In una sua sichàh Rav Hershel Shachter riporta una domanda che molti hanno posto sulla festa di Simchat Toràh. Come tutti sapete, di Yom tov è vietato celebrare matrimoni. Il motivo? En me’arevin simchàh besimchàh – non si mischia una gioia con un’altra gioia. La gioia del matrimonio distoglie dalla gioia propria del giorno festivo. Anticamente esistevano due sistemi differenti di lettura della Toràh, quello babilonese e quello di Eretz Israel.
In Babilonia terminavano la lettura ogni anno, l’ultimo giorno di Sukkot, mentre in Israele, dove si leggevano brani più brevi, la lettura veniva esaurita ogni tre anni. Secondo l’uso di Eretz Israel pertanto Simchat Torah si celebrava solamente una volta ogni tre anni. In epoca medievale si seguiva già praticamente in tutto il mondo l’uso babilonese, e si festeggiava Simchat Toràh ogni anno. Gli acharonim tuttavia pongono una difficoltà sulla festività in generale. Se esiste un divieto di mischiare le gioie, perché non festeggiare Simchat Toràh in un giorno feriale o di Shabbat, in cui non c’è il precetto di rallegrarsi? Si può rispondere a questa obiezione individuando la natura di Sheminì ‘Atzeret.
Ogni festività ha un tema principale, Pesach la libertà, Shavu’ot la Legge, Sukkot la protezione divina. E Sheminì ‘Atzeret? Non possiamo considerarlo unicamente un’appendice di Sukkot, perché se così fosse nel Qiddush non reciteremmo la berakhàh delle cose nuove. Rashì nel suo commento alla Toràh cita un midrash celeberrimo, dove H. sostiene di non sopportare il distacco da Israele, e gli chiede di trattenersi ancora un po’ assieme a Lui, al contrario degli altri popoli, che, terminata la festa, se ne vanno a casa.
Il tema è quindi quello della scelta di Israele, e questa scelta non è giustificata altro che della Toràh. La Toràh è ciò che ha determinato la nostra elezione, e quindi l’uso di rallegrarsi per il completamento della lettura della Toràh non è in contraddizione con la gioia di questa festa, ma anzi la integra e la potenzia.