Quando il 14 febbraio 1349 migliaia di ebrei furono bruciati a morte
Michelle Zarfati
La maggior parte delle persone tende ad associare il 14 febbraio ad un evento estremamente felice. La festa dell’amore, una giornata dedicata al romanticismo. Eppure, centinaia di anni fa il giorno di San Valentino segnò l’orribile omicidio di massa di migliaia di ebrei. In quella giornata, circa duemila persone vennero bruciate vive nella città francese di Strasburgo.
Era 1349 e la peste nera dilagava in tutta Europa, spazzando via intere comunità. Tra il 1347 e il 1352 uccise milioni di persone. La peste, detta anche bubbonica, venne causata da un batterio chiamato “Yersinia pestis”, comunemente diffuso dalle pulci che vivono sui roditori come ratti e topi. La malattia esiste ancora oggi e infetta migliaia di persone ogni anno. Tuttavia, se presa in tempo può essere curata grazie alla medicina moderna, mentre, nel Medioevo, non vi erano cure mediche per mitigare gli effetti devastanti della peste. Si stima dunque che circa l’80% delle persone che avevano contratto la peste, morì immediatamente.
La prima grande epidemia europea di peste si verificò a Messina, in Italia, nel 1347, e da lì si diffuse rapidamente. La pandemia sembrerebbe aver avuto luogo in Asia centrale. Quando iniziò a diffondersi nelle comunità europee, le persone terrorizzate cercarono un capro espiatorio. A quel punto gli ebrei vennero rapidamente incolpati di essere gli untori. Con l’avanzare della peste nera, i cristiani si rivoltarono contro gli ebrei, accusandoli di diffondere la peste avvelenando i pozzi. Furono molti i cristiani che accusarono gli ebrei di diffondere deliberatamente la malattia, proprio per poter danneggiare la popolazione.
Gli ebrei, spesso costretti a vivere in quartieri sovraffollati e recintati, subirono la peste nera a tassi paragonabili ai loro vicini cristiani. Eppure, nonostante venissero infettati e perdessero la vita in egual misura, furono accusati da molti cristiani di diffondere deliberatamente la malattia per danneggiarli. Le comunità ebraiche si trovarono sotto attacco. Di circa 363 comunità ebraiche europee all’epoca, quasi la metà di queste venne accusate dalla folla di aver causato la peste.
Questi attacchi furono orribilmente violenti. A Colonia, gli ebrei furono rinchiusi in una sinagoga che fu poi data alle fiamme. A Magonza, l’intera comunità ebraica della città venne assassinata in un solo giorno. Gli ebrei furono massacrati e torturati in tutta Europa: Spagna, Italia, Francia, Paesi Bassi e Germania. L’imperatore Carlo IV, imperatore del Sacro Romano Impero, decretò che le proprietà degli ebrei assassinati, con l’accusa di aver diffuso la peste, potevano essere sequestrate impunemente dai loro vicini cristiani. Con questo incentivo finanziario per uccidere gli ebrei, gli attacchi non fecero altro che intensificarsi.
L’atmosfera a Strasburgo, all’inizio del 1349, era particolarmente tesa. La peste nera non aveva ancora raggiunto la città. Tuttavia, il vescovo di Strasburgo, Berthold III, inveì contro gli ebrei, ma i funzionari eletti della città resistettero. Il sindaco Kunze di Wintertur, lo sceriffo di Strasburgo, Gosse Sturm, e un leader laico locale di nome Peter Swaber, difesero a gran voce gli ebrei di Strasburgo. Il 10 febbraio 1349 i cittadini irrequieti ne ebbero abbastanza. Una folla insorse e rovesciò il governo della città di Strasburgo, installando un governo instabile “del popolo”. Il gruppo era sostenuto finanziariamente dai nobili locali, che nutrivano un profondo sentimento antisemita e che speravano di impossessarsi delle proprietà degli ebrei. Uno dei primi provvedimenti fu quindi quello di arrestare gli ebrei della città con l’accusa di aver avvelenato i pozzi cristiani, al fine di diffondere la peste nera.
Venerdì 13 febbraio 1349 fu una giornata indimenticabile per gli ebrei di Strasburgo: una terribile vigilia di Shabbat. Gruppi di guardie armate trascinarono senza riserve donne, bambini e uomini fuori dalle loro case con l’accusa di omicidio. L’unica possibilità di essere risparmiati era convertirsi al cristianesimo, l’alternativa era la morte. Per gli ebrei, il giorno successivo sarebbe stato Shabbat. Per i cittadini cristiani di Strasburgo, il giorno successivo sarebbe semplicemente stato il 14 febbraio: il giorno di San Valentino.
La mattina di San Valentino, una grande folla di curiosi si ritrovò ad ascoltare le parole di un sacerdote locale, Jakob Twinger von Konigshofen. “Hanno bruciato gli ebrei su una piattaforma di legno all’interno del loro cimitero. Ce n’erano circa duemila” disse l’uomo. Al termine del massacro i cittadini locali setacciarono meticolosamente le ceneri, non alla ricerca di sopravvissuti, ma alla ricerca di oggetti di valore. Il governo e i cittadini di Strasburgo non pagarono mai per la barbarie commessa. Pochi mesi dopo, l’imperatore Carlo IV perdonò ufficialmente i cittadini di Strasburgo per aver ucciso gli ebrei della loro città e per aver rubato i loro averi. Così, rapidamente, l’evento venne dimenticato e il 14 febbraio non fu nient’altro che la festa di San Valentino.