Grande è la parashà che leggeremo questo shabbat! In essa il Signore D-o ci dà la possibilità di scegliere per la nostra vita: “Reè anokhì noten lifnekhem hajom berakhà uklalà – Guarda io oggi vi porgo davanti alla benedizione e alla maledizione “. Più avanti, sempre nella stessa parashà troviamo scritto: ” ecco io porgo davanti a te la vita e la morte, il bene e il male ma sceglierai la vita”; secondo i commentatori questi passi vanno sotto il nome di “libero arbitrio – ha bechirà ha chofshit”; ma come un padre nei confronti dei propri figli, il Signore consiglia di scegliere il bene e quindi la vita.
Proprio come un padre, il Signore indicherà al popolo di essere i “figli per il vostro D-o – banim attem lA’ Elokhechem “, prima di elencare quelli che sono gli animali permessi alla alimentazione e quelli proibiti.
Il Maimonide, grande medico oltre che Maestro del popolo ebraico, sostiene che proprio come un genitore si preoccupa della salute dei figli, così il Signore ci indica i cibi permessi e quelli proibiti che metterebbero in pericolo la nostra salute.
Anche il Nachmanide, sostiene che le regole della kasherut servono ad avere una condizione di buona salute.
Di idea diversa è il grande Maestro Don Izchak Abrabanel il quale sostiene che le regole della kasherut servono a preservare si una buona salute, ma morale; in quanto il popolo ebraico essendo un goi kadosh – un popolo distinto deve mantenere le proprie abitudini anche quelle più materiali come il cibo, diverse e distinte dagli altri popoli.
Rashì infatti, commenta il versetto di Vaikrà “Kedoshim tihjù – Siate distinti ” dicendo perushim tihjù – siate separati, dai popoli che vi circondano e guardatevi bene dal non emularli.
Proprio come dei figli diversi, sin dai primi giorni dalla nascita del nostro popolo, ci siamo assunti l’onere di eseguire ognuno dei Comandamenti divini, con l’affermazione naasè ve nishmà – faremo e ascolteremo .
Per questo, a differenza di tutti gli altri popoli che esistevano da secoli, molto più strutturati rispetto a noi, il nostro popolo viene considerato diverso e particolarmente caro all’Eterno. Non a caso ci è stato concesso un periodo particolare dell’anno, in cui possiamo rivolgerci a Lui, senza che nessun altro possa interferire.
Questo periodo è il mese di Elul, che è l’ultimo mese dell’anno e che inizia proprio questo shabbat. In questo mese noi ci disponiamo ad incontrare da vicino il Creatore, per esprimerGli tutta la nostra gratitudine, l’amore che nutriamo per Lui e, proprio come si fa con un genitore, a chiederGli tutti i nostri bisogni e le nostre necessità.
Il mese di Elul, chiamato chodesh ha selichot ve ha rachamim – il mese delle suppliche e della bontà divina ricorda anche, quando Mosè dopo aver rotto le Tavole della Legge a causa della colpa del vitello d’oro, di cui si era macchiato una parte del popolo, fu richiamato da D-o sul Monte Sinai per ridare loro le seconde Tavole.
Per evitare che con la sua assenza il popolo tornasse a peccare, Mosè diede ordine di suonare lo shofar per tutto il tempo in cui sarebbe stato sul Monte.
Alla sua discesa, quaranta giorni dopo – il 10 di Tishrì – il popolo ricevette per la seconda volta i Dieci Comandamenti e il perdono divino.
Per questo motivo alcuni usano, per tutto il mese, suonare lo shofar.
Noi usiamo suonarlo soltanto i giorni di Rosh chodesh.
Lo shofar, le selichot e il migliorare il nostro comportamento, ci porteranno al perdono divino per le colpe commesse durante l’anno, nei confronti dei nostri fratelli.
Questo mese, che precede rosh ha shanà e Jom Kippur, deve essere lo spunto e l’incentivo per superare ogni barriera che ci separa dal nostro prossimo e da D-o, rivolgendosi al prossimo in funzione proprio di D-o e per questo fare teshuvà.
Possa il Signore D-o accogliere le nostre richieste e perdonarci delle nostre colpe – volontarie e involontarie – facendoci raggiungere una teshuvà completa.
Shabbat shalom e chodesh tov.