C’è una tradizione secondo cui gli “aseret yemeh teshuva / i dieci giorni di pentimento” – il periodo da Rosh Hashanah a Kippur – corrispondono agli “aseret hadiberot / i dieci comandamenti”. Ognuno dei dieci giorni è in qualche modo associato a una delle dieci parole del decalogo. Secondo questa tradizione, i due giorni di Rosh Hashanah, corrispondono al primo comandamento “Io sono l’Eterno tuo Dio” e al secondo “Non avrai altre divinità al Mio cospetto”. In altre parole, Rosh Hashanah è associato alla fiducia fondamentale nel Signore come Essere Primo (secondo l’espressone del Maimonide), come colui che ha creato e che guida l’universo.
Questo concetto dissipa un equivoco comune sulla comprensione della festa di Rosh Hashanah. Molte persone, purtroppo, vedono Rosh Hashanah come il momento per dare sfogo a una sorta di “frenesia di shopping”. Si è portati a creare una lista mentale di ciò di cui avremmo bisogno per l’anno che sta iniziando e la presentano a Dio. Forse, pensano anche un po’ anche a come possono migliorare sé stessi, ma il loro obiettivo principale è ciò che chiedono a Dio per l’anno a venire.
È facile dimostrare che non è questo il significato di Rosh Hashanah. Basta studiare il testo delle preghiere che dobbiamo recitare in questi giorni.
Se Rosh Hashanah è un ulteriore momento per chiedere per i nostri bisogni, allora dovremmo recitare la stessa preghiera dei giorni feriali, in cui chiediamo intelligenza, perdono, salute, mezzi di sostentamento, giustizia e così via. Ma nulla di tutto ciò compare nella preghiera di Rosh Hashanah, nelle quali, invece, ci si concentrano sul tema di Malkhut / la regalità divina. Questo è il giorno in cui riaffermiamo che Dio è il nostro Re, quando riconosciamo il Suo dominio.
I sovrani tenevano una cerimonia di incoronazione ogni anno per riaffermare il loro potere sui sudditi. Questo è ciò che facciamo a Rosh Hashanah: proclamiamo ancora una volta la nostra fedeltà a Dio e riconosciamo che, essendo Suoi sudditi, Egli ci giudicherà in base alla nostra fedeltà.
Rosh Hashanah riguarda la volontà di Dio e non la nostra. È un momento per rinnovare la nostra accettazione della Sua sovranità illimitata.
Naturalmente, abbiamo anche il diritto / dovere di domandare ciò di cui abbiamo bisogno. Ma questa non è l’essenza di Rosh Hashanah. Questo rinnovamento della nostra accettazione della regalità di Dio include il rafforzamento della nostra fiducia nella Sua provvidenza, nel fatto che Egli esercita un controllo assoluto sulle nostre vite e sul mondo in generale. Nulla accade a meno che Dio non lo voglia.
Il Baal Shem Tov (Israel ben Eliezer, 1698-1760), il fondatore del movimento chassidico, insegnava che c’è uno scopo per ogni foglia che cade da un albero, e un motivo per cui è caduta in quel preciso momento e in quel preciso punto. A Rosh Hashanah è Yom Tov shel emuna / la festa della fiducia in Dio, nel quale dobbiamo rafforzare la nostra fiducia nel fatto che Dio controlla tutto ciò che accade e che anche gli eventi che sembrano avversi sono in realtà a nostro beneficio. Pertanto, Rosh Hashanah non è un momento per fare richieste; è un momento per riaffermare la nostra convinzione che, anche quando le nostre richieste non vengono esaudite, tutto è per il meglio, perché il Signore sa molto meglio di noi di cosa abbiamo bisogno.
Questo principio, forse, risponde alla domanda del perché il secondo giorno di Roash Hashanah, leggiamo il brano della Torah che tratta dell’Akedat Itzchaq / la legatura di Isacco. Questo capitolo del libro della Genesi, che racconta di come Abramo si preparò a offrire il suo amato figlio Isacco in sacrificio in adempimento del comando divino, si conclude con una serie di versetti che raccontano della nascita di figli e nipoti di Nachor, fratello di Abramo.
A prima vista, potremmo chiederci: in che modo questi versi siano rilevanti per Rosh Hashanah? Perché è importante per noi leggere dei figli e dei nipoti di Nachor in questo giorno?
La risposta, forse, è che questi versi rappresentano il completamento della prova del sacrificio.
In effetti dovremmo vedere in modo speculare le vite dei due fratelli figli di Terach.
Abramo e Sara ebbero finalmente un figlio in tardissima età, dopo decenni di preghiere e attesa. Un figlio che poi Abramo dovette quasi ucciderlo con le sue stesse mani. Allo stesso tempo suo fratello, generò numerosi figli e nipoti senza alcun ritardo o difficoltà.
Abramo dedicò la sua vita alla gentilezza e al servizio di Dio, mentre suo fratello era un idolatra. Quale prova più difficile potrebbe esserci per Abramo. Vedere il fratello Nachor avere successo e prosperare mentre lui aveva dovuto superare almeno dieci prove di grande sofferenza. La decima prova, l’ultima, quella che gli chiedeva di sacrificare quel figlio tanto atteso, fu certamente molto difficile. Ma non meno difficile da sopportare fu la notizia, che Abramo ricevette subito dopo aver dimostrato la sua incrollabile devozione a Dio, del successo del fratello idolatra.
Questa analisi del brano, è fondamentale per per la nostra riflessione nel giorno di Rosh Hashanah.
Dobbiamo essere capaci di rimanere fedelmente devoti a Dio anche se non scorgiamo come questa devozione ci porti benedizione e successo. Indipendentemente dal tipo di difficoltà che stiamo affrontando, dobbiamo continuare, o cominciare, o riprendere, a studiare ed osservare la Torah. Nella consapevolezza che il Signore è sempre gentile e clemente e che compiere la Sua volontà è sempre benefico.
Certo, speriamo di essere benedetti con un anno buono e dolce, ma a Rosh Hashanah proclamiamo che anche quando le nostre vite non sono “dolci” e affrontiamo sfide difficili, rimarremo comunque fermamente devoti a Dio, riconocendo che tutto ciò che Egli fa, è comunque per il meglio.
E lo riconosceremo come popolo, esistenzialmente minacciato da un mondo ostile ma sostenuto da un Dio amorevole. Con l’acronimo della data del prossimo anno 5786 – תשפ״ו “ת׳הא ש׳נת פ׳דותנו ו׳דאי / sia l’anno del nostro riscatto certo”, auguro a tutti Shana Tova umvorechet!