David Piazza
Esiste un’affermazione dei nostri Maestri che ci lascia stupiti: “Per merito delle donne virtuose il popolo ebraico si salvò dall’Egitto“. Tutto potremmo dire delle vicende della schiavitù egiziana, delle piaghe, dell’uscita dalla schiavitù meno che il ruolo femminile sia così evidente. Se si fa eccezione di qualche breve cenno su oscure manovre delle levatrici e della sorella di Moshè – il protagonista assoluto – potremmo benissimo dire che l’affresco storico fondante del popolo ebraico sia affidato agli uomini; al massimo all’azione corale, collettiva.
Eppure diversi midrashìm aprono squarci inediti su una diversa lettura degli eventi. Ne citeremo solo uno, il più emblematico e tenteremo di collegarlo ad un argomento, il calendario, che solo marginalmente sembra toccare la formazione del popolo ebraico.
In uno dei momenti più terribili della shoà egiziana, il faraone ordina l’uccisione dei neonati ebrei maschi. Evidentemente pensa di avere qualche tornaconto dal mantenere in vita le femmine ebree. Basandosi su un versetto che non torna, il midràsh racconta che, a seguito del terribile decreto, gli uomini ebrei decidono di divorziare in massa pur di non generare più carne da macello. Una bambina ebrea, – la sorella di Moshè, secondo il midràsh – decide però di opporsi a questa decisione argomentando nientemeno che di fronte al sinedrio (il Consiglio della comunità d’Egitto): “Voi siete peggio del faraone. Questi infatti ha decretato l’uccisione dei soli figli maschi, mentre voi, con il vostro decreto, avete deciso la morte del popolo ebraico intero!”. Gli uomini capiscono e revocano la decisione, risposando ognuno la propria consorte. Dal secondo matrimonio dei genitori di Miriàm, la saggia bambina, nascerà proprio Moshè, l’uomo che Dio sceglierà per salvare l’intero popolo ebraico.
Il messaggio del midràsh è chiaro: la componente maschile degli ebrei in Egitto sembra piegarsi ai desideri di sterminio del faraone. Chi ha voglia di rapporti sessuali e di culle piene quando la belva è in agguato? La componente femminile invece riesce ad astrarsi dalla realtà contingente e a capire che senza discendenti non ci sarà più un popolo ebraico. Questa particolare visione femminile e meta-storica della realtà è la ragione per cui la tradizione ebraica fa passare il delicato snodarsi del filo messianico tramite due donne: Tamar e Ruth. In entrambi i racconti, queste donne dimostrano di vedere ben oltre quello che i protagonisti maschi riescono a vedere.
Il calendario ebraico, come tutti sanno, è lunare. Il conteggio del mese, della fase lunare, è la prima mitzvà data al popolo ebraico, ancora prima della liberazione dall’Egitto. Il popolo ebraico è in un midràsh, paragonato alla luna. Perché a differenza del sole, che sta sempre lì con il suo calore, la sua luce, la luna invece conosce fasi calanti a cui sempre seguono fasi crescenti. Il popolo ebraico può conoscere il buio di persecuzioni e stermini ma si risolleva sempre, verso la luce.
Probabilmente presso tutte le culture la luna rappresenta l’universo femminile e il sole quello maschile. Lo stesso ciclo mestruale femminile è paragonabile a quello lunare. Il calendario ebraico dunque ci propone una realtà femminile meta-storica che si sovrappone ad una maschile, storica. Il tempo che scandisce le feste e le ricorrenze dona all’ebreo la capacità di potersi astrarre dalla realtà materiale. Non c’è consiglio d’amministrazione, non c’è affare milionario, non c’è niente che possa rimandare lo scoccare del fatidico minuto che separa il tempo della vita creativa, da quello della vita festiva e interiore.
E qual è il momento in cui questi due mondi, così apparentemente inconciliabili, si toccano? Pèsach. Se non ci fosse Pèsach, il calendario lunare avrebbe la sua scansione e così quello solare.
L’Islam, pur seguendo quello lunare, non ha bisogno di un raccordo al calendario solare. Il loro ramadan può capitare un anno d’estate e un altro d’inverno. Pèsach no. Pèsach è l’unica festa che secondo la Torà deve capitare per forza sempre di primavera. Perché è la festa della nascita del popolo ebraico. Ecco perché l’intero calendario lunare ebraico è stato elaborato dai nostri Maestri, senza l’ausilio nemmeno di un Pentium, per far capitare sempre Pèsach di primavera. Unendo la realtà materiale, quella solare e maschile della vita di tutti i giorni, a quella intima, lunare e femminile dell’eternità del popolo ebraico.
Pesach 5764