Parashà di Vaerà
Ishai Richetti – Tempio di via Eupili – MIlano
In Parsahat Vaera è scritto: “Ti porterò da Me come popolo e sarò D-o per te; e saprai che io sono Hashem, tuo D-o, che ti salva dal fardello dell’Egitto (mitachat sivlot Mitzrayim).” Nel libro Tiferet Shlomo [scritto da Shlomo Hakohen Rabinowicz, il primo Rebbe della dinastia Chasidica di Radomsk] è scritto che questo pasuk contiene la chiave che permise agli ebrei di poter resistere in Egitto, e mediante la quale furono in grado di uscire dall’Egitto. Questa chiave è nella parola “sivlot”, che significa sofferenza, fardello. C’è una parola simile in ebraico che ha una connotazione completamente diversa, savlanut, pazienza. Il Tiferet Shlomo suggerisce che il motivo per il quale gli ebrei furono in grado di resistere, e infine di essere salvati, era l’attributo della pazienza. Non hanno mai perso la fede che ciò che stava accadendo loro non era una semplice coincidenza, ma era parte di un grande piano. Potevano sopportare la sofferenza perché sapevano che quanto stava accadendo veniva da Hashem. Quando una persona sta attraversando un periodo difficile e non riesce a immaginare il perché è molto difficile sopravvivere a quell’esperienza. Ma se una persona può percepire che D-o mi sta facendo questo, e sa cosa sta facendo, e quindi ad accettarlo, questo è ciò che può dare a una persona la capacità di sopravvivere a qualsiasi prova.
In un’interessante Ghemara in Masechet Berachot [60a] è descritto un episodio: Hillel Hazaken stava tornando a casa da un viaggio e udì delle urla provenire dalla direzione di casa sua. Si disse tra sé: “Sono fiducioso che queste urla non provengano da casa mia”. La Ghemara cita, riguardo a Hillel Hazaken, il versetto “Delle cattive notizie non teme, il suo cuore ha fiducia in Hashem”. [Tehillim 112:7] Dato che aveva una fiducia così straordinaria in Hashem, era sicuro che quei suoni non provenissero dalla sua casa.
Partendo da questo episodio è possibile ricavare una definizione corretta di fiducia in Hashem: Non significa avere fiducia che le cose che accadono andranno bene nel modo in cui una persona spera che accadano. La vera fiducia è sapere che ciò che accadrà è in definitiva la cosa migliore per noi. Fiducia significa credere che qualunque sia il decreto debba essere accettato, perché anche se potremmo non capirlo, dobbiamo avere fiducia che alla fine è per il nostro bene. Quindi, quando la Ghemara dice che Hillel Hazaken arrivato in città, ha sentito delle urla e ha detto: “So per certo che non viene da casa mia”, non era necessariamente perché a casa sua non stava succedendo niente di male. Potreva essere che la sua casa fosse in fiamme o che fosse accaduta una disgrazia. Tuttavia, qualunque cosa fosse, Hillel Hazaken disse: “La mia famiglia non avrebbe urlato” perchè era sicuro di essere stato in grado di instillare nella sua famiglia la fede e la fiducia che qualunque cosa accada nella vita fa parte del grande piano di Hashem. Insegnò loro l’attributo di savlanut, il concetto che si puà ricavare dal pasuk che parla di sivlot Mitzrayim.
Inoltre, per citare le parole del Tiferet Shlomo “Se ai Suoi occhi (di Hashem) è giusto, allora anche ai miei occhi va bene” Questo episodio riportato nella Ghemarà è correlato con un’opinione che lo stesso Hillel Hazaken esprime altrove. Ogni anno al Seder di Pesach, mangiamo la matzà e poi mangiamo il maror. Infine, dopo aver consumato due pezzi della matzà insieme, formiamo una specie di panino fatto di matzà e marror e recitiamo la formula: “Questo è ciò che faceva Hillel quando il Bet HaMikdash era in piedi. Avvolgeva matzà e maror e li mangiava insieme, come è scritto, ‘con matzà e marror li mangerai.’ [Bamidbar 9:11]” Questo cibo viene consumato come una commemorazione della pratica che avveniva nel Bet HaMikdash, secondo l’opinione di Hillel Hazaken. I chachamim notano una connessione tra questa pratica di Hillel Hazaken riguardo al consumo di matzà e maror, e la filosofia di Hillel Hazaken nel racconto della Ghemarà che “le urla che sento provenire dalla città non provengono da casa mia”.
La matzà è il simbolo della redenzione, mentre il maror è il simbolo della schiavitù. Avrebbe quindi senso che questi due cibi simbolici venissero consumati separatamente. Tuttavia, questo non era l’atteggiamento di Hillel Hazaken il quale prendeva la matzà e il maror e li mangiava insieme. Sapeva che esisteva l’esilio e che esiste la redenzione, e che entrambi fanno parte di un unico grande piano e riteneva quindi appropriato mangiare insieme cibi che rappresentano l’esilio e la redenzione, per mostrare che fanno parte di un disegno principale unificato derivante dalla stessa Fonte.
Questo è un insegnamento molto importante ed applicabile alla vita di ognuno di noi. Tutti noi nella nostra vita abbiamo periodi di difficoltà e periodi in cui invece le cose sembrano andare bene. Quello che questa Parashà e Hillel Hazaken ci insegnano è osservare le cose con uno sguardo più ampio. Nei momenti più bui potremmo non vedere la luce ed essere portati a buttarci giù. L’atteggiamento giusto è sforzarci, vedere e credere che D-o ci manda delle prove che sono alla nostra portata, che queste servono a fare emergere le nostra qualità uniche e a farci rendere conto delle nostre potenzialità. Queste potenzialità servono a noi stessi per uscire dalla situazione in cui ci troviamo e possono essere poi messe al servizio del bene comune, per il bene di tutti