Da una derashà di Rav Shraga Simmons
Immaginate di organizzare una grande festa, alla quale sono invitati tutti quelli che conoscete. Non si tratta di una festa qualsiasi, una settimana intera di cibo, musica, divertimento. Finita la festa, la situazione si calma, e la gente inizia ad andare. In quel momento il padrone di casa va da alcuni dei suoi migliori amici e sussurra di avere riservato le cose migliori per quando gli altri se ne sarebbero andati. Ogni anno Sukkot richiama l’elemento universalistico, con le offerte dei settanta tori, corrispondenti alle settanta nazioni. Il Tempio non è destinato solo agli ebrei.
Quando il Tempio venne inaugurato, il re Salomone chiese espressamente che venissero ascoltate le preghiere dei non ebrei, che si sarebbero recati lì. Isaia lo definisce una casa per tutti i popoli. Il tempio era il centro universale della spiritualità, il punto di contatto fra il celeste ed il terreno. Se i romani si fossero resi conti dei benefici che apportava, non lo avrebbero mai distrutto. Finito Sukkot, D. aggiunge un giorno speciale, Sheminì ‘atzeret. In quel giorno veniva offerto un unico toro, che rappresentava il popolo ebraico. E’ un giorno di intimità, legato a Sukkot, ma staccato da esso. Il Ramban spiega che esistono due dimensioni differenti, quella del sette e quella dell’otto. Sette è il numero del mondo naturale. Sette giorni nella settimana, sette note nella scala musicale, sette direzioni (i quattro punti cardinali, l’alto, il basso, il centro. Otto, rappresentato da Sheminì ‘atzeret, è la dimensione sovrannaturale.
Questa è la natura del popolo ebraico. Siamo sopravvissuti a tutto, prosperando ben oltre il nostro esiguo apporto numerico. Mark Twain rimase molto colpito da questa esperienza: tutto è mortale, ma non l’ebreo, tutte le forze passano, ma non lui. Qual è il segreto di questa immortalità? Il segreto, come sappiamo, è la Torah, il ponte misterioso che ci collega a D., attraverso il quale interagiamo e comunichiamo, e per mezzo del quale il Signore adempie alla Sua alleanza. Non è quindi un caso che in questi ultimi giorni dei mo’adim autunnali completiamo e iniziamo nuovamente la lettura della Torah. Completiamo ed iniziamo subito per mostrare che la Torah per noi è sempre qualcosa di nuovo, e accorriamo tutti per salutarla. Al contempo iniziamo a chiedere a D. la pioggia, che permette alle benedizioni della crescita e dell’abbondanza di arrivare a noi. Dall’inizio dei mo’adim, da Rosh ha-shanah e Kippur, abbiamo fatto molta strada. Il nostro compito è quello di trasferire l’energia accumulata sul resto dell’anno.