Il 9 settembre del 1941 aerei italiani bombardarono inutilmente la città israeliana allora sotto mandato britannico
In un racconto di Singer della raccolta “Vecchio Amore” una donna che vive a Tel Aviv scrive triste al suo amato a New York della paura e della miseria che strozzano la vita degli ebrei in Palestina per le notizie che giungono dall’Europa e per l’idea che la guerra si espanda nel Vicino Oriente. Nella lettera la donna scrive anche che a questo si aggiungono le bombe che gli italiani hanno sganciato su Tel Aviv. Era il 1941.
Dopo otto anni dalla lettura di quel racconto, ecco di nuovo un altro riferimento all’episodio, nel romanzo di Shulamit Lapid “E forse non sono stati”, che spero presto sarà tradotto in italiano. Il romanzo parla di una giovane coppia di ebrei transilvani che si trasferisce in Palestina nei primi anni Trenta. La loro vita a Tel-Aviv non é come se la immaginavano: dalle dolci e verdi montagne transilvane si sono trasferiti in un luogo caldo umido, pieno di sabbia dove non ci sono frutteti e mulini e dove invece la fame e la miseria si fanno sentire. Un giorno Miki va al lavoro e quando tutti tentano di scappare in cantina perché le bombe piovono dal cielo lui corre per le strade tra deflagrazioni e macerie per andare dalla sua Sidi e dalla piccola Shoshana. Il romanzo racconta di quali case sono state sventrate (non lontano da dove vivo io ora), di quante persone sono state uccise (137), di come abbiano radunato i corpi nella scuola in via Balfur per accompagnarli al cimitero di via Trumpeldor il giorno dopo.
Nella memoria collettiva di Tel-Aviv, di chi ci viveva allora, il bombardamento degli italiani é un episodio che ha stupito e colto di sorpresa chiunque leggesse i giornali, si occupasse di politica, parlasse delle rovine del mondo. L’Italia non era di certo amica dopo le leggi razziali e il patto con Hitler. L’Italia non era più la terra che forse si sarebbe salvata dopo che era entrata in guerra al fianco della Germania.
In realtà i bombardamenti a Tel-Aviv sono stati due. Il primo é avvenuto il 9 settembre 1940, subito dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il secondo invece é avvenuto il 12 giugno 1941. Per quale strana ragione Tel-Aviv sia finita nell’occhio del mirino é ancora un mistero.
Oltre le speculazioni storiche, é incredibile passeggiare ora per le vie che settant’anni fa sono state colpite dalle bombe italiane, in questa città che ogni giorno ostenta il suo interesse per il godimento della vita. Ancor più strano é leggerne i dettagli nelle pagine di un libro che forse non verrà mai tradotto in italiano. Tra i ricordi dei meno giovani quei giorni sono rimasti impressi perché “già allora vivevamo in una bolla”, come si definisce Tel Aviv come area di totale libertà, pace e distacco dalla feroce intensità di questa terra.
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