Puntuale risposta di Fiamma Nirenstein al ritratto al vetriolo di David Parenzo fatto ieri da Luigi Mascheroni
L’ebraismo è una cosa molta seria, molto forte e molto delicata nello stesso tempo: le sue regole, le sue norme sono sopravvissute a persecuzioni e ad assedi, mantenendo in vita un senso religioso e nazionale che ha dimostrato il suo valore oltre ogni umana aspettativa. Questo vale per gli ebrei e per i laici. Chi non lo capisce, chi vede queste regole, queste tradizioni nel cibo, nella preghiera, nelle feste comandate come stupidi residui, addirittura come una recita, un intrattenimento sociale richiesto dal conformismo o dall’opportunità, fa un grave errore.
Odio dire male del mio Giornale, di cui sono da anni un’editorialista a volte di idee molto specifiche in politica internazionale, sempre in lotta contro l’antisemitismo, certamente molto ebrea. Ma al mio stimato collega Luigi Mascheroni, che commentando in un pezzo con approccio particolarmente ironico il lavoro, per altro professionalmente molto riconosciuto, del giornalista David Parenzo, vorrei dire che sbaglia l’approccio al tema dell’ebraismo. Tanto lo fa, in quel pezzo, da avvicinarsi a stereotipi che certamente disapprova.
Intanto l’uso immediato in una filastrocca del nome di Dio per ridere su quanto Parenzo sia ebreo, è una cosa così stonata all’orecchio di chi considera quel nome così alto da essere impronunciabile, che davvero non si capisce come sia venuto in mente di spiaccicarlo là: perché mai? Solo perché è ebreo e gli è proibito? È una caduta di stile? Se non lo è, certo lo è l’elenco successivo «Torah, Menorah» come si trattasse di vizi, di stupide futilità, come dicessi in lista per ridere delle credenze cristiane: «verginità della Madonna, il bambin Gesù, la resurrezione, i santi protettori..». E li indicassi senza spiegazione non in un saggio ma in un articoletto come segnali di mentalità ridicola, opportunista e retrograda. Diventa qui oggetto di scherno anche l’osservanza di Shabbat, col divieto del telefono e di accendere la luce. Il mio collega certo sa quanti milioni di famiglie, di intellettuali magnifici, di soldati di Israele che sanno rischiare la vita per il popolo ebraico rispettano il sabato. Io, che sono un’ebrea laica, ho un enorme rispetto per questa bella tradizione, mi sforzo di fare del Sabato, a modo mio, un giorno diverso.
E infine, ma non meno importante, chi pensa che digiunare per Kippur sia una forma di opportunismo, di destra o di sinistra, davvero non ci conosce, noi ebrei. Io digiuno sempre per Kippur, noi digiuniamo per Kippur. Quasi tutti. Cosa viene dopo questo? Ironia sul brit mila? E da parte nostra sul battesimo? Si chiamerebbe guerra di religione.
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