Deportato ad Auschwitz non poté farlo a 13 anni
Ariela Piattelli
La settimana della Memoria, che precede la giornata del 27 gennaio, si è aperta ieri nella grande Sinagoga di Roma. Ed è iniziata con un evento unico e lieto, perché Samuele Modiano, 77 anni, reduce dai campi di sterminio nazisti, ha potuto finalmente festeggiare il suo Bar Mitzvà, la maggiorità religiosa che ogni ragazzo ebreo celebra a tredici anni. Originario di Rodi, Samuele detto «Sami», all’età di tredici anni fu deportato ad Auschwitz, insieme ad altri 2500 ebrei greci. Nel cuore dell’inferno non ebbe certo la possibilità di festeggiare il Bar Mitzvà, e ieri, più di sessant’anni dopo, la Comunità Ebraica di Roma ha voluto restituire a Sami una piccola, ma importante parte, di ciò che la vita gli ha tolto.
Dopo la liberazione Sami si chiuse nel silenzio, soltanto due anni fa ha iniziato a parlare della sua esperienza, quando per la prima volta è tornato ad Auschwitz-Birkenau per raccontare ai giovani delle scuole romane l’orrore della Shoah, spinto dalla volontà di trasmettere e perpetuare la memoria. E molti ricordano le parole di Modiano nel viaggio della memoria, quando disse, rivolgendosi a tutti i ragazzi: «Sono oggi in questo luogo per voi, perché voi mi avete dato il coraggio di ritornare qui, e proprio oggi che sono qui voglio trasmettervi la mia esperienza affinché la possiate raccontare ai vostri figli. Non so perché sono sopravvissuto: può darsi che io mi sia salvato per parlare con voi. Sono qui affinché tutto questo non riaccada mai più».
Così ieri avvolto dall’abbraccio collettivo dei bambini delle scuole ebraiche, che hanno intonato un coro in suo onore, e di quegli stessi giovani che hanno ascoltato le sue parole due anni fa ad Auschwitz, Sami, come un ragazzo ebreo che si appresta ad entrare nel mondo degli adulti, ha letto pubblicamente una parte della Torah (Bibbia). Il rabbino capo della comunità capitolina Riccardo Di Segni ha donato poi a Samuele una pergamena e ha spiegato come questa celebrazione rappresenti «per tutta l’umanità un grande messaggio di ritorno alla vita».
Alla cerimonia erano presenti anche il presidente della comunità ebraica romana (Cer) Leone Paserman, Riccardo Pacifici (vice presidente della Cer), il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna, e il sindaco di Roma Walter Veltroni. Sami, finita la cerimonia, ha ringraziato tutti i presenti: «Grazie, perché quello che mi avete dato oggi – ha detto il festeggiato travolto dall’emozione – mi è mancato nella mia infanzia». Un ultimo ringraziamento è andato alla donna della sua vita, la moglie Selma, che anche ieri, come per tutta la vita, gli è stata accanto.
Il Giornale – n. 19 del 2007-01-23 pagina 2