Anche Kolot sulla graticola. Tutto si può dissacrare nel mondo occidentale, ma nulla sembra di più sacro della vulgata gay politically correct. Commentino in calce.
Lettori credenti scrivono a Kolot
Definire una banalizzazione della Shoah la condivisione della memoria con coloro che hanno subito discriminazioni a causa non di ciò che facevano ma di ciò che erano, per il solo fatto di “essere”: Zingari, Omosessuali, Testimoni di Geova, o a causa della loro opposizione politica al regime nazista, mi sembra una manifestazione di insensibilità e di chiusura mentale in totale contrasto con i principi su cui si fonda il pensiero ebraico: il perseguimento della giustizia e della dignità per tutti gli esseri umani. Negare ad altri la memoria delle sofferenze da essi patite, attribuire al dolore una scala di valori diversa in base a chi lo ha subito, è ingiusto e vergognoso.
Mi stupisco e mi rammarico di ciò che ho letto nella sua newsletter trasmessa domenica 25 gennaio. Mi auguro che l’opinione che lei ha espresso, sulla quale la invito ad una riflessione, venga respinta dai lettori di questa newsletter di cui, in linea di massima, ho sempre apprezzato la scelta dei contenuti. Le sarei grato se volesse pubblicare questo mio intervento.
Shalom
Sergio Franzese, Torre Pellice (TO)
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Cari amici, anzitutto grazie – visto che faccio parte di ECAD – per avermi incluso fra gli intellettuali.
Non abbiamo storpiato la parola Shoah (o Shoà) che definisce lo sterminio del nostro popolo, ma personalizzato la parola “Olocausto” che, come si legge su Wikipedia, è un termine (dal greco holos “completo” e kaustos “rogo” come nelle offerte sacrificali) che venne introdotto alla fine del XX secolo per riferirsi al tentativo compiuto dalla Germania nazista di sterminare tutti quei gruppi di persone ritenuti “indesiderabili”. (Vd. http://it.wikipedia.org/wiki/Olocausto).
Si è voluto coniare un titolo, un appellativo per dar voce e un nome al silenzio di tutti questi anni: “Pulling down”, una parola che non esiste creata apposta per descrivere ciò che per i disabili è stata la Shoà, il Porrajmos per i Rom l’Homocaustos per gli omosessuali e che esprime chiaramente la viltà del fenomeno di abbattimento verso coloro che erano considerati diversi e per di più inermi. (come da ns. comunicati)
Mi si permettano due domande:
– Se un deportato era omosessuale e di religione ebraica è più deportato di uno che era solo omosessuale?
– La mia coscienza piange per tutti i deportati: la vostra?
Shalom
Alan D. Baumann
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Dissento fortemente dal tuo commento e te lo scrivo perchè a me pare un argomento molto importante.
Mi spiego: Il crimine commesso da nazi & amici durante il loro regime va ricordato e non va banalizzato in quanto fu unico.
Lo fu soprattutto per tipo. Invece in quanto sterminio sistematico, di massa non fu il primo ad esistere.
Fu invece tra i primi a perseguitare uomini aventi in comune il solo fatto di appartenere ad un gruppo che non era neanche definibile in base ad un pensiero comune, come per esempio lo possono essere i perseguitati politici. Insomma uno passaggio ulteriore, di ingiustificatezza, rispetto ai criminali politici.
Il tutto avvenne poi, purtroppo, in dimensioni industiali, grazie alle tecnologie esistenti al tempo, ed alla diffusione amplissima dell’odio contro gli ebrei in Europa.
Non vi sono, a mio giudizio, altri motivi che rendano unica la shoà. Non certo il fatto che abbia riguardato noi ebrei. Questo fatto è, ovviamente, solo una grande disgrazia per noi.
Ecco perchè non sono d’accordo che accostare lo sterminio degli ebrei a quello degli omosessuali non sia affatto una banalizzazione. Entrambe hanno simile movente, legato alla sola appartenenza ad un gruppo, del tutto a prescindere dalle idee.
Così come non sarebbe, analogamente, banalizzazione, vedere in modo simile alla Shoà la tragedia degli Armeni o quella dei Tutsi.
Mentre, nei casi citati: comunisti, criminali comuni, aborto, vi è una vera e propria escalation di banalizzazione.
Insomma: essere stati massacrati sistematicamente da criminali organizzati imbevuti di folli ideologie omicide, per il solo fatto di esistere, è successo a noi ebrei, ma è successo anche ad altri.
Dobbiamo condividere questo “privilegio della storia” con altri.
Questo non è nè un sollievo, nè una confusione.
Può invece essere un aiuto didattico affichè chi impara (i giovani per esempio) capiscano il valore di questo ricordo.
(Ho letto in questio giorni da qualche parte l’idea di dedicare lo Yad Vashem anche ad altre vittime si genocidio. Personalmente non sono d’accordo con una simile proposta, per molti motivi. Tuttavia in essa riconosco la buona intenzione di volere allentare il legame tra l’obbligo a ricordare ed il fatto che l’olocausto fu commesso contro gli ebrei. La cosa importante è di fare capire a tutti quanti quanto i genocidi siano terribili a prescindere da chi ne siano state le vittime).
E’ invece secondo me un errore, ed anche grave, ed anche potenzialmente pericoloso (sorta di razzismo al contrario) confondere cose così fondamentalmente diverse come omosessuali con embrioni come ho colto nella Newsletter in questione.
Un cordiale shalom.
Roberto
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Scrivo in merito all’articolo su Homocaust, per fare delle precisazioni in quanto anchio considero la cosa una banalizzazione della Shoà in quanto l’argomento è estremamente diverso e quindi presta il fianco a banalizzazioni.
La persecuzione da parte dei nazisti a tutto il popolo ebraico è una cosa che è sfociata nel massacro senza eguali, la Shoà, la persecuzione per alcune tipologie di persone suddivise per scelte politiche o gusti sessuali è un altra che sicuramente non si può definire Shoà.
Poi non riesco nemmeno a capire, e questo soprattutto nelle celebrazioni del 27 gennaio l’intromissione pesante e fastidiosa dell ANPI, che parla sempre di resistenza e della storia della resistenza, anche alle scolaresche alle manifestazioni organizzate dai comuni, tralasciando quello che è l’argomento principale cioè la Shoà!
Portano i ragazzi a Fossoli e parlano di resistenza, ma cosa capiscono poi i ragazzi?
Un cordiale Shalom
David
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Anche per ragioni che derivano dalla mia storia familiare, mi oppongo con tutto me stesso alla banalizzazione della Shoah. Trovo che il tuo commento su Homocaust – Kommuncaust – Krimicaust sia fuori luogo e, per l’appunto, banalizzante. A differenza dei comunisti e dei criminali, che furono perseguiti in relazione a scelte fatte, che ebbero dunque possibilità di scelta (il che naturalmente non giustifica in alcun modo il trattamento che ricevettero dai nazisti), gli omosessuali vennero oppressi e sterminati in relazione a ciò che erano, ad uno stato di natura. Un omosessuale poteva anche convertirsi al nazismo e rispettare tutte le leggi, ma rientrava comunque nelle categorie da eliminare. Questo accomuna gli omosessuali agli ebrei (ed agli zingari) di fronte al nazismo: la colpa di essere nati.
Mi pare strano che la cosa ti sfugga.
Un cordiale shalom.
Luciano Belli Paci
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Ricevo periodicamente Kolòt e ne apprezzo la serietà e la profindità. Ma nell’ultimo numero di ieri, sulla banalizzazione della Shoah, mentre gli articoli erano condivisibili, i titoli erano brutali, offensivi e volgari nei confronti delle altre vittime della persecuzione nazista. Vergogna, vergogna, vergogna che un sito che si autodefinisce “la porta dell’ebraismo in rete” manifesti questa totale insensibilità.
David Terracini
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Commentino
Spero di non peggiorare la mia posizione.
Che gli omosessuali nei secoli e durante la Shoah siano stati perseguitati e discriminati in maniera che può ricordare gli ebrei è un dato di fatto che non mi sembra sia in discussione, perché è Storia. Legittimo mi sembra invece qualsiasi dibattito sui comportamenti di un singolo o di gruppo all’interno della società in cui viviamo (vedi chador, infibulazione, pedofilia, aborto, eutanasia, circoncisione, solo per citarne alcuni). Così come chi è contrario alla circoncisione (e alcuni ebrei lo sono) non è necessariamente un antisemita, chi è contrario ad alcuni aspetti o comportamenti della “cultura gay” (e alcuni omosessuali lo sono) non è necessariamente un omofobo. Ma non di questo parlavamo.
Personalmento non credo che la Shoah sia un “unicum”. Primo perché di Unico ce n’è Uno solo. Secondo perché credo fermamente che atti simili possano ripetersi (e si sono già ripetuti o peggio ancora si ripetono in questo stesso momento) secondo gli stessi principi, ma con modalità diverse. Certo tutto è diverso nella Storia, ma per comodità e per pigrizia ci piacciono le semplificazioni e le similitudini. Peraltro dire che la Shoah è eccezionale vuol dire deresponsabilizzare chi ha mal agito e anche chi ha assistito inerte. Invece credo che purtroppo il germe nazista sia in ognuno di noi. Sono sostanzialmente d’accordo con Jonathan Littel e il suo terribile “Le benevole”.
Ora però che tutti i perseguitati durante la Shoah possano accampare il titolo di Olocausto mi sembra un po’ azzardato. Mi sembra salire su uno stanco vagone del circo mediatico che va oramai da solo, di cui peraltro nemmeno noi ebrei riusciamo bene a capire la portata e si finisce poi per fare il gioco dei negazionisti: “Ma insomma che volete voi ebreucci, in fondo assieme a voi ne hanno ammazzati tanti altri”. Possiamo certamente condividere il dolore di una tragedia. Ma solo se ne rispettiamo la diversità. Sono omofobo?
David Piazza
PS Ma quando qualcuno scrive “furono perseguitati per quello che erano, non per quello che facevano” si rende conto che così si sostiene che fosse “meno grave” lo sterminio dei comunisti, dei ladri, dei pedofili o di qualsiasi atto contrario al regime? Ma allora la Shariah ha ragione quando contempla il taglio delle mani ai ladri?