Adina Bar Shalom, famosa attivista per i diritti delle donne potrebbe diventare il prossimo presidente d’Israele.
Anna Momigliano
Adina Bar Shalom non ha frequentato l’università perché glie l’ha proibito il marito. Si era sposata giovanissima, avrebbe voluto studiare psicologia, ma lui le ha detto che non poteva, che l’università non era un posto per donne. Quando di anni ne aveva 14, Adina avrebbe voluto frequentare l’equivalente israeliano del liceo classico: per impedirglielo suo padre, il controverso rabbino ultra-ortodosso Ovadia Yosef, l’ha chiusa, letteralmente, in casa nel giorno del test d’ingresso, poi l’ha spedita a studiare cucito.
Oggi Adina Bar Shalom ha 68 anni, è una famosa attivista per i diritti delle donne e, stando alle indiscrezioni apparse sulla stampa israeliana, a breve potrebbe diventare il prossimo presidente d’Israele.
Il mandato dell’attuale presidente, Shimon Peres, scade a giugno. Peres, che ha quasi 91 anni ed è il più anziano capo di Stato del mondo, certamente si ritirerà a vita privata e a quel punto la Knesset, il parlamento israeliano, eleggerà un nuovo presidente. Adina Bar Shalom ha dichiarato di essere interessata a candidarsi per il partito fondato da suo padre, lo Shas: la notizia è stata prima diffusa dal quotidiano israeliano Maariv, per poi essere confermata dalla stessa Bar Shalom al quotidiano ebraico americano Jewish Daily Forward.
La sua candidatura deve essere ancora formalizzata. Inoltre il suo partito, lo Shas, non è attualmente al governo, e, con appena 11 seggi, è il secondo partito di opposizione dopo i laburisti. Eppure pensare a Bar Shalom come prossimo presidente di Israele non è poi così assurdo, se si tiene conto del momento di profonda tensione – tra destra e sinistra, laici e religiosi, nonché tra “ultra-ortodossi” e i cosiddetti “ortodossi moderni” – che sta attraversando il paese. Infatti, nonostante sia la figlia di un rabbino decisamente schierato a destra, Adina Bar Shalom è una delle poche figure pubbliche che godono di una discreta popolarità trasversale, che uniscono anziché dividere.
Sarebbe, inoltre, il primo presidente donna nella storia di Israele (il paese ha già avuto due primi ministri femmina, Golda Meir negli anni Settanta, e Tzipi Livni, che ha ricoperto il ruolo di premier ad interim nel 2006). Nonché il primo presidente ultra-ortodosso, o “haredì”, nella storia del paese.
Avere un esponente del mondo ultra-ortodosso in una posizione chiave potrebbe tornare utile al governo di Benjamin Netanyahu, in questa delicatissima fase storica. Per anni i “haredì” hanno goduto di una sorta di statuto speciale all’interno della società israeliana: a lungo esentati dal servizio militare (che è obbligatorio per tutti gli altri ebrei israeliani, femmine incluse), sono anche poco presenti nella forza lavoro. Molti uomini infatti dedicano tutto il tempo allo studio dei testi sacri, mentre il compito di mantenere le famiglie, spesso numerosissime, tocca alle donne, che però raramente riescono a racimolare da sole il necessario: il risultato è che molte famiglie religiose vivono sotto la soglia della povertà e per tirare a campare devono ricorrere agli aiuti governativi.
Adesso il governo sta tentando di includere maggiormente gli ultra-ortodossi nella vita politica, economica e sociale del resto del paese. È stata recentemente passata una riforma che rende obbligatorio il servizio di leva anche per i maschi haredì: si tratta di una transizione estremamente delicata, che ha fatto infuriare alcuni rabbini, anche se a dire il vero altri la sostengono.
Contemporaneamente, si sta cercando di includere maggiormente gli ultra-ortodossi – uomini e donne – nel mondo del lavoro: questo è esattamente il campo di Adina Bar Shalom, che nel 2001 ha fondato la prima università “haredì” del paese. Pur andando fiera dei suoi valori e delle sue tradizioni ultra-ortodossi, infatti, Adina non ha mai fatto mistero di ritenere preoccupante un sistema in cui un vasto numero di famiglie deve ricorrere agli aiuti di Stato per nutrire i propri figli.
Anche sulla questione palestinese, Bar Shalom ha dimostrato un punto di vista coraggioso e inusuale: nonostante suo padre, Ovadia Yossef, fosse famoso per le sue frasi molto dure contro gli arabi, lei ha insistito per visitare personalmente la Cisgiordania: è stata ricevuta da Abu Mazen in persona.
Senza mai rinnegare né criticare apertamente l’ultra-ortodossia, da anni Adina si rivolge alle giovani coppie spiegando loro che bisogna trovare il modo di coniugare la tradizione e le esigenze spirituali con l’indipendenza economica, che anche l’istruzione “laica” e “moderna” è una cosa importante. Che il mondo ultra-ortodosso va riformato, dal suo interno, interagendo col mondo laico ma senza per forza imitarlo.
A ben vedere, il punto di forza di Adina Bar Shalom sta proprio in questo, nell’essersi battuta per i diritti delle donne, per l’istruzione dei giovani senza mai avere ripudiato le sue origini. Nell’avere dimostrato, in piccolo, con la sua università, che ebrei laici e ultra-ortodossi possono lavorare insieme, con tutte le loro università. Forse è proprio di questo che Israele ha bisogno.
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