“Io sono H. tuo D. che ti ha tratto fuori dalla terra d’Egitto, dalla casa di schiavi” (Shemot 20,2). E’ questo, come è noto, il testo del Primo Comandamento. Benché non sia ancora Shavu’ot lo commentiamo brevemente questa sera perché proprio ora comincia la Sefirat ha-‘Omer, il Conteggio dell’Omer che unisce idealmente il secondo giorno di Pessach a Shavu’ot: l’Uscita dall’Egitto al Dono della Torah.
Ma prima di soffermarci sul significato del versetto tratterò di una Halakhah. C’è una discussione fra Posseqim italiani sul momento in cui si deve contare l’Omer questa sera fuori da Israel. Il conteggio presuppone infatti che ci troviamo al 16 nissan, secondo giorno di Pessach: ciò è dunque in contrasto con il fatto che nella Galut celebriamo il secondo Seder per il dubbio che possa invece trattarsi del 15 Nissan. Per evitare la contraddizione autorevoli Decisori sostengono che questa sera dobbiamo contare l’Omer solo al termine del Seder, perché i precetti relativi al Seder precedono logicamente quello della Sefirah. Il rischio di dimenticarsi del Conteggio è attutito dal fatto che al Seder partecipano più persone e certamente qualcuno lo rammenterà. E’ questa l’opinione di R. Menachem ‘Azaryah da Fano e R. Moshe Zaccuto di Venezia. Il Chidà di Livorno solleva peraltro il problema che non si può mangiare finché non si è eseguito il Conteggio. A sua volta R. Daniel Terni di Firenze scrive che si deve anche questa sera contare l’Omer appena fa buio in ossequio al principio per cui le sette settimane sono dette temimot (“complete”) nella Torah. Se sussiste dunque rischio di dimenticanza è senz’altro preferibile contare l’Omer appena escono le stelle prima di cominciare il Seder senza curarsi della contraddizione.
E ora veniamo a commentare il versetto. In esso H. si presenta al popolo d’Israele prima di dare loro la Torah. E’ un po’ come la carta d’ìdentità del Santo Benedetto che dichiara qui, per così dire, le proprie generalità. Sussiste l’interrogativo: perché H. si presenta a noi come Colui che ci ha tratto dall’Egitto, anziché come Colui che ha creato il mondo? Per rispondere voglio rammentare a mo’ di premessa che secondo il filosofo spagnolo medioevale R. Yossef Albo tre sono gli ‘iqqarim, i principi delle fede ebraica: l’Esistenza di D. (Metziut H.), la Divinità della Torah (Torah min ha-shamayim) e il Premio/Castigo (Sakhar wa-‘Onesh) che sarà dato agli individui in funzione del proprio comportamento. Si possono dunque dare al nostro interrogativo tre risposte differenti, in corrispondenza di ciascuno di questi principi rispettivamente. La prima risposta è che D. ha scelto il tema dell’Uscita dall’Egitto perché costituisce una testimonianza alla quale siamo stati presenti, cosa che non si può affermare a proposito della Creazione del mondo. Se D. voleva radicare in noi anzitutto il principio della Sua Esistenza nel mondo, doveva scegliere un momento nel quale anche l’Uomo esisteva, pronto ad accoglierLo. La seconda risposta è che il Dono della Torah è correlata all’Uscita dall’Egitto assai più strettamente della Creazione del mondo: Egli ci ha tratto dalla schiavitù “con mano forte braccio disteso” per inculcare in noi il principio dell’origine Divina della Torah che ci avrebbe dato sul Monte Sinai sette settimane più tardi.
La terza risposta, quella legata al principio della Retribuzione, è la più complessa e affascinante. Partiamo dal presupposto che la Creazione del Mondo è stata soltanto un beneficio: l’ottimismo ebraico! Rabbenu Tam all’inizio del Sefer ha-Yashar scrive chiaramente che D. ha creato il mondo ligmol chessed la-zokhim bo, “per premiare coloro che se lo meritano”. Se D. si fosse semplicemente presentato come il Creatore avrebbe mostrato di sé soltanto la middat ha-chessed. Di lui avremmo conosciuto solo il Premio ma non il Castigo. Ben diverso il caso dell’Uscita dall’Egitto. In questa occasione D. non solo ha mostrato di essere tanto il Signore della Misericordia che della Giustizia, ma di saper coniugare entrambi gli attributi nello stesso atto che si è rivelato simultaneamente benefico nei nostri confronti e punitivo verso gli Egiziani. Affermare l’Unità di D. significa credere che il Male e il Bene non sono principi distinti, ma hanno la stessa origine e dipendono dalla medesima entità superiore. Ciò ci induce a scorgere anche nelle eventuali sofferenze una mano superiore, che colpisce da un lato per far del bene dall’altro! Per questa ragione l’Uscita dall’Egitto che questa sera ricordiamo nuovamente assurge a parametro assoluto della Provvidenza Divina, fondamento della nostra fede oltre che della nostra identità.