Elogio funebre di rav Elièzer Melamed, rabbino dell’insediamento Har Berakhà, per Hillèl e Yigal Yanìv z.l. assassinati in un attentato il 26.2.2023, e dopo i successivi disordini nella vicina cittadina araba di Hawara, dove sono stati incendiate abitazioni e veicoli arabi.
I nostri Maestri insegnano che ogni ebreo che viene ucciso per il solo fatto di essere ebreo viene chiamato “santo” e gli viene assicurato il mondo a venire. Morendo solo perché ebreo si spoglia delle sue caratteristiche di singolo ed è avvolto dalla santità d’Israèl. Se così hanno detto di ogni ebreo, certamente questo vale per i coloni che si trovano in prima linea negli insediamenti, e certamente vale per Hillèl che aveva da poco concluso il suo servizio militare come sottotenente di vascello, e per Yigal che stava per arruolarsi in una unità combattente. Sono morti prematuramente in questo mondo, ma nel mondo della verità sono stati elevati e santificati nella santità collettiva d’Israèl, fino al punto che nessuna creatura può stare vicino a loro. E come Hillèl e Yigal sono stati elevati nella santità collettiva d’Israèl, tutti i coloni che viaggiano per le stesse strade, diventano come loro un po’ santi.
La sorte e la missione del popolo ebraico, dai tempi di Avrahàm, nostro padre, fino ad oggi, è quella di portare alta la bandiera dell’etica e di portare benedizione al mondo, e per questo, in ogni generazione, veniamo attaccati dai malvagi più crudeli.
Non siamo tornati alla nostra terra per cacciare gli arabi da ciò che è loro, ma per aggiungere benedizione e bene al mondo, dai quali anche gli arabi potranno trarre vantaggio. Ma dal momento che hanno deciso di attaccarci, li combatteremo e vinceremo; tutto questo avverrà nella legalità, per mezzo dell’esercito e della polizia. E chi vuole contribuire maggiormente alla sicurezza, dovrebbe offrirsi volontario per un servizio militare qualificato nell’esercito o nella polizia. Anche se la guerra dovesse durare anni e generazioni, continueremo a difendere il nostro popolo e la nostra terra. Faremo fiorire il deserto e resisteremo a qualsiasi nemico. Se dovremo vivere vivremo, se dovremo morire, moriremo, e dopo di noi continueranno i nostri compagni a “conquistare il monte” (Citazione di Ze’ev Jabotinsky 1880-1940 NdT) e a opporsi a ogni assedio e imposizione.
Cari coloni, chi potrà mai raccontare i vostri piccoli gesti, e di quanto grande è il vostro eroismo, quando anche nel momento di paura continuate a guidare di giorno e di notte, per lavoro o per studio, per le occasioni allegre o per i funerali, e continuate a popolare la nostra santa terra e a difendere con i vostri corpi il popolo e la terra.
Per duemila anni gli ebrei sono stati ammazzati in esilio per la santificazione del nome di Dio. Sono vissuti nell’umiliazione e sono morti nella sofferenza. Popoli e religioni hanno creduto di sostituire il popolo ebraico sostenendo che il nome d’Israèl è ormai perduto e che i suoi figli non torneranno mai alla loro terra. Tuttavia i nostri padri hanno testardamente continuato a credere che verrà un giorno e si avvereranno per Israèl le profezie della Torà, e il popolo ebraico tornerà nella sua terra per portare la parola di Dio e la Sua benedizione al mondo.
E noi oggi, che non siamo migliori dei nostri padri, per merito del loro sacrificio in esilio, e per merito del sacrificio della vita di tutti i santi coloni, abbiamo il merito di vedere realizzate le parole dei profeti: (Yechezkèl 36, 4) «E voi, monti d’Israèl, mettete rami e producete frutti per il mio popolo d’Israèl perché sta per tornareּ… Moltiplicherò sopra di voi gli uomini, tutta la gente d’Israèl, e le città saranno ripopolate e le rovine ricostruite.»
In esilio non abbiamo avuto il merito di seppellire i nostri morti con l’onore dovuto, un funerale numeroso poteva giustificare dei pogrom. Gli ebrei seppellivano in silenzio i loro santi, piangevano la loro morte in segreto, e con grandi sofferenze proteggevano la fiammella in maniera che non si spegnesse.
Noi oggi abbiamo il merito di seppellire i nostri santi con una cerimonia di stato sul Monte Herzl. Beati noi che abbiamo uno stato e un esercito; con l’aiuto di Dio e grazie all’intraprendenza e al coraggio dei nostri comandanti e dei nostri soldati, avremo il merito di opporci ai nostri nemici e di continuare a costruire il paese e a far fiorire il deserto.
27.2.2023
Makòr Rishòn, 3 marzo 2023 – Copertina dell’inserto Yomàn
Traduzione di David Piazza
Kèsher – Comunità Ebraica di Milano – DOMENICA 12 MARZO ORE 17.00
Coloni: gli uomini e le donne che stanno cambiando Israele e cambieranno il Medio Oriente
a cura di Pietro Frenquellucci e Ugo Volli – Introduce e modera Niram Ferretti
ID riunione: 823 6179 9294 – Passcode: 047967