Resp. R. Yehudah Mintz, n. 16: Riguardo alle maschere del sesso opposto che “giovani e vergini, vecchi e ragazzi” usano indossare per Purim, il nostro amato luminare R. Eliakim Segal li ha permessi e ha pubblicato la sua decisione con dovizia di motivazioni. I grandi pii in mezzo ai quali sono cresciuto hanno visto i loro figli e figlie, i loro generi e le loro nuore indossare quelle maschere e costumi del sesso opposto a Purim e se vi fosse stato, D. non voglia, il minimo dubbio di trasgressione, non avrebbero affatto taciuto.
Remà allo S.A. O. Ch. 696,8: Quanto all’uso di indossare uomini e donne maschere e costumi del sesso opposto a Purim non c’è divieto, perché in tal caso lo scopo è solo quello di fare Simchah. Alcuni dicono che è proibito, ma l’uso comune segue la prima opinione.
R. Ya’aqov Weinberg, Resp. Seridè Esh, Yoreh De’ah 41: Invero il Remà ha permesso agli uomini di indossare maschere femminili per Purim, perché lo scopo è unicamente quello della Simchah. Si riporta una prova anche dal fatto che “Michal figlia del re Shaul indossava i Tefillin senza che i Chakhamim si fossero opposti” (‘Eruvin 96a), benché incorresse nel divieto di indossare articoli da uomo, come dice il Targum Yerushalmi attribuito a R. Yonatan b. Uzziel (parafrasi di Devarim 22,5): “Una donna non può indossare Tzitzit e Tefillin, perché sono articoli da uomo”. Ma dal momento che il suo intento era solo di Mitzwah non c’è qui divieto. Inoltre, il Bet Yossef O.Ch. 38 dà un altro motivo per il divieto che una donna indossi i Tefillin. In ogni modo è dimostrato che il divieto di indossare abiti del sesso opposto, che pur è un divieto della Torah, diviene permesso se l’intento non è di adornarsi (a scopo di promiscuità).
Bayit Chadash al Tur, Yoreh De’ah 182: Occorre prestare attenzione al Minhag di Purim allorché uomini e donne indossano abiti del sesso opposto, che non deve passare sotto silenzio. Mi pare che gli argomenti usati da R. Yehudah Mintz siano confutati da R. Eli’ezer di Metz, il quale scrive esplicitamente che la proibizione resta valida anche durante un matrimonio. Infatti indossare abiti del sesso opposto per rallegrare gli sposi non è la stessa cosa rispetto all’esigenza di alleviare un disturbo. Per alleviare o evitare un disturbo alla barba o agli occhi guardarsi allo specchio diviene indispensabile, mentre per rallegrare gli sposi ci sono tanti altri modi senza incorrere in proibizioni!
R. ‘Ovadyah Yossef, Resp. Yechawweh Da’at, V, 50: Il Minhag diffusosi recentemente nelle Yeshivot per cui gli studenti nominano un “Rav Purim” che dopo aver bevuto esterna critiche sugli insegnanti mescolando insulti personali alle battute deve essere abolito del tutto. A Purim è lecita solo la Simchah shel Mitzwah e non quella sciocca. E’ anche proibito solo partecipare a un simile “consesso di beffatori”. E’ altrettanto proibito ai ragazzi indossare abiti femminili e alle ragazze quelli maschili, anche per la Simchah di Purim. Gli adulti dovranno vegliare sui più piccoli per evitare che anche un bambino indossi abiti da bambina e viceversa.
Nel Resp. n. 16 R. Yehudah Mintz permette i travestimenti con abiti del sesso opposto in occasione di Purim. L’uso di mascherarsi in questa occasione, benché non esplicitamente menzionato nelle fonti, è assai diffuso da tempo immemorabile. Le ragioni sono non solo l’allegria della ricorrenza, ma anche la volontà di superare, per un giorno all’anno, le convenzioni che l’abbigliamento esprime. R. Yehudah permette esplicitamente quest’uso, anche se comporta che un uomo si mascheri da donna e viceversa in contrasto con un chiaro divieto biblico. Il divieto lo yilbash (Deut. 22,5) si applica infatti quando vi è la precisa intenzione di potersi nascondere fra gli uomini allo scopo di commettere adulterio o comunque adire a comportamenti licenziosi. Se lo si fa al solo scopo di aumentare l’allegria non costituisce problema. Al termine del Responso menziona un’altra tradizione, caduta in disuso. Il giorno di Purim i ragazzi erano soliti “rubare” del cibo. Anche in questo caso, R. Yehudah scrive che in ciò non vi sono gli estremi del furto e che essi non vanno denunciati al Bet Din per questo. Il responso sulle maschere femminili è stato accolto da R. Moshe Isserles nelle sue aggiunte allo Shulchan ‘Arukh sulle regole di Purim (Orach Chayim 696,8), ma non è stato accolto da tutti. Il Bayit Chadash (Yoreh De’ah 182, 16, 4) vieta lo scambio d’abiti ad entrambi i sessi: la sua opinione è che la cosa può essere consentita solo in casi di estrema e provata necessità: per esempio, se a fronte di una pioggia improvvisa un uomo non ha a disposizione altro che un vestito da donna. In tal caso l’abito in questione serve solo da riparo. Una posizione di compromesso è espressa dal Pri Megadim: a Purim è lecito scambiare solo un capo d’abbigliamento, a condizione che da tutto il resto rimanga evidente la vera identità della persona.
E’ evidente che la controversia in questione va bene aldilà dei lazzi del giorno di Purim, ma riguarda più in generale il tema dell’abbigliamento femminile. Esso è ancora oggi materia di discussione dal momento che determinate fogge un tempo considerate tipicamente maschili, come i pantaloni, sono ormai diffuse e accettate come abiti da donna, senza che ciò dia adito per forza ad un comportamento immorale. La prescrizione biblica lo yilbash va intesa alla lettera e in modo assoluto? Fino a che punto entra in gioco il costume, nel senso più ampio del termine, del luogo e del tempo a determinare, almeno in questo caso, la giurisprudenza da seguire? Fino a che punto entra in gioco l’intento con cui si sceglie di indossare l’abito del sesso opposto? Sotto questo profilo si possono segnalare tre diverse posizioni nel diritto rabbinico. Il Yad ha-Ketannah rappresenta la posizione più restrittiva: l’intento non ha importanza. Anche se lo si fa al solo scopo di proteggersi dalle intemperie e a tale scopo ha a disposizione solo un abito del sesso opposto, è proibito comunque. Una posizione intermedia è rappresentata dal Bayit Chadash, secondo il quale la proibizione ha luogo quando si intende assomigliare al sesso opposto: “Quando le persone indossano abiti dell’altro sesso a Purim –argomenta- la loro intenzione è appunto quella di assumere le sembianze dell’altro sesso, cosa che la Torah proibisce nel momento in cui la persona si adorna ed abbellisce… Ciò può anche condurre a promiscuità sessuale. Un aspetto particolarmente negativo è il fatto di coprirsi il volto per evitare di essere riconosciuti…” Questa è la posizione accettata dalla maggioranza dei Decisori posteriori. Infine, R. Yehudah Mintz interpreta il versetto: “Non sia indumento maschile sulla donna e l’uomo non indossi veste femminile, perché è considerato abominevole dal S. tuo D. chiunque fa di queste cose” in un senso assai facilitante: in pratica nessuna proibizione ha luogo, a meno che chi cambia l’abito non lo faccia avendo un intento “abominevole” in mente (R. Getsel Ellinson, Woman and the Mitzvot vol. 2, The Modest Way, A Guide to the Rabbinic Sources, W.Z.O. 1992, cap. 5; R.D. Friedman, May Women Wear Pants?, in “Journal of Halacha and Contemporary Society, 4 (1982), p. 70-78).