Durante la guerra un piccolo israelita fu protetto dai compagni di scuola. Tradate, Joel e Pietro si ritrovano dopo 70 anni. Da Israele il riconoscimento di «Giusti fra le nazioni»
Claudio Del Frate
TRADATE (Varese) – «Nessuno di voi conosce un bambino ebreo?» domanda la maestra. E fu allora che in classe tutti tacquero. Era una mattina del 1944, erano gli anni bui della guerra, dei nazisti che occupavano l’Italia, delle leggi razziali che avevano aperto la strada dell’Olocausto. Quel silenzio, quel piccolo grande gesto di eroismo dei bambini di Tradate ha salvato dalla morte un piccolo ebreo che era in mezzo a loro, sotto mentite spoglie. Quasi settanta anni dopo Joel Diena, il bambino israelita divenuto nel frattempo medico a Ottawa, in Canada, ha riabbracciato i suoi salvatori: Peppino Pellegatta, che oggi ha 80 anni e che a Joel insegnò a giocare a carte, ma soprattutto Pietro Lomazzi, settantaquattrenne, che per quattro anni divise la sua casa con la famiglia di Joel.
TRADATE (Varese) – «Nessuno di voi conosce un bambino ebreo?» domanda la maestra. E fu allora che in classe tutti tacquero. Era una mattina del 1944, erano gli anni bui della guerra, dei nazisti che occupavano l’Italia, delle leggi razziali che avevano aperto la strada dell’Olocausto. Quel silenzio, quel piccolo grande gesto di eroismo dei bambini di Tradate ha salvato dalla morte un piccolo ebreo che era in mezzo a loro, sotto mentite spoglie. Quasi settanta anni dopo Joel Diena, il bambino israelita divenuto nel frattempo medico a Ottawa, in Canada, ha riabbracciato i suoi salvatori: Peppino Pellegatta, che oggi ha 80 anni e che a Joel insegnò a giocare a carte, ma soprattutto Pietro Lomazzi, settantaquattrenne, che per quattro anni divise la sua casa con la famiglia di Joel.
Lo Stato di Israele ha conferito il titolo di «Giusti tra le nazioni» a Erminio e Ada Lomazzi, i genitori di Pietro, titolari di una locanda nella frazione di Abbiate Guazzone che fu il nascondiglio della famiglia Diena. Martedì la cerimonia di consegna dell’onorificenza è avvenuta simbolicamente al liceo «Curie» di Tradate, presenti Dan Haezrachy, dirigente dell’ambasciata d’Israele in Italia e il capo della comunità ebraica milanese Pietro Laras. Erminio e Ada Lomazzi non ci sono più e il riconoscimento è stato ritirato dal figlio Pietro, che per l’occasione ha riabbracciato il vecchio amico Joel, a settant’anni da quei giorni tristissimi e fatali.
«Ero piccolo, non ricordo come i miei genitori decisero di dare protezione ai signori Diena – racconta Pietro -. Ricordo però che per noi bambini era una cosa normale: Joel veniva a scuola, giocava a pallone con tutti, “era” uno di noi, anche se tutti sapevano del pericolo a cui era esposto. Soltanto a distanza di tanti anni mi rendo conto del rischio che ha corso anche la mia famiglia. Perché lo hanno fatto? Perché i miei genitori erano persone buone, punto e basta».
Finita la guerra, scampato il pericolo della deportazione, Joel e la famiglia si sono trasferiti prima a Milano (i genitori avevano un laboratorio di pellicceria) e poi in Canada. Lomazzi ha fatto il calciatore (cinque campionati in serie B con il Novara) per poi diventare impiegato comunale. «Nella mia vita ho avuto cinque figli e 25 nipoti – ha detto Joel Diena nell’aula magna del liceo di Tradate – ma io e tutti loro dobbiamo la vita a Carlo e alla sua famiglia». Il «salvato» rievoca poi la drammatica mattina in cui rischiò di essere scoperto: «La maestra chiese se qualcuno per caso conosceva degli ebrei. Ma nessuno in aula fiatò. Poi ci fece fare un tema proprio sulla razza. Ricordo che corresse alcune frasi del compito del mio amico Peppino perché erano troppo buone e perché non aveva usato termini come “usurai” e “strozzini”».
Dopo la cerimonia Joel e Pietro sono usciti dalla scuola, hanno camminato per Tradate in cerca della vecchia locanda. «Ma non c’è più – ha detto il figlio di Ada ed Erminio -, al suo posto hanno costruito un palazzone. I ricordi e l’amicizia, invece, quelli non scompariranno mai».