Il semiologo triestino Ugo Volli nel libro “Musica sono per me le Tue leggi” pubblicato dalla Nave di Teseo analizza la nascita del mito collocandolo nel suo tempo.
Raccontare ai contemporanei un mito come il re Davide, spiegare con il linguaggio di oggi le tormentate e prodigiose vicende di piccole tribù dell’Età del ferro: questa è la sfida affrontata da Ugo Volli, triestino, semiologo, giornalista e critico teatrale con il suo libro “Musica sono per me le Tue leggi – Storie di Davide re di Israele” (La Nave di Teseo, ottobre 2022 Milano, 535 pagine, 24 euro). Volli ha insegnato in Italia, Torino e Bologna, e in numerosi atenei stranieri. Ha scritto per Repubblica per oltre trent’anni e per altri quotidiani e periodici. Ha al suo attivo una trentina di libri e circa trecento articoli scientifici. Si occupa di argomenti ebraici e del medio Oriente.
Il re Davide di Volli è scevro dall’agiografia e collocato nel suo tempo con tutte le sue umanissime caratteristiche. Solo così possiamo capire l’origine del mito, il suo, ma anche quelli dei greci di cui è disseminata la nostra cultura, che hanno radici pure in quell’enorme giacimento di storie che è la Bibbia.
Chi era veramente Davide? “Anche se non sappiamo quale sia la verità originaria – scrive Volli – quello che conta è il senso che ancora ci danno le storie sulle storie che lo riguardano, anche contraddittorie tra esse, le figure che costruiscono, la morale che propongono. Sta qui il senso del mito”.
Ma prima di entrare nel vivo del personaggio “indescrivibile” perché talmente complesso, sfaccettato, misterioso da mettere in difficoltà qualsiasi cronista, vediamo il titolo “Musica per me sono le tue leggi” citazione del salmo 119 che l’Autore ha scelto perché ritiene che pensare alla legge come musica sia “affascinante” e perché il grande re comincia la sua carriera come musicista, sarà pure poeta e studioso della Torà, e questo spiega “il fascino che questo personaggio, mistico e artista, politico e guerriero ha esercitato nella storia”.
A proposito di storia, Davide è mai esistito? Si chiede Volli. Certo ci sono tante storie tramandate (fonte primaria il libro di Samuele) un’abbondanza “che inebria e che confonde”, pochi però i documenti. “Chi ne ha scritto la storia per inventarsi tutte le avventure, le sciagure e i gesti – nota Volli – avrebbe dovuto essere Omero o Shakespeare”.
Ma, in fondo, non importa: Davide esiste nell’oceano di parole scritte su di lui nel corso dei millenni (è nato intorno al 1040 prima dell’era cristiana), nei racconti anche differenti tra di essi: esiste il pastorello che affronta e uccide Golia, il gigante filisteo, esiste il giovane che sarà unto dal Signore, perchè il popolo di Israele vuole avere un re. “E’ curioso – rileva Volli- che gli ebrei non vogliano essere governati da Dio e, soprattutto, che Dio lo accetti”. Ma è così.
Il primo re sarà Saul, che però deluderà il Signore perché non gli darà ascolto, vorrà fare di testa sua. Il secondo sarà Davide che invece avrà un rapporto continuo con Dio che interpellerà sempre direttamente o attraverso profeti e veggenti. Sin dal momento del duello con Golia.
Ma quando Davide viene unto dal signore Saul è ancora sul trono e comincerà un travagliato rapporto tra due personalità molto differenti che si incontreranno: Davide curerà Saul da una sorta di depressione con l’arpa, cioè musicoterapia tremila anni prima che se ne parlasse. Però il egli scatena l’invidia di Saul che ordinerà di ucciderlo. Viene salvato con uno stratagemma da Michal, la figlia di Saul, una delle sue tante mogli. Non sarà il primo stratagemma, in una narrazione ricchissima di colpi di scena, fughe rocambolesche, duelli, battaglie, simulazione di follia. Non manca proprio nulla nella lunga e movimentata vita del re Davide, altro che “Il trono di spade”!
Mille volte Davide deve fuggire, nascondersi, rapinare per poter sopravvivere, guerreggiare con gli eterni nemici, i filistei, ma anche con Saul come abbiamo visto, con le altre tribù d’Israele, e con i Moabiti, i Gebusei, i Ghibeoniti. Spargerà tanto sangue e per quel sangue Dio lo punirà: non potrà erigere il tempio che custodirà l’Arca Santa, comprerà il terreno, avvierà i lavori, ma sarà il figlio Salomone a compiere l’opera.
Davide però riunirà le tribù di Israele, ne farà un piccolo impero, conquisterà Gerusalemme e ne farà la sua capitale, sempre fidando nel Signore come testimoniano i salmi con i quali Volli contrappunta il racconto. Cito quello più noto anche ai non ebrei: “L’Eterno è il mio pastore, non manco di nulla. Su verdi prati mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. La vita mia ristora, mi guida per il giusto cammino”.
La sua vita è però travagliata non solo dai numerosi nemici esterni, pure da tristissime vicende di una enorme famiglia composta da una ventina di figli, da varie mogli e concubine. Incesti, stupri, vendette, violenze, lotte fratricide, cecità spirituale. Già la sua infatuazione per Bathsheva, descritta, rileva Volli, “con grande realismo sulla natura umana” è un grave peccato: l’adulterio, ma soprattutto è grave afer fatto eliminare il marito, l’ittita Urià, uno dei suoi generali più valorosi. Lei genererà Salomone.
L’inverno di Davide è triste: due figli, Avshalom e Adonià tenteranno di sottrargli il trono, lui all’inizio lascia fare, si rivolge al Signore con un salmo amarissimo: “Sorgi Signore, salvami, Dio mio. Hai colpito la guancia dei miei nemici, hai spezzato i denti agli empi. Dall’Eterno la salvezza; dal Tuo popolo la Tua benedizione”. L’intervento del profeta Natan lo induce a reagire. Poi si chiude in sé stesso dedicandosi allo studio della Torà, senza distogliersi perché se lo facesse morirà. E così accade. Ma nel mondo ebraico egli continua a vivere: l’identificazione con lui è fortissima: “Davide è Israele”.
Pierluigi Sabatti
Il Piccolo – 27 ottobre 2022