Da una derashà di Rav Sacks
La seconda parte del libro di Shemot e la prima parte di Wayqrà seguono uno schema narrativo attentamente strutturato. Viene costruito il mishkan, poi viene dato un resoconto dei sacrifici offerti in esso. Poi, nella prima parte della parashah di Sheminì, i Kohanim vengono introdotti nelle loro mansioni. Quanto troviamo subito dopo è quantomeno inaspettato, un elenco delle specie animali permesse e proibite, animali terrestri, pesci e volatili.
ùQuale logica seguono queste regole, e perché sono messe proprio qui? Hanno un legame con il Santuario? Elie Munk fornisce un suggestivo suggerimento. Come abbiamo detto tante volte, c’è una corrispondenza precisa fra il mishkan ed il creato. Questo può essere mostrato semplicemente vedendo i termini che compaiono alla fine di Shemot e nei primi capitoli di Bereshit. Il Talmud in Meghillah (10b) paragona la gioia per la costruzione del Mishkan con quella della creazione del mondo. Il mondo è la casa che D. ha costruito per noi, il mishkan la casa che noi costruiamo per lui. Ma, prosegue Munk, il primo comandamento che H. ha dato all’uomo, quello di non mangiare i frutti dell’albero della conoscenza, appartiene alla sfera dell’alimentazione. Le regole alimentari che troviamo in Sheminì sono parallele a quel comandamento. Perché è così? Perché le attività più primarie, che l’uomo condivide con altre specie, sono legate alla riproduzione sessuale e all’alimentazione. Senza riproduzione sessuale non c’è continuazione della specie, senza alimentazione, neanche l’individuo può sopravvivere. Per questo tali tematiche sono state al centro di molte culture, anche radicalmente opposte fra di loro. Ci sono culture edonistiche in cui questi bisogni vengono visti come piaceri e pertanto perseguiti.
Le culture ascetiche invece allontanano queste cose, riducendo l’alimentazione al minimo. L’ebraismo propone un modello differente, né edonismo, né ascesi, ma trasformazione. L’uomo è composto da corpo e anima, e attraverso delle mitzwot specifiche l’uomo ha la capacità di santificare queste attività, tanto che questi ambiti sono fra i principali descrittori di una vita di santità. Ma è possibile andare oltre. Rav Sacks nota che la narrazione dei primi capitoli di Bereshit non è l’unico racconto della creazione del Tanakh. Uno di essi è contenuto negli ultimi capitoli del libro di Yov. Il tema del libro come è noto è la sofferenza del giusto. Gli amici cercano di convincere Yov che questo evidentemente ha peccato, ma Yov rifiuta queste argomentazioni, tanto che, alla fine del libro, appare H. in persona, che nei cap. 38-41 pone una serie di domande, che mostra la creazione del mondo in una prospettiva totalmente differente, non antropocentrica, ma teocentrica. Il modo in cui viene presentato il mondo animale ci sorprende, non vengono presentati animali domestici, ma creature selvagge e indomabili nella loro forza e bellezza, che vivono lontano, alle quali l’umanità è totalmente indifferente. Questo con ogni probabilità è il passaggio meno antropocentrico all’interno della nostra tradizione. L’uomo non è il centro dell’universo, non è la misura di tutte le cose. Molti aspetti della natura non hanno nulla a che fare con l’uomo e con i suoi bisogni. D. crea la diversità. Nel Moreh Nevuchim (III, 13-14) Rambam lo dice molto chiaramente: l’universo non esiste per l’uomo. Ciascun essere esiste per il proprio bene, e non per altro.
Crediamo nella creazione, ma non dobbiamo giustificare l’esistenza di ciascun singolo essere. D. ha creato tutti gli esseri per la sua volontà, alcuni per il loro bene, altri per il bene di altri esseri. E’ assurdo anzi credere che l’universo, nella sua vastità, sia stato creato solo a beneficio dell’uomo. Se è così, se non tutto esiste per noi, le regole alimentari possono essere viste sotto una nuova luce. Ci sono degli esseri, in particolare predatori, che non esistono per soddisfare i bisogni dell’uomo, ma i propri. E’ vero, dopo il diluvio D. ha concesso agli uomini di mangiare carne, ma di una concessione si tratta, volta a scongiurare lo spettro della violenza fra uomini. Si apre così un nuovo capitolo della storia dell’umanità, non ancora l’Eden, ma di certo l’inizio di qualcosa di nuovo. In questo nuovo ordine ci sono delle specie che devono essere protette, vanno lasciate libere, non in balia dei nostri desideri. In questa nuova creazione una serie di creature, in particolare quelle più selvagge riconquistano la loro dignità. Non siamo gli unici padroni dell’universo. Ci sono delle cose che non sono state create per essere consumate da noi.