Roma, 14 febbraio 1952
Relazione dattiloscritta, con correzioni a mano di Elio Toaff, in cui il rabbino capo accetta l’incarico e fa una stima degli obiettivi che si prefigge di raggiungere per risollevare ebraicamente la comunità romana.
Si tratta di una testimonianza per certi versi straordinaria. Rav Toaff intuisce, nel giro di pochi mesi dalla sua nomina, quali gravi problemi minacciano la sopravvivenza della più antica comunità ebraica della diaspora: l’abbandono delle pratiche religiose (rispetto del sabato, regole alimentari e bagno rituale), scarsissimo studio e pochissima offerta didattica per i bambini e i giovani, gravissima situazione economica e diffusa povertà, mancanza di un luogo di incontro per le nuove generazioni, preoccupante crescente numero dei matrimoni misti.
Davanti a questa enorme mole di problemi, rav Toaff getta il cuore oltre l’ostacolo e subito propone alcune soluzioni. Sessanta anni dopo, grazie al lavoro di rav Toaff – insieme a tanti che hanno condiviso la responsabilità della guida della Comunità – molti di quei problemi sono stati risolti. Altri ne rimango, ma è una storia che dovrà essere ancora scritta.
Giacomo Kahn
[…] In queste mie brevi note io desidero esporre solamente quanto ritengo indispensabile fare – in questo mio primo anno di attività – onde arrestare la decadenza purtroppo ognor crescente della vita ebraica di questa Comunità […].
La missione del Rabbino – come ognuno sa – deve tendere principalmente a tre scopi: incrementare l’osservanza delle prescrizioni rituali, diffondere la conoscenza dell’idea dell’ebraismo attraverso l’istruzione ed infine provvedere alla elevazione delle classi socialmente più arretrate. Allo stato attuale delle cose esistono a Roma soltanto pochissimi shomerè shabbath (osservanti del sabato) ed il loro numero va sempre più assottigliandosi per ragioni non sempre giustificate […].
Io mi propongo di far si che specialmente coloro che non hanno una attività fissa o alle dipendenze di altri, rinuncino al lavoro sabbatico, cercando di provvedere io stesso – nei casi in cui le condizioni finanziarie degli interessati siano tali da non permettere loro di rinunciare al guadagno – a dar loro quanto è necessario per vivere in quel giorno […].
Uno dei servizi principali della Comunità è certamente quello della macellazione casher, che permette ad ogni ebreo di osservare le leggi alimentari ebraiche. Di questo servizio purtroppo si serve un numero limitato di ebrei per ragioni varie: ad esempio si lamenta che in una città grande come Roma ci sia un solo negozio che venda carne casher […].
Debbo inoltre lamentare che il prezzo della carne casher è superiore a quello della carne non casher […].
Un provvedimento si impone quindi e cioè: il prezzo della carne deve essere diminuito. Quanto poi alla istituzione di un secondo negozio di macelleria, ritengo che questo problema sia connesso con quello dello shoheth. Attualmente l’unico shoheth che noi abbiamo è insufficiente a sbrigare il lavoro normale […].
Secondo me, come per il passato, bisognerebbe che la Comunità potesse avere due shohetim, i quali potrebbero svolgere le loro mansioni e dare oltreché la piena tranquillità che la carne sarebbe perfettamente in regola sempre, anche la possibilità dell’apertura di altro negozio in altra parte della città. Un altro servizio indispensabile è quello del bagno rituale, che la Comunità ha di recente istituito a decoro e pulizia assoluta. Purtroppo il numero delle donne che periodicamente vi si recano è insignificante. Io penso che una delle ragioni per cui questa mizvah è andata in disuso sia oltreché per la sopracitata decadenza della vita ebraica, anche perché il bagno rituale viene fatto pagare. Occorre far tornare il precetto alla sua primitiva osservanza: è certamente indispensabile che venga fatta una acconcia propaganda da parte dell’ufficio rabbinico, ma occorre anche che la Comunità stabilisca di fornire il servizio gratuitamente a quelle signore se ne varranno regolarmente. Per quanto riguarda l’incremento della conoscenza dei doveri e della scienza ebraici, io sono persuaso che solo attraverso l’istituzione di corsi per tutti gli strati della popolazione ebraica romana, si possa arrivare ad un qualche risultato […].
Istituire un corso per i giovani che frequentano le scuole medie governative in modo che l’istruzione ebraica dei giovani non venga a cessare con la cerimonia del bar mizvah. E’ evidente che si tratta di istituire varie classi corrispondentemente ai gradi di preparazione degli allievi […].
Come complemento a ciò e sempre nell’intento di richiamare ad una maggior coscienza ebraica le giovani generazioni, ho in animo di ripristinare la Minchah degli studenti alle tre pomeridiane del sabato, per dar modo a coloro che frequentano la scuola dello Stato di andare al Tempio almeno una volta per settimana […].
In questo anno poi occorre gettare le basi perché l’anno prossimo possano funzionare corsi di scuola media o quanto meno il primo corso della scuola media ebraica […].
Per cercare di elevare socialmente il nucleo ebraico romano, a mio avviso bisognerebbe rivolgere subito la nostra azione verso i bambini, i ragazzi ed i giovani. Troppe volte abbiamo dovuto lamentare lo stato in cui vivono i nostri bambini abbandonati a se stessi per le strade della città, non avendo la possibilità di stare in una casa con un minimo di igiene e di comodità. Questo stato di abbandono fa si che i genitori meno attaccati alla fede avita e meno coscienti della necessità di allevare i figli in ambiente ebraico per farli diventare un giorno elementi attivi e consapevoli nella Comunità, li affidino alle cure di istituti confessionali cattolici. E’ inutile che mi dilunghi su questo argomento di vitale importanza: è dovere della Comunità di riprendere questi bambini dagli istituti dove sono stati accolti e di affidarli a mani ebraiche che possano dar loro una educazione tradizionale siccome si conviene […].
Occorre creare poi un luogo di ricreazione dove le mamme possano portare i loro figli, togliendoli alla strada […].
Pertanto è mia intenzione di organizzare una sala cinematografica e di ricreazione affinché alcune volte alla settimana noi possiamo tenere in sano ambiente ebraico questi ragazzi per dar loro, insieme alla svago, anche opportune nozioni di educazione e di cultura […].
L’aiuto che la Comunità ha promesso alle organizzazioni giovanili deve essere effettivo ed efficace: una sede per le riunioni dei maestri per la loro istruzione ebraica e la più larga comprensione per i loro problemi debbono formare la base sulla quale la Comunità deve impostare le sue attività a favore dei giovani. Non sarà mai detto troppo che il numero dei matrimoni misti va assumendo in questi ultimi tempi – e forse proprio per lo sbandamento in cui sono lasciati i giovani – proporzioni veramente allarmanti. Questo fenomeno in verità tende a distruggere la compagine della Comunità e del popolo ebreo e deve essere combattuto con ogni mezzo […].
Non mi nascondo che questo programma verrà ad incidere assai profondamente sulle finanze non floride della Comunità; ma io sono convinto che non appena i nostri correligionari fossero di fronte alle prime realizzazioni, tutte istituite pel loro esclusivo interesse, troverebbero la maniera di essere generosi e di ricompensare le nostre fatiche non lesinandoci il loro aiuto finanziario, oltreché morale. Sia pertanto ben noto a tutti che nella formulazione di questi programmi nessuno è mosso da interesse personale o da desiderio di mostrare una attività che porti lustro e onore al proponente od ai realizzatori, ma solo dal grande desiderio di volere la Comunità di Roma assurgere a quel grado di ebraicità e di fama che le compete quale massima Comunità ebraica d’Italia […].
https://www.ansa.it/documents/1429529737267_DiscorsoaunannoinsediamentoAdef.pdf