Quando leggo un testo i termini rari mi affascinano sempre. Vi è una parola che appare nel Tanakh solo quattro volte, di cui ben due nella Parashah odierna, Shofetim. E’ garzen גרזן che significa “accetta, scure”. E’ menzionata nel versetto che parla delle condizioni in cui l’esercito d’Israele è autorizzato ad assediare una città nemica. Il versetto dice:
כי תצור אל עיר ימים רבים להלחם עליה לתפשה לא תשחית את עצה לנדח עליו גרזן כי ממנו תאכל ואתו לא תכרת כי האדם עץ השדה לבא מפניך במצור
“Quando assedierai una città per molti giorni, combattendo contro di essa per occuparla, non distruggere i suoi alberi colpendoli con l’accetta, perché solo i suoi frutti potrai mangiare, ma l’albero non lo dovrai tagliare. Soltanto l’albero che tu saprai non essere albero da frutto potrai tagliarlo e costruirci strumenti da assedio contro la città che ti fa guerra, finché non sarà caduta” (Devarim 20,19-20).
Nel capitolo precedente della stessa Parashah il vocabolo era già apparso a proposito dei casi di omicidio involontario, che la Torah punisce con l’esilio nelle città-rifugio:
ואשר יבא את רעהו ביער לחטב עצים ונדחה ידו בגרזן לכרת העץ ונשל הברזל מן העץ ומצא את רעהו ומת הוא ינוס אל אחת הערים האלה וחי
“Colui, ad esempio, che sia entrato in un bosco col compagno per spaccare legna, e il suo braccio sarà agitato dall’accetta per spaccare il legno ma il ferro sfugge dal legno e colpisce il suo compagno a morte, egli potrà fuggire in una di queste città e salvarsi la vita” (Devarim 19,5).
Se si analizza il testo ebraico da vicino scopriamo una particolarità. Dal versetto relativo all’assedio impariamo che “agitare l’accetta” per abbattere un albero si dice לנדח עליו גרזן. Nel contesto dell’omicida involontario, invece, l’espressione si presenta grammaticalmente invertita: ונדחה ידו בגרזן significa letteralmente “e il suo braccio sarà agitato dall’accetta”. Qui non è più il braccio a gestire lo strumento, bensì lo strumento gestisce il braccio, derivandone per conseguenza la disgrazia (S.R. Hirsch). Se ne deduce un principio importante. La scienza, la tecnica e anche l’economia, intesa a sua volta come insieme degli strumenti di produzione, saranno scevri da effetti negativi e collaterali solo nella misura in cui l’uomo riesce a dominarli, anziché esserne dominato.
Ma anche il versetto relativo all’assedio ha qualcosa da insegnarci. Se ne ricorderanno nella storia biblica successiva due grandi re: David e Sancherib.
Quando il giovane David era braccato da Shaul trovò rifugio nella città di Qe’ilah, ma per una soffiata fu cinto d’assedio (1Shem. 23, 7-8). Si rivolse allora per aiuto a H. e scrisse il Salmo 31. Tanta era la sua fede che prima ancora di essere liberato ringraziò H:
ברוך ה’ כי הפליא חסדו לי בעיר מצור ואני אמרתי בחפזי נגרזתי מנגד עיניך
“Benedetto H. che mi ha riservato una bontà meravigliosa nella città dell’assedio. Proprio mentre io mi ero detto avventatamente: ‘Sono stato reciso via dinanzi ai Tuoi occhi…” (Tehillim 31. 22-23).
Il verbo נגרזתי (“sono stato reciso”) si trova a sua volta nel Tanakh solo qui e deriva dalla stessa radice di גרזן! Segno evidente del rimando alla nostra Parashah.
Ma il richiamo più forte ai nostri versetti riguarda il potente re assiro Sancherib. Anch’egli fu protagonista di un assedio: non come assediato, bensì questa volta come assediante. La città era Yerushalaim. La situazione appariva ormai disperata, finché un intervento Divino durante la notte provocò una strage dei suoi soldati e il Potente della Terra dovette ripiegare sui suoi passi e lasciare la presa.
Il Profeta Yesha’yahu commentò l’episodio con le parole:
היתפאר הגרזן על החצב בו
“Forse che l’accetta può sentirsi superiore nei confronti di colui che la adopera per tagliare?” (Yesh’yahu 10, 15). Si è mai visto che uno strumento di lavoro possa collocarsi al di sopra del lavorante che lo usa? E’ possibile che il re assiro, semplice strumento nelle mani di D. per punire Israele, possa capovolgere la relazione, ergersi al di sopra di D. stesso e fare ciò che gli pare? No. Esiste una Provvidenza superiore che punirà a sua volta tanta tracotanza. Insomma: il principio non trova applicazione soltanto nelle materie scientifiche e tecnologiche, ma anche nella Storia. Viviamo oggi in un’epoca in cui le normali relazioni di causa-effetto ci appaiono spesso stravolte. Dobbiamo avere fiducia che anche le situazioni che ci appaiono capovolte sono gestite dall’Alto in modo imperscrutabile. D. chiederà conto di tutto.
Il verbo recidere è adoperato nel Tanakh per indicare la stipula di un Patto. Nel linguaggio cabalistico la città da conquistare rappresenta il corpo umano con le sue tensioni e l’albero da frutto da preservare, con la sua ombra e i suoi dolci prodotti, simboleggia i Giusti che con il loro esempio ci tutelano. Resta da capire, a questo punto, che cosa simboleggia l’accetta. גרזן ha il valore numerico di 260, un numero chiave a sua volta. E’ il valore del Nome Tetragrammato di H. moltiplicato per dieci.
Vi domanderete quale sia il quarto e ultimo versetto nel quale appare il termine גרזן nel Tanakh. Descrivendo i lavori di costruzione del primo Bet ha-Miqdash di Shelomoh, il libro dei Melakhim scrive che non vi fu mai la necessità di ricorrere al גרזן per tagliare le pietre e squadrarle (1Melakhim 6,7). Soltanto mediante il Patto possiamo pensare di perpetuare la società giusta che la Torah ha previsto per noi, superando le divisioni attraverso strumenti non violenti. Soltanto mediante il Patto possiamo ritenere di poter indirizzare la nostra stessa persona al Bene che la Torah promette a chi rimarrà fedele a essa. Allora avremo il merito di vedere la ricostruzione del Bet ha-Miqdash, presto ai nostri giorni.