“Affinché i vostri discendenti sappiano che Io feci dimorare in sukkot/capanne i figli d’Israele, quando li trassi fuori dal paese d’Egitto. Io sono l’Eterno, l’Iddio vostro” (Levitico 23:43).
La Torà stabilisce che dobbiamo abitare nelle capanne/sukkot durante questa festività per ricordare che il Signore ha fatto dimorare i figli d’Israele nelle capanne/sukkot quando li fece uscire dall’Egitto.
Nel trattato talmudico di Sukkà, troviamo un’ampia discussione tra i maestri su cosa sia esattamente una Sukkà. Secondo un’opinione, quando la Torà parla di “sukkot”, si riferisce a vere e proprie capanne, abitazioni provvisorie in cui gli ebrei vissero durante il loro peregrinare nel deserto. Un’altra opinione, invece, asserisce che le “sukkot” siano le miracolose “ananè kavod/nuvole della gloria divina”, che ricoprivano dall’alto gli ebrei per proteggerli dai pericoli del deserto.
Questa seconda opinione è seguita sia da Onkelos (35 – 120) sia da Rashy (Rabbì Shelomò Ytxchaqy, 1040 – 1105) nelle loro interpretazioni di questo versetto ed è accolta anche da Rabbì Yosef Caro (1488 – 1575; Shulchan Arukh – Orach Chayym 625) per precisare che quando eseguiamo il precetto di abitare nella Sukkà, dobbiamo farlo con l’intenzione di rievocare il miracolo delle nuvole della gloria divina.
Nel deserto, tuttavia, avvennero per gli ebrei anche altri miracoli e per i quali la Torà non ha fissato un precetto evocativo. Cosa c’è di speciale dunque in questo miracolo al punto che dobbiamo osservare una speciale festa di sette giorni per celebrarlo?
Il Gaon di Vilna (Rav Eliyahu ben Shelomò Zalman 1720-1797), per rispondere a questa domanda, avanzò una famosa teoria.
Quando una parte dei figli d’Israele si macchiò della grave colpa del vitello d’oro, provocarono la rimozione delle le nuvole della gloria divina. Fu durante il 10 di Tishrì giorno di Kippur, quasi tre mesi dopo quell’evento nefasto che, grazie all’intercessione di Mosè, il Signore annunciò il Suo perdono. Il giorno successivo, Mosè radunò il popolo e trasmise loro il comando divino di costruire il Tabernacolo. Il Gaon di Vilna afferma anche che il popolo ebraico, tra l’11 e il14 di Tishrì, offrì i materiali necessari per la costruzione del Tabernacolo e i lavori iniziarono il 15 di Tishrì, per noi oggi il primo giorno della festa di Sukkot. In quel giorno, scrive il Gaon di Vilna, tornarono le nubi della gloria divina ed è questo ciò che celebriamo a Sukkot: il ritorno degli “ananè kavod/nuvole della gloria divina” dopo che erano state rimosse a causa del peccato del vitello d’oro.
Con la sua spiegazione, il Gaon di Vilna risponde anche alla domanda del perché la Sukkà, se simboleggia le nubi della gloria, non viene comandata dopo Pesach quando, con l’uscita dall’Egitto iniziò il viaggio del deserto con l’apparizione degli “ananè kavod/nuvole della gloria divina”. Il peccato del vitello d’oro creò una interruzione nella formazione del popolo ebraico, provoco una sorta di reset del suo percorso evolutivo pertanto, Sukkot diventa la festa che sancisce un nuovo inizio, quello rappresentato dal ritorno delle nuvole della gloria divina a protezione del popolo ebraico pentito e perdonato. Non solo, ma questa teoria spiega anche il perché le donne sono esentate dal precetto di abitare nella Sukkà. Generalmente, le donne sono esentate dai precetti affermativi che devono essere eseguiti in tempi determinati ma sono obbligate a quelli che ricordano miracoli in cui sono anch’esse incluse. È ovvio che anche le figlie d’Israele hanno beneficiato, non meno degli uomini, del miracolo delle nuvole della gloria divina ma, come spiegato dal Gaon di Vilna, le donne non hanno partecipato al peccato del vitello d’oro, rimasero fedeli al Signore e si rifiutarono di donare l’oro per questa azione peccaminosa. Per questo non sono obbligate al precetto, perché la Sukkà ricorda la rettifica finale del peccato del vitello d’oro con il ritorno delle nubi della gloria divina.
Se Kippur è il giorno dell’annuncio del perdono divino, Sukkot è la festa che celebra il fatto che il Signore non solo ci ha perdonato ma ha ripristinato completamente il Suo rapporto con noi. Questo rende Sukkot un’occasione particolarmente gioiosa, il tempo della nostra gioia, perché sebbene siamo imperfetti e spesso commettiamo errori, se ci pentiamo sinceramente e ci sforziamo di migliorare, il Signore continua a inondarci delle sue Benignità e della Sua speciale benedizione. Shabbat Shalom e Chag Sameach!