“ve elle Shemot bené Israel – e questi sono i nomi dei figli di Israele….”
Il midrash, (Shemot rabbà 1,1) spiega che “da questo si rileva che gli ebrei schiavi in Egitto, erano tutti tzaddiqim”.
Per quale motivo il midrash interpreta in questo modo?
Si riporta (jalqut shim’onì sulla parashà di beshallach) che il nome originale di Noach era Chaninà; egli si fece chiamare così Noach, affinché gli sgregoni o i maghi dell’epoca, non potessero fare alcun atto di magia o stregoneria, riguardo quel nome, dato che all’epoca, di maghi e stregoni ve ne erano moltissimi.
Anche l’Egitto era un paese dove la magia e la stregoneria andavano per la maggiore, basti pensare al tempo di Giuseppe o addirittura quando Mosè si presenta al cospetto del faraone, dove si narrano gli interventi di stregoneria a corte del faraone.
Nonostante ciò, essi non cambiarono mai il nome; per questo furono considerati tzaddiqim.
Da ciò che viene narrato nella nostra parashà, in Egitto vi erano importanti stregoni e maghi, ma i figli di Israele, non li temerono e continuarono a chiamare i loro figli con nomi ebraici.
Per questo motivo vengono considerati tzaddiqim e per questo furono liberati dalla schiavitù.
La golà ha sempre portato al popolo di Israele, grandi sofferenze ma, nonostante tutto, a distanza di oltre tremila anni, questo non è ancora compreso.
L’assimilazione si vede e si percepisce anche dai nomi con cui vengono chiamati i bambini al momento della nascita.
Mantenere un nome ebraico, vuol dire ricordare sempre gli insegnamenti dei nostri padri; addirittura, chiamare il proprio figlio con il nome dei nostri genitori, vuol dire, oltre ad aver rispetto dell’insegnamento che ci hanno trasmesso, anche mantenere vivo il loro ricordo nelle generazioni future del nostro popolo.
Shabbat shalom