moderne rimangono dell’idea che debba prevalere la regola come fissata dal Talmud. Vedi per esempio una lunga nota di Rabbi Aryeh Carmell, redattore del Michtav MeEliahu di Rabbi Elihau Dessler (di prossima pubblicazione in italiano), vol. 4, pp. 355-356, n. 4, che riporta le parole di Rav Dessler secondo cui la regola talmudica non cambia neanche se non siamo in grado di capirla. Rav Dessler contesta espressamente l’opinione di Rabbi Lampronti e aggiunge che si deve “prendere la regola con due mani, sia verso la rigorosità sia verso la facilitazione”. La regola precede la motivazione, e può darsi che la spiegazione dei Saggi del Talmud sia errata ma la regola rimanga comunque valida. Nel caso dei pidocchi, Rav Carmell aggiunge che se pur la scienza ha dimostrato che anch’essi hanno origine da uova, essendo queste così piccole non rientrano nella definizione halakhica di animali nati da uova. Shemirath Shabbat KeHilkhatà, di Rabbi Yehoshua Neuwirth, il più autorevole testo contemporaneo sulle halakhot di Shabbat, riporta l’opinione di Rav Dessler e stabilisce che si possono usare prodotti anti-pidocchi ma solo se non c’è la certezza di causarne la morte (cap. 14:59, e note 154 e 155 della terza edizione). (Per maggiori dettagli, si veda il mio articolo D.G. Di Segni, Isacco Lampronti, rabbino e medico nella Ferrara del ’700, e le interrelazioni fra scienza e Torà nel Pachad Yitzchaq, in “Aspetti di storia della medicina ebraica: la figura del medico-rabbino”, a cura di Myriam Silvera, Carocci, in corso di stampa; più in generale, vedi l’approfondita analisi di Rav Prof. Avraham Steinberg, “Esistono contraddizioni tra Torah e Scienza?”, in Segulat Israel n. 8, pp. 27-38, 5770).
Torniamo agli embrioni. La domanda se sia o no lecito effettuare analisi e sperimentazioni su embrioni e cellule staminali embrionali può trovare quindi una risposta alla luce della discussione su pulci e pidocchi, e questo è un secondo insegnamento che se ne può trarre. Se accettiamo la regola del Talmud, secondo cui prima del 40° giorno l’embrione è “mera acqua”, potremmo essere facilitanti. Se viceversa accettiamo le evidenze scientifiche che mostrano che già in quello stadio sono presenti gli abbozzi degli arti, del cuore e della testa, è difficile assumere tale limite temporale come motivazione per essere facilitanti. Rabbi Lampronti (che fra l’altro era medico) direbbe – si può immaginare – che si deve essere rigorosi e quindi vieterebbe la ricerca sugli embrioni. Rabbi Briel direbbe invece di accettare comunque l’opinione del Talmud e quindi la permetterebbe. Rav Dessler argomenterebbe che la regola talmudica è valida, anche se la spiegazione data dal Talmud secondo cui l’embrione è “mera acqua” è chiaramente sbagliata: la regola precede la spiegazione, non viceversa, e se la spiegazione si rivela erronea, se ne cerca un’altra pur mantenendo ferma la regola.
Come sopra detto, la posizione maggioritaria in campo ebraico è di permettere la ricerca sugli embrioni e le cellule staminali (con la notevole eccezione di Rabbi David J. Bleich; sul suo approccio, vedi un mio articolo in Ha Keillah, maggio-giugno 2009). Si mantiene quindi l’idea che prima dei 40 giorni lo status dell’embrione sia di valore inferiore; tuttavia, tutti sono d’accordo che non si devono creare appositamente degli embrioni per destinarli alla ricerca scientifica e che si possono usare solo quelli soprannumerari altrimenti destinati alla distruzione. Sembrerebbe quindi che si segua quanto dice Rav Dessler: “si afferra la regola nei due sensi, in quello rigorista (non creare appositamente degli embrioni) e in quello facilitante (usare quelli esistenti a beneficio dell’avanzamento della ricerca biomedica)”.
Questa discussione sulle pulci e i pidocchi mostra come un argomento apparentemente insignificante possa avere interessanti ripercussioni. Il mio consiglio a Gandus è di non fermarsi al primo ostacolo o difficoltà. Bisogna scavare e scavare. Più che il Castello di Kafka, consiglierei di (ri)leggere Davanti alla Legge, dove fra l’altro a un certo punto compare pure una pulce. Ovviamente, auguro che Gandus padre e figlio riescano presto a entrare in quella porta che in realtà è sempre aperta e aspetta solo che qualcuno trovi la capacità di passarci attraverso.
http://www.hakeillah.com/4_12_06.htm