ANTONIO CARIOTI
Su «la Lettura» del 17 settembre l’intervista di Massimo Franco all’archivista vaticano Giovanni Coco che ha scoperto il messaggio di Lothar König al segretario del Papa
Una lettera ingiallita, datata 14 dicembre 1942, conferma che il pontefice Pio XII era a conoscenza dei crimini compiuti dai nazisti nei campi di sterminio. L’ha scoperta l’archivista vaticano Giovanni Coco, che ne parla su «la Lettura» del 17 settembre intervistato da Massimo Franco. In quel messaggio, inviato dal gesuita tedesco antinazista Lothar König al segretario particolare del Papa, il tedesco Robert Leiber, si cita il forno crematorio delle SS nel lager di Bełzec, situato nella Polonia occupata dai tedeschi, e viene menzionato anche il campo di Auschwitz, oggetto di un altro rapporto che purtroppo per il momento non è stato reperito. Ci troviamo dunque nel cuore di tenebra della soluzione finale voluta da Adolf Hitler per annientare completamente l’ebraismo europeo.
Va sottolineato peraltro che questa lettera, dichiara Coco a Franco, «rappresenta la sola testimonianza di una corrispondenza che doveva essere nutrita e prolungata nel tempo». Si tratta dunque di una prova fondamentale circa l’esistenza di un flusso di notizie sui delitti nazisti che giungeva alla Santa Sede in contemporanea con l’attuazione del genocidio.
Se in precedenza in Vaticano si poteva ritenere che i lager fossero «soltanto» campi di concentramento, le notizie fornite da König andavano ben oltre, poiché nella lettera si legge che nell’«altoforno» presso Rava Rus’ka, cioè a Bełzec, «ogni giorno muoiono fino a 6.000 uomini, soprattutto polacchi ed ebrei». La macchina della morte ne risulta descritta in tutto il suo indicibile orrore.
Com’è noto, il silenzio di Pio XII di fronte ai crimini di massa del Terzo Reich è oggetto da lungo tempo di discussioni accese tra i critici e i difensori di papa Eugenio Pacelli: in ballo c’è anche il suo processo di beatificazione, avviato nel 1967 e assai controverso all’interno stesso della Chiesa cattolica.
Una svolta importante si è verificata il 2 marzo 2020, con l’apertura degli archivi da lungo tempo auspicata: oggi sono consultabili tutti i documenti relativi al pontificato di Pio XII, che durò dal 1939 al 1958. La disponibilità di quel vastissimo materiale ha ovviamente permesso agli studiosi di intensificare il lavoro per chiarire meglio le vicende relative al comportamento del Pontefice.
Le ricerche di Coco, confluite nel volume Le «Carte» di Pio XII oltre il mito, in uscita il 18 settembre per l’Archivio apostolico vaticano, sono una tappa assai rilevante dell’opera di ricostruzione storiografica in corso. E un’occasione per mettere a confronto i diversi punti di vista sarà offerta dal convegno internazionale in programma a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana dal 9 all’11 ottobre: I nuovi documenti dal pontificato di Pio XII e il loro significato per le relazioni ebraico-cristiane.
A questo punto è comunque indubbio che durante la Seconda guerra mondiale, mentre in Vaticano giungevano notizie sempre più numerose e dettagliate sulle atrocità compiute dai nazisti, Pio XII preferì tacere, o al massimo esprimere in termini generici la sua pena. Significativo a tal riguardo è un rapido passaggio del lungo discorso natalizio tenuto da papa Pacelli il 24 dicembre 1942, in cui si riferiva alle «centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o a un progressivo deperimento».
Si può persino ipotizzare che il Papa abbia pronunciato quelle parole anche sulla scia delle rivelazioni appena giunte da König sui lager nazisti. Ma una condanna esplicita del Terzo Reich e del suo regime non venne mai formulata dalla Santa Sede, né mai Pio XII indicò chiaramente gli ebrei come vittime dello sterminio in corso. Ben più deciso nel manifestare la sua ostilità verso l’ideologia razzista e neopagana del regime hitleriano si era dimostrato il suo predecessore Achille Ratti, Pio XI.
Probabilmente il Pontefice temeva che una sua netta presa di posizione avrebbe peggiorato la situazione, rendendo più difficile l’importante opera di soccorso ai perseguitati che la Chiesa andava conducendo in quei giorni bui. E naturalmente tutto divenne più complicato dopo l’occupazione tedesca di Roma, nel settembre 1943. Si possono trovare diverse spiegazioni per la condotta prudente del Vaticano: certamente la diplomazia della Santa Sede si preoccupava di mantenere la propria «imparzialità» rispetto alle parti in guerra. Forse ebbe un peso anche la pesante eredità della millenaria avversione cristiana verso gli ebrei.
Di sicuro però, con gli ulteriori elementi forniti da Coco nell’intervista a Franco, diventa impossibile sostenere che Pio XII non fosse sufficientemente informato circa il trattamento disumano che i nazisti riservavano alle loro vittime. Non solo fonti polacche o comunque riconducibili allo schieramento in lotta contro la Germania, ma anche un gesuita tedesco aveva fornito al Vaticano solidi elementi per comprendere quale orrore si andasse perpetrando nel cuore dell’Europa.