L’undicesimo capitolo di Vaykrà inizia con il comandamento di non mangiare animali che non sono kasher: “Poi l’Eterno parlò a Moshè e ad Aharon, dicendo loro: ‘Parlate così ai figli d’Israele: Questi sono gli animali che potrete mangiare fra tutte le bestie che sono sulla terra. Mangerete d’ogni animale che ha l’unghia spartita e ha il piede forcuto, e che rumina. Ma fra quelli che ruminano e fra quelli che hanno l’unghia spartita, non mangerete questi: il cammello, perché rumina, ma non ha l’unghia spartita; lo considererete come impuro; lo shafàn (coniglio?), perché rumina, ma non ha l’unghia spartita; lo considererete come impuro; la arnèvet (lepre?), perché rumina, ma non ha l’unghia spartita; la considererete come impura; il suino, perché ha l’unghia spartita e il piede forcuto, ma non ruminerà; lo considererete come impuro“ (Vaykrà, 11: 1-7).
R. Chayim ben ‘Attar (Marocco, 1698-1743, Gerusalemme) nel suo commento alla Torà, riguardo alle parole “non ruminerà” scrive che fino a quando non ruminerà sarà proibito, ma nel futuro diventerà un animale ruminante e sarà permesso mangiarne la carne.
R. Peretz Steinberg (New York, 1935-), il decano dei rabbini a Queens, New York, nel suo commento alla Torà, Perì Etz ha-Chayim, fa notare che vi è una mishnà nel trattato Bekhoròt (sugli animali primogeniti, pagina 5b) dove è scritto che se un animale impuro partorisce un tipo di animale puro, quest’ultimo è impuro e non è kasher per via del principio che quello che deriva da un animale impuro è lui stesso impuro anche se ha tutti i connotati di un animale puro. Come sarà quindi possibile che un suino diventi kasher? La risposta è semplice. La prima generazione di suini ruminanti non saranno kasher, ma saranno kasher quelli della generazione successiva, nati da suini ruminanti.
Nella stessa parashà si parla anche degli volatili che non sono kasher. Tra questi vi è la cicogna che in ebraico è chiamata chassidà (benevolente). Il motivo per cui è chiamata cosi è perche si comporta con benevolenza e con compassione con i suoi simili condividendo con loro il cibo che procura. Così spiega Rashì (Troyes, 1040-1105) nel trattato Cholìn (63a).
Ma se questo volatile è così benevolente perché fa parte di quelli che non sono kasher? La spiegazione è che la chassidà si comporta con benevolenza e compassione solo con i suoi simili e non con altri. Questo comportamento non è il chèssed richiesto dalla Torà che vuole che le creature imitino il Creatore che ha compassione e si comporta con benevolenza con tutti. Come sappiamo che questo è il comportamento del Creatore? I Maestri affermano che la Torà inizia con ghemilùt chassadìm (atti di benevolenza) e si conclude con atti di benevolenza. All’inizio il Creatore mostrò benevolenza nei confronti di Adamo ed Eva anche se non avevano osservato l’unico comandamento che avevano ricevuto di non mangiare il frutto dell’albero, facendo per loro delle tuniche di pelli. Alla fine della Torà si comportò con benevolenza con Moshè occupandosi della sua sepoltura, nonostante che Moshè non l’avesse obbedito e avesse colpito la roccia con il suo bastone per fare uscire acqua. Inoltre l’Eterno continuò a fare scendere la manna al popolo nel deserto anche quando fecero il vitello d’oro. La cicogna si chiama chassidà perché si comporta con chèssed con le compagne, ma poiché la Torà richiede un comportamento migliore, non è kasher. E se non è kasher ci è proibito consumarla perché, come scrivono i nostri maestri, mangiando animali proibiti ne assorbiamo la loro natura.