Ugo Volli
Cara Morashà, gli articoli distribuiti nella newsletter di ieri mi confermano una preoccupazione che nutrivo da tempo. Vi sono alcuni illustri intellettuali ebrei che fanno politica italiana nel nome della difesa di Israele. In particolare mi sembra che più di usare la loro intelligenza per convincere l’opinione pubblica italiana a combattere l’antisemitismo e ad avere uno sguardo equo sulle politiche di Israele, si sforzino di convincere la comunità ebraica a schierarsi esplicitamente per una parte politica, la destra. A questo scopo non esitano a delegittimare o almeno a mettere in dubbio l’autorità di chi come Luzzatto rappresenta ufficialmente gli ebrei italiani; stabiliscono liste di nemici, da D’Alema e in genere la sinistra italiana, al governo spagnolo; tessono improbabili alleanze con i settori cattolici più integralisti, fornendo perfino attestati di persecuzione a Buttiglione.
Personalmente non condivido i loro argomenti; li giudico una posizione di parte legittima nel dibattito politico italiano, ma sbagliati nel merito. Come ebreo triestino, per esempio, conosco bene le pulsioni negazioniste e antisemite che abitano in tanta parte della destra, non solo quella ufficialmente postfascista. E, al di là degli schieramenti contingenti, credo che una delle lezioni dell’ebraismo sia l’attenzione per i diritti dei più deboli, cioè che la Torà alimenti naturalmente un pensiero che oggi definiamo “di sinistra”
Il punto che mi preme sottolineare però non è questo: ognuno di noi può nutrire le simpatie che preferisce; ne discuteremo come cittadini italiani. Il fatto è che questi intellettuali non puntano tanto a esprimere la loro legittima opinione sulla politica italiana ed europea, quanto a presentarla come la linea degli ebrei italiani e a tentare di imporla dentro le comunità, delegittimando ogni altra come complice dell’antisemitismo o imbelle o parziale. Questo programma mi pare, ancor più che sbagliato, pericoloso e inaccettabile. Per molte ragioni religiose e pratiche le nostre comunità da secoli non si schierano per una parte politica contro l’altra: perché la pluralità di opinioni anche politiche è una ricchezza fondamentale della nostra tradizione fin dai dibattiti talmudici; perché il Talmud stesso ci invita ad accettare le istituzioni legali del paese in cui abitiamo e dunque a non intervenire in esse collettivamente se non in casi di emergenza; ma anche perché la prudenza di generazioni ci insegna che non è il caso di metterci da una parte, anche se personalmente la riteniamo migliore. Perché infine non è saggio proclamare nemici persone e forze politiche che non si definiscono tali. Se mettiamo insieme nel calderone dell’antisemitismo tutti i socialdemocratici europei (e anche una buona parte dei liberali) assieme con i no global più esagitati nell’odio a Israele, se decidiamo che sono antisemiti lo stato francese e quello spagnolo, i Ds e il parlamento europeo, i sostenitori della parità di diritti per gli omosessuali e in generale tutti quelli che non piacciono a Berlusconi, Buttiglione e Pera e Bush, credo che rendiamo un pessimo servizio a Israele, alla realtà e a noi stessi.
Chiedo a questi intellettuali di sforzarsi di distinguere le loro passioni politiche italiane dalla rappresentanza dell’ebraismo che in qualche modo si assumono o esercitano come funzione; chiedo alle comunità di non schierarsi nel dibattito politico se non per emergenze e di evitare le polemiche politiche; chiedo a tutti un po’ di saggezza e di sguardo lungimirante, come è quello di Amos Luzzatto e come è stata in generale la nostra tradizione.