Non tutti sono autorizzati a prendere parte alle guerre d’Israele. Nella lista di coloro che sono esentati dalla guerra emerge (Devarim 20,8) chi ha paura: “Chiunque sia pavido e di poco coraggio vada torni a casa sua in modo che non abbia a scoraggiare i suoi fratelli come lui”. In precedenza (Devarim 20,1) la Torah aveva indicato il timore come segno di una scarsa fiducia in H.: “Quando uscirai in guerra contro un tuo nemico e vedrai cavalli, carri e moltitudine più numerosa di te; non dovrai temerli, perché il Signore tuo D. è con te, Colui che ti trasse fuori dal paese di Egitto”.
La Torah conclude però il brano (v.9) con le operazioni che venivano compiute per preparare la guerra: “quando i comandanti avranno finito di parlare al popolo porranno i capi dell’esercito alla testa del popolo”. Questi elementi ci mostrano come l’approccio nei confronti della guerra sia ambivalente: da una parte l’organizzazione naturale delle operazioni, dall’altra l’apertura verso una salvezza sovrannaturale. Questo atteggiamento viene mostrato dal re Shelomoh nei Proverbi (21,31): “Il cavallo può essere preparato per il giorno della battaglia, ma la vittoria dipende dal Signore” . La Torah ci dice di non temere i carri e i cavalli del nemico, ma, insegna il midrash, se il nemico ha questa dotazione, noi siamo tenuti a procurarcela a nostra volta. E’ proibito affidarsi al miracolo, e fare affidamento su una strumentazione obsoleta.
Lo sforzo naturale conduce all’intervento sovrannaturale. La Torah presenta altre categorie di persone che vengono esentate dalle azioni militari: a) chi ha costruito una casa, ma non l’ha inaugurata; b) chi ha piantato una vigna senza mangiarne i frutti; c) chi si è fidanzato, ma non si è ancora sposato. Per mezzo dell’ordine la Torah vuole insegnarci che la costruzione di una famiglia è sottoposta alla soddisfazione delle esigenze abitative e al reperimento del sostentamento. All’interno del brano le parole vengono rivolte alle truppe da due entità differenti, il sacerdote e i comandanti, richiamandosi l’uno a un piano spirituale e gli altri a un piano materiale. Solo per le tre categorie esentate presentate dalla Torah secondo la ghemarà in Sotah (43a) troviamo un coinvolgimento congiunto: il sacerdote parla e i comandanti ripetono. Infatti in questi elementi sono presenti entrambi gli aspetti, ed il piano materiale funge da base per quello spirituale. La ghemarà in massekhet Sotah (44b) come esempio del peccatore che non partecipa alla guerra e viene spedito a casa riporta colui che parla fra i tefillin del braccio e i tefillin della testa. Comprendiamo in maniera distinta che ai combattenti è richiesto un livello morale e religioso molto alto.
Ma perché viene portato proprio questo esempio? I tefillin del braccio e quelli della testa sono differenti fra di loro. I tefillin del braccio sono (Shemot 13,9) un segno per noi, mentre quelli della testa sono un segno rivolto all’esterno (Devarim 28,10): “Tutti i popoli della terra osserveranno che tu sei il popolo chiamato con il nome del Signore e ti temeranno”. Anzitutto un individuo deve riconoscere in prima persona il regno divino. Solo in un secondo stadio si potrà proiettare questa acquisizione all’esterno. Chi parla fra i tefillin del braccio e della testa rompe questa continuità, recide il legame che c’è fra la base e lo scopo superiore che persegue, allo stesso modo in cui deve sussistere la continuità per la casa, la vigna e il fidanzamento. Anche la guerra ha la sua base materiale, fatta di armi, soldati, strategia, ed un livello superiore, fatto di fede e fiducia in H. Chi crede che i due piani siano indipendenti non può prendere parte alla guerra. In questo passo la Torah, descrivendoci quanto avviene nelle guerre facoltative di Israele, mostra che c’è un ordine rigido, che va dal più piccolo al più grande. Prima ci si deve occupare della propria casa e della propria famiglia. Nelle guerre di mitzwah, non è così: quando Israele nel suo complesso si trova in pericolo, tutti quanti, dal primo all’ultimo prendono parte alla guerra. Quando vi è una minaccia per l’esistenza di Israele, il generale prende il sopravvento sul particolare.