In onore di mio genero rav Jacov Di Segni
L’ultima Parashah della Torah, che pur contiene la Berakhah impartita da Moshe Uomo di D. alle tribù di Israel prima della sua morte, comincia con una parolina apparentemente banale: we-zot, “E questa…”. I Maestri del Midrash Rabbà si soffermano su questo particolare e osservano che la stessa parolina fu adoperata anche dal patriarca Ya’aqov allorché fece la stessa cosa e benedisse le tribù prima di morire nell’ultima Parashah del primo libro della Torah.
Con una differenza: mentre qui we-zot è scritta all’inizio, lì era scritta al termine delle benedizioni, come espressione finale riassuntiva: we-zot asher dibber ‘aleyhem avihem wayvàrekh otam.. (” e questo è ciò che disse loro il loro padre allorché li benedisse”). Il Midrash commenta che Moshe riprese dove Ya’aqov si era interrotto. Questo ci insegna quanto è importante che la nuova generazione raccolga il testimone dove la vecchia non ha più potuto proseguire e ne continui il lavoro, giacché l’eternità non è dell’uomo. I Maestri ci insegnano quanto è importante che un uomo dia la propria figlia in sposa a un Talmid Chakham. Ebbene io ringrazio H. di avermi concesso questo merito. Il Chatan Torah di oggi è anzitutto il mio Chatan (nel senso di “genero”) ed è un Talmid Chakham che merita di essere seguito a Roma e fuori Roma. Oltre a tutto, si chiama anche lui Ya’aqov…
Lo scopo della Torah è unire cielo e terra. Non è sufficiente che il bene rimanga in cielo. Come abbiamo udito poc’anzi, la Torah stessa esordisce dicendo: “In principio D. creò il cielo e la terra”. Chi riuscì nell’intento? Moshe Rabbenu. Nei versetti conclusivi della sua Berakhah, in cui si rivolge a tutto quanto il popolo, egli dice. Wayishkon Israel betach badad ‘eyn Ya’aqov, el eretz dagan we-tirosh af shamaw ya’arfu tal. “Israele trova dimora sicura da solo nel solco di Ya’aqov in una terra di grano e mosto, mentre il suo cielo stilla rugiada”. Significativamente Moshe inverte qui l’ordine iniziale e nomina la terra prima del cielo. L’unità è compiuta. Non è la prima volta, peraltro, che Moshe benedice il popolo. All’inizio del quinto libro della Torah, che oggi si è concluso, Moshe aveva detto: “H. vi ha moltiplicato ed ecco voi siete oggi numerosi come le stelle del cielo”. La terra qui non era nominata.
Già i Patriarchi avevano promesso moltiplicazione alla loro progenie. Con Avraham troviamo due metafore: 1. numerosi come le stelle del cielo; 2. numerosi come la polvere della terra. Quale delle due preferite? Le stelle, naturalmente, perché la polvere richiama anche l’idea negativa di qualcosa che si calpesta. E’ proprio quello che anche Moshe pensava all’inizio della sua carriera. Alla fine egli comprese però che la terra ha una marcia in più. Le stelle sono sì numerose, ma stanno ciascuna per conto proprio. Non si uniscono. I granelli di polvere, invece, si possono unire e diventare così simbolo di unità oltre che di numero. In che modo? Se li si impasta con l’acqua. L’acqua simboleggia a sua volta la Torah che unisce il popolo d’Israele. La Torah cui Moshe aveva dedicato tutta la sua vita.
Nel primo capitolo di Bereshit abbiamo letto che al quarto giorno D. creò gli astri “affinché separassero il giorno dalla notte”. Ci saremmo aspettati una suddivisione equa fra il dominio dell’uno e dell’altra, ma così non fu. D’inverno sono molte di più le ore di buio, mentre d’estate prevalgono le ore di luce. I nostri Maestri spiegano che l’accordo fu così stipulato per agevolare lo studio della Torah. La notte è fatta per studiare. D’inverno fa fresco e si studia più facilmente. Per questo il giorno presta ore in sovrappiù alla notte affinché al ritorno dalla giornata lavorativa possiamo trascorrere più tempo sulla Torah. E’ questo l’insegnamento che ci comunica Simchat Torah, l’ultima festa che si affaccia sull’inverno. Quando poi verrà la stagione calda in cui la concentrazione sui libri è più difficile anche di notte, questa restituisce al giorno le ore a suo tempo ricevute senza alcun interesse, conformemente alla prescrizione della Torah sui prestiti. In questo modo anche noi avremo il merito di unire insieme il giorno e la notte, il cielo e la terra, santificando la nostra vita quotidiana, dedicando il giusto tempo allo studio della Torah.