L’ira degli ebrei romani. Intervista al presidente della Comunità Ebraica di Roma
Marco Innocenti Furina
«Questa visita è un insulto, il viaggio di Gheddafi in Italia si sta risolvendo in un tour penoso, che per il nostro Paese si è rivelato un fallimento politico e economico. E anche Berlusconi non lo riconosco più».
Riccardo Pacifici è scosso, il presidente della Comunità ebraica romana cerca di controllare la voce, di parlare con calma, ma ci riesce solo a tratti. Non quando rievoca la fuga precipitosa degli ebrei libici nel ’67 l’attentato di un commando di terroristi palestinesi nell’82 alla sinagoga di Roma. Nell’agguato rimasero uccisi due bambini e furono ferite 43 persone, fra cui il padre di Pacifici. Uno dei terroristi, dopo varie peripezie, fu consegnato dalla Grecia alla Libia, e da allora non se ne è saputo più niente. Il presidente della Comunità ebraica romana si sente quasi tradito, non si capacita di come «l’Italia, il Governo, questo Governo che è quello che forse nella storia repubblicana vanta le migliori relazioni con Israele, possa aver lasciato libero Gheddafi di visitare tutti i luoghi più sacri della democrazia, insultando la democrazia». Sull’incontro richiesto dal Colonnello con la Comunità ebraica romana per oggi, sabato, shabbat, giorno sacro, in cui gli ebrei devono evitare ogni impegno, dice: «Non nutro alcuna speranza che si faccia».
Presidente, anche lei pensa che quella dell’incontro sia stata solo una provocazione?
Più che una provocazione è uno schiaffo. Per una richiesta del genere nutro solo disprezzo. Mi sento offeso da uomo, da ebreo, da cittadino italiano. Qui il problema supera la questione religiosa. Questa visita è stata un’umiliazione. Come si può accettare di sentire deridere le istituzioni repubblicane da un uomo che non rispetta la democrazia, i diritti umani, le donne? Guardi cosa è stato capace di dire al Campidoglio: uno sberleffo. Alla nostra storia di italiani democratici, ai padri costituenti, alla Costituzione, di un Paese, certo litigioso, certo diviso, ma democratico.
Ma se alla fine questo incontro dovesse avvenire, magari un altro giorno, cosa fareste?
Dia rotta a me, l’incontro non si farà. Ma sarei ben felice di essere smentite. Per dirgli in faccia, da uomini liberi, cosa pensiamo. E dopo tutto quello che è avvenuto sarebbe un riscatto. Abbiamo già pronta una lettera con le nostre richieste.
L’annosa questione dei risarcimenti agli ebrei libici cacciati tra il ’67 e il ’70?
Sì, anche se occorre una precisazione. La storia degli ebrei libici è in parte diversa da quella degli italiani che vivevamo in Libia. Gli ebrei cominciarono a futggire dal Paese africano prima degli italiani, subito dopo la guerra dei sei giorni. Fuggivano dai pogrom, fuggivano dalla morte sicura. Imbarcandosi sulle navi per l’Italia con nient’altro che paura, nostalgia e una valigia. Questi ebrei libici trovarono in Italia la patria che li ha accolti e integrati.
Gheddafi dice di non riconoscere i misfatti del governo precedente alla sua Rivoluzione…
Tesi interessante. All’Italia repubblicana chiede miliardi per i danni del colonialismo dello Stato liberale e del fascismo, mentre lui non riconosce il governo di Re Idris di pochi anni prima. Il principio della continuità dello Stato vale solo per l’italia. Per lui vale una sola continuità: lo sfruttamento dei pozzi di petrolio…
Il petrolio, è per questo che il Governo è stato così accondiscendente nei confronti del leader libico?
Berlusconi non lo riconosciamo più. Non è il Berlusconi che ha sostenuto Israele, che si è impegnato per far annoverare Hamas tra le organizzazioni terroristiche. Un’umiliazione. Che però non può giungere fino ad accettare che Gheddafi salga in cattedra a darci lezioni di democrazia.
Presidente, però non può negare che in questa visita italiana Gheddafi abbia pronunciato delle parole importanti: sui diritti delle donne e sulla lotta al terrorismo.
Se sulla lotta al terrorismo Gheddafi fosse sincero ci direbbe dove si nasconde Al Zomar, un palestinese che nell’82 uccise due bambini colpevoli solo di essere ebrei davanti alla sinagoga di Roma. Vuole davvero combattere il terrorismo internazionale? Lo rimandi in Italia, lo attende una condanna. All’ergastolo.
Il Riformista 13/6/2009