Gli ultimi due giorni di festa che ci accingiamo a celebrare sono, per quest’anno, l’ultima occasione per definire e invocare “il tempo della nostra gioia”. Questo è il tema principale dei sette giorni di Sukkot trascorsi e dei giorni di Sheminì Atzeret/Simchat Torah che inizieranno questa sera. Tante spiegazioni sono state date per spiegare quale sia esattamente il collegamento tra Sukkot e la gioia. Una ulteriore traccia, la possiamo trovare nel brano delle maledizioni che abbiamo letto diverse settimane fa. In quel particolare capitolo del libro del Deuteronomio, leggiamo una serie ammonimenti che annunciano sventure e catastrofi che possono arrivare a causa della nostra lontananza dalla Torah e dal Signore. In un verso è scritto “wehayu chayekha teluim lekhà minneghed / la tua vita sarà in bilico”; queste parole rappresentano un riferimento a un senso di insicurezza e paura, alla sensazione che la propria vita sia “in bilico” e instabile. Nello specifico, il Talmud spiega che questo avvertimento annuncia la possibile situazione di una persona che non sarà certa del proprio reddito per l’anno successivo che, pertanto, proverà l’ansia dell’incertezza, sentendosi come se la sua vita fosse in bilico.
Come esempio di questa instabilità viene portata la manna – il cibo miracoloso che i figli d’Israele mangiarono nel deserto. La Torah, nel libro dell’Esodo, racconta che ogni persona riceveva una sola porzione di manna, sufficiente per quel giorno. Insieme a questa indicazione, ai figli d’Israele viene anche spiegato che se qualcuno ne avesse lasciata un po’ per il giorno dopo, si sarebbe rovinata. E così, ogni notte, i figli d’Israele andavano a dormire senza avere cibo nella tenda. Da un lato, troviamo opinioni dei maestri che parlano della manna come di un dono divino meraviglioso, dall’altro ce ne sono altri che affermano che è una maledizione, perché trasmetteva durante la notte l’incertezza del proprio sostentamento il giorno dopo.
La manna è dunque una benedizione o una maledizione?
La risposta è che la situazione della manna può essere la più grande benedizione o la più grande maledizione. Tutto dipende dalla mentalità di una persona.
Se una persona non sa da dove verrà il proprio sostentamento domani ma, come i figli d’Israele nel deserto, confida pienamente nel Signore, allora è veramente benedetta. Ma se una persona non vive con questa mentalità, ed è ansiosa e preoccupata, allora non importa quanti soldi abbia, non sarà mai felice e sentirà sempre che la sua vita è “in sospeso”.
Prima della sezione delle maledizioni, leggiamo la sezione delle berakhot, le benedizioni, con cui la Torah promette grandi ricompense per la corretta osservanza delle mitzwoth. In questo brano è scritto che se adempiamo alle mitzwoth, “uvahu alekha kol haberakhot haelle weissigukha / tutte queste benedizioni verranno a te e ti raggiungeranno”. Non basta che le benedizioni “vengano”, devono “raggiungerci”. Molte persone ricevono grandi benedizioni ma non ne godono, perché sono assalite da preoccupazioni e ansie. Ma se riponiamo la nostra fiducia nel Signore, allora le benedizioni ci “raggiungeranno” – ne godremo e saremo veramente benedetti.
A Sukkot, lasciamo le comodità delle nostre case e viviamo in semplici capanne. Ed è proprio per questo che Sukkot è “tempo della nostra gioia”, in cui dimostriamo che la vera gioia non deriva dai nostri beni materiali, ma dalla nostra fiducia in Hashem. Dimostriamo che la gioia più grande è vivere sotto la protezione di Hashem. Non c’è niente di male nell’avere una casa grande e confortevole ma a Sukkot si afferma che la nostra felicità non deriva dalle nostre case grandi e confortevoli, ma dalla nostra emunah, dalla fiducia che riponiamo nel Signore.
Questo è la speciale gioia di Sukkot, la gioia di vivere sotto la cura del Signore, di riconoscere che la vera fonte della gioia non sono i nostri beni materiali, ma il conforto che proviamo riponendo la nostra fiducia nel Creatore.
Stamattina è esplosa nei cuori di tutto il popolo ebraico, la grandissima gioia per il ritorno a casa dei venti ostaggi ancora vivi che, per 737+1 giorni, hanno vissuto l’inferno della prigionia, delle torture, della fame e della sete. Una prigionia forzata che è passata nel disinteresse più totale di un’opinione pubblica veicolata da una propaganda che ha ben attecchito soprattutto in coloro in cui l’odio antiebraico è sempre stato presente, ben nascosto e dissimulato, ma desideroso di avere un motivo “giusto” per eruttare fuori come il magma di un vulcano che risale delle viscere della terra. Vi abbiamo visto, letto e sentito, tutti, e di questo ci ricorderemo al momento opportuno, manon oggi. Oggi parliamo solo di gioia, di felicità e, finalmente, libertà. Un vero miracolo – voluto con fiducia e forza – il cui effetto è un surplus di allegria a nostra disposizione che ci porta al giubilo più totale.
Il Signore oggi ci ha concesso una meraviglia, la prova che anche nei momenti di più bui e terribili, dove non riusciamo a vedere via di uscita, l’affidarci a Lui è la fonte cui attingere per la nostra resilienza e la via migliore per vivere la gioia dei Suoi prodigi, Chaverim kol Israel, Chag Sameach!
