Vissuto tra il decimo e l’undicesimo secolo, il poeta ebreo è ancora oggi una guida di conoscenza e di saggezza
La tv francese ha di recente portato a conoscenza del pubblico che lo scrittore francese che ha avuto e ha ancora più successo non è Victor Hugo, nè Descartes ma Rashi, un commentatore e poeta ebreo che ha scritto le sue opere in ebraico, con molte parole traslitterate in un francese antico del decimo secolo. Qual è dunque il fascino che esercita ancora questo scrittore quasi sconosciuto ai più?
Vissuto a cavallo tra il decimo e l’undicesimo secolo, Rashi dalle iniziali del nome – vignaiolo e interprete della Bibbia e del Talmud, vissuto a Troyes – è l’autore del primo commento in ebraico stampato nel 1474 da Avraham Ben Garton, a Reggio di Calabria, e poi tradotto e diffuso in tutto il mondo: la Comunità ebraica sarebbe scomparsa di lì a poco per l’editto del 1492 di Isabella la Cattolica regina di Spagna.
A cosa è dovuto il fascino che ancora esercita il personaggio, tanto che le sue opere sono tradotte in tutte le lingue del globo?
Rashi vive in un periodo turbolento, ma riesce a mantenere quell’equilibrio e quella visione della realtà che, nel corso del tempo, lo ha reso compagno di tutte le persone che si sono avvicinate ai testi sacri.
Intanto, nonostante il suo sapere, la qualità che caratterizza il maestro è l’umiltà: nella sua scuola fondata a Troyes insegnava ad essere pronti a esprimere le proprie idee anche se in contrasto con quelle del maestro stesso, perché solo così il sapere poteva progredire. Il suo commento spazia in tutti i campi dello scibile e ha lo scopo di rendere accessibile il messaggio biblico all’uomo, secondo il principio “La Torà non è in cielo, ma nelle mani dell’uomo che deve interpretarla”.
Rashi ha le sue fonti nel Talmud, ma la sua grandezza sta nelle scelte che fa: i suoi insegnamenti sono validi anche per l’uomo moderno. Analizziamo alcuni aspetti del suo pensiero.
La donna non è stata creata dalla costola di Adamo, ma da un suo lato: questo il significato della parola che compare nella creazione della donna e anche nel Tabernacolo: il primo Adamo sarebbe stato creato bifronte e solo con la divisione in due del suo corpo, il lato femminile avrebbe potuto entrare in relazione con quello maschile: la coppia diventa un Tabernacolo, segno della presenza divina nel mondo umano. Rashi sostiene che la donna è seme divino, e quindi i figli sono il risultato dell’unione tra uomo e donna (una sola carne, suona il testo biblico); Aristotele invece affermava che solo il maschio è la forza attiva.
Rashi vive nel periodo delle prime crociate: vede i crociati che passano sotto le sue finestre per andare a combattere contro i musulmani e liberare il Santo Sepolcro, dopo avere cancellato intere comunità ebraiche. Era la fine dell’Ebraismo? Proprio ispirandosi al conflitto su Gerusalemme, Rashi apre il suo commento al Pentateuco: il Signore ha destinato la Terra Santa al popolo ebraico e ciò che accadeva era solo momentaneo: i cristiani e i musulmani riconoscono il valore del testo sacro e quindi anche che il Signore aveva destinato la Terra Santa agli ebrei. Non siamo qui davanti a un Sionista del Ventesimo secolo, ma al maestro rispettato da tutti da oltre mille anni. Rashi insegna che bisogna solo avere pazienza: la Chiesa ha riconosciuto la legittimità dello Stato ebraico e anche l’Islam finirà per farlo.
Difficile pensare alla pace quando il testo non sembra avere alcuna relazione con essa. Rashi sostiene che la pace in realtà va cercata in ogni manifestazione dell’uomo e fa il confronto tra il destino toccato alla generazione colpita dal Diluvio e quello riservato ai costruttori della Torre di Babele: la prima viene distrutta per avere riempito la terra di violenza (Hamas dice il testo biblico); i costruttori della Torre invece parlavano tutti la stessa lingua, si amavano e volevano rimanere uniti: per questo motivo vengono solo dispersi sulla faccia della terra. L’amore prevale sulla violenza.
Nel decimo e undicesimo secolo, dopo che il Papa francese Urbano II incitò i cristiani ad andare a liberare il Sacro Sepolcro, le Comunità ebraiche della Francia e della Renania subirono dei pogrom tremendi con massacri di uomini donne e bambini. È chiaro che è impossibile dialogare con la spada alla gola (o ti converti o ti ammazziamo): nei suoi commenti, Rashi richiama gli ebrei a resistere, tanto che molti preferirono suicidarsi per non abiurare. Era necessario fare due operazioni: dare una corretta interpretazione dei testi che parlavano del Messia senza aprire polemiche: per la sua indiscussa conoscenza dei testi, Rashi sa come consolare i membri delle Comunità, perché la furia antiebraica e i pogrom che l’accompagnavano sarebbe finita.
Ieri e oggi, la ricerca della verità e della giustizia è cosa fondamentale per Rashi. Tuttavia, sottolineando uno degli insegnamenti dei maestri, egli sostiene che ci sono situazioni in cui le parti in conflitto devono ricercare un compromesso, che sia sinceramente voluto ed espressione di verità: per questo nelle contese è necessario un Tribunale di arbitrato imparziale. La forza di Rashi è che in fondo parla a ogni persona di ieri o di oggi.
Ecco il fascino e il successo che riscuote ancora oggi Rashi, uomo del Medioevo: l’umiltà accompagnata allo studio, al rispetto delle opinioni altrui, la ricerca del compromesso. La società francese, ma anche la nostra, ha un modello cui ispirarsi.
https://www.repubblica.it/cultura/2024/05/30/news/rashi_il_maestro_del_talmud-423135615