Parliamo con rav Roberto Colombo, direttore di Kesher, di questa che è ormai una realtà consolidata nel panorama sociale e culturale ebraico milanese.
È iniziato un nuovo ciclo di incontri del Progetto Kesher; è il terzo anno e le prime iniziative, il seder di Rosh Hashanà, la cena in sukkà e le prime conferenze, hanno avuto un buon successo. Possiamo fare già un bilancio dell’attività di Kesher?
Devo subito dire che il bilancio è molto positivo, al di là delle mie più rosee aspettative. Avevamo incominciato come una scomessa, e l’iniziativa è cresciuta di anno in anno tanto che oggi abbiamo più di 200 iscritti e in media partecipano alle serate circa 80 persone, senza parlare degli eventi. Credo che per un’attività comunitaria di lezioni, conferenze, incontri sia un grande successo a Milano, e la partecipazione è in costante crescita di anno in anno. La cosa che mi fa molto piacere è che sono stato contattato da altre comunità per “esportare” l’idea di Kesher; evidentemente è una formula che funziona. Due anni fa abbiamo iniziato a fare questo esperimento per capire quale sarebbe stata la risposta della gente, quale fossero gli argomenti di maggior interesse per la comunità. L’anno scorso le attività sono state molto interessanti, hanno attirato molto pubblico e sono culminate nel viaggio in Polonia, con circa 50 persone, che ha avuto molto successo e che quest’anno mi hanno chiesto di ripetere. La gente sente la necessità di stare assieme e condividere esperienze.
A questo proposito, oltre all’aspetto culturale, dei contenuti, ha l’impressione che Kesher sia servito allo scopo di “riavvicinare i lontani”, portare a frequentare iniziative comunitarie persone che se ne erano allontanate, e anche a creare un’occasione di incontro e amicizia?
Ci sono persone che hanno sempre frequentato la comunità e che vengono a Kesher per la qualità della proposta culturale, ma c’è anche tanta gente che in comunità non metteva piede. Attraverso Kesher abbiamo portato un buon numero di persone “lontane” soprattutto dalla cultura ebraica ad avvicinarsi ad una identità che adesso sentono molto forte. Ci sono persone che lasciano le loro famiglie e vengono a studiare il lunedì Torà, e non avevano mai neppure pensato di farlo, vengono agli incontri del mercoledì, poi agli eventi; credo che Kesher abbia avvicinato i “lontani”, anche nel senso di quelle persone che non avevano interesse per la loro cultura, che magari mandano i figli a scuola e partecipano alle assemblee ma si erano allontanati dalle loro radici spirituali. In questo senso Kesher ha avvicinato moltissime persone.
Anche il programma di quest’anno è diviso per cicli: le lezioni del lunedì con la morà Anna, gli incontri del mercoledì, presentazione di libri, lezioni di storia e pensiero ebraico, il Talmud, le mitzvot… Si cerca evidentemente di rispondere a diversi interessi; ma gli iscritti di solito frequentano tutte le iniziative o si dividono per argomenti?
Una buona media segue tutte le iniziative. Abbiamo fatto la scelta di tenere tutte le lezioni ad un livello molto alto, mentre di solito, pensando di attrarre più persone, si opta per temi generici ad un livello di base. Invece abbiamo cercato di dare alle lezioni un taglio molto elevato, e le persone lo hanno apprezzato. Con mio grande piacere quando teniamo lezioni che riguardano strettamente la Torà, la tradizione ebraica, abbiamo un numero di partecipanti molto più elevato. Le lezioni di commento al testo, o di normativa o pensiero ebraico sono le più seguite. È doveroso prendere atto di questo interesse e lavorare per rispondere a quella che mi sembra una chiara esigenza di formazione da parte della comunità.
Vuole rivolgere un invito a chi ancora non conosce le vostre iniziative?
L’invito è quello di provare a passare una serata con noi, a partecipare ad una nostra gita. Soprattutto i ragazzi giovani, tra i trenta e quarant’anni, provino a venire in gruppo ad una nostra iniziativa. Kesher è ormai una realtà e chi partecipa una volta molto spesso poi lo vediamo tornare. Vorremmo poi costituire un comitato Kesher, con persone che ci diano idee e anche un gruppo che ci aiuti dal punto di vista pratico. Oggi la grande parte del lavoro è portato avanti da Paola Boccia alla quale va un grande ringraziamento; avremmo davvero bisogno di un gruppo di appoggio, per fare telefonate, invitare le persone, chiamare gli amici, aiutare nella preparazione delle serate e degli eventi. Kesher era una promessa, oggi è una realtà, e con un po’ d’aiuto potremmo coinvolgere una parte ancora più grande della nostra comunità.
Ester Moscati – Bollettino della Comunità Ebraica di Milano