Sappiano i cinque incappucciati, noi a volto scoperto siamo più forti
Emanuele Ottolenghi
Al direttore – Cinque uomini mascherati hanno decapitato con una sega un ragazzo di 26 anni, colpevole di essere americano ed ebreo. Lo hanno decapitato per vendetta, ci hanno detto, per l’umiliazione subita dai prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib. I loro fratelli palestinesi hanno mostrato orgogliosi i resti di sei soldati israeliani, i cui brandelli sono stati oggetto di negoziato. Anche loro giustificano il loro gesto in nome dell’umiliazione. E gli assassini di Stefano Quattrocchi erano anche loro “umiliati” dalla presenza americana in Iraq, così umiliati da uccidere un uomo legato e bendato in un atto vile e codardo.
Come lo erano coloro che si sono accaniti sui corpi carbonizzati di quattro americani a Fallujah, appendendone i miseri resti a un ponte, con lo stesso coraggio di chi uccide un uomo morto. Anche gli aguzzini pachistani dell’ebreo americano Daniel Pearl protestavano l’umiliazione subita dall’Islam da parte degli Stati Uniti, e lo hanno sgozzato e decapitato. E in tutti e tre i casi, si sono premurati di filmare ogni dettaglio e recapitarcelo in video. Certo, non grazie ad al- Jazeera abbiamo visto quelle oscene immagini. Al-Jazeera preferisce mostrarci solo musulmani straziati da occidentali, perché ci ricorda che tutto ciò è umiliante per loro, ma che per ragioni etiche non mostra i corpi occidentali straziati da musulmani. Perché? Credono forse che la loro umiliazione, per giustificata che possa essere (e su questo pure avrei da ridire), giustifichi i loro crimini? Credono che i loro crimini non generino umiliazione e rabbia? Ma quale più grande umiliazione vi può essere di quella di un corpo martoriato e privato della sua dignità anche dopo la morte, come i corpi dei sei israeliani uccisi da una mina martedì a Gaza ed esposti al pubblico ludibrio, come la testa di Nick Berg, mostrata a mo’ di trofeo, la cui grottesca smorfia di dolore umilia e indigna chi in Occidente ha ancora il coraggio di credere nell’intrinseca bontà della natura umana?
Quale attenuante ritengono di avere questi aguzzini, che invocano l’umiliazione come scusa ma infliggono tremende umiliazioni su altri che nulla hanno loro fatto, che nessuna colpa hanno, se non di essere quello che sono? Invocano Dio, il cui nome ripetono ossessivamente, mentre in cinque prendono un uomo solo, legato, immobilizzato e impaurito, lo tengono stretto per poterlo decapitare, in un macabro rituale troppo lungo, troppo osceno, troppo crudele per non essere altro che un sacrificio umano. Invocano Dio, mentre brandiscono un braccio, un piede, una testa dei loro nemici, in un orrido pasto troppo indigesto per non essere cannibalismo. Quale Dio gode nel sangue e nella mutilazione di uomini? Il loro dio, che essi invocano, non è il Dio della rivelazione ebraica, cristiana e musulmana, bensì un dio cattivo, crudele, sanguinario e carnivoro, un Moloch fenicio o una divinità Atzeca, che si placa solo col sacrificio di innocenti. Ma Dio ha creato l’uomo a Sua immagine e somiglianza. E quegli atti filmati non hanno nulla di divino, né tantomeno di umano: sono la desecrazione dell’ineffabile, sono la profanazione del Nome. La bestialità di quegli atti ci deve ferire, umiliare, indignare tutti. Di fronte alla bestialità di chi li commette nessuna scusa, nessuna attenuante vale.
Chi condanna quei gesti con tanti “se” e tanti “ma” non fa altro che dare licenza di uccidere ancora, non fa altro che dare dignità a ciò che è indegno, difendere l’indifendibile, concedere umanità al bestiale. Ma sappiano quegli aguzzini che lamentano umiliazione per poterla infliggere ad altri, che la nostra memoria è lunga, la nostra rabbia antica, il nostro senso di giustizia profondo, e l’onta eterna. E sappiano che la loro propensione per il sacrificio umano, la loro medievale brutalità non ci spaventa. Sappiano. Perché la loro unica forza è quella di accanirsi contro i cadaveri. La loro unica vittoria è il corpo a corpo cinque contro uno, pure legato, drogato e impaurito. I loro unici obiettivi sono donne, vecchi, bambini, civili innocenti e indifesi, che possono essere sopraffatti soltanto perché non sanno e non possono difendersi. difendersi.
Sappiano quei cinque incappucciati, troppo pavidi per mostrare la loro faccia al mondo mentre ammazzano un innocente, che il sangue versato grida al cielo, e che il Dio il cui nome profanano, non dimenticherà quell’offesa, né ora né mai. Sappiano che la loro viltà non è l’ultima parola. Perché noi, umili mortali umiliati da quei gesti, siamo più forti. Più forti perché anche se amiamo la vita che voi così tanto disprezzate, siamo pronti a sacrificarla in battaglia in campo aperto in nome della vita e della libertà, due valori che voi odiate più di ogni altra cosa. Più forti, perché più della vendetta ci anima il senso di giustizia che ci impedisce di fare a voi che siete bestie quello che voi fate a noi che siamo uomini. Più forti, perché le ingiustizie subite dai prigionieri ad Abu Ghraib, uomini la cui umiliazione imperdonabile non ne cancella i crimini, saranno investigate e se necessario punite di fronte a un tribunale di uomini prima, celeste poi. Più forti, perché non dimenticheremo mai quello che avete fatto a esseri umani innocenti e sappiamo bene quello che fareste a noi se solo poteste: e nonostante tutto, non siamo disposti a dimenticare, come avete dimenticato voi, che anche l’uomo più cattivo e crudele, più violento e malvagio, contiene in sé una scintilla del divino e che in vita come nella morte, quel che di divino esiste ancora anche nel nemico più brutale e feroce noi ci impegniamo a rispettare.
IL FOGLIO QUOTIDIANO VENERDÌ 14 MAGGIO 2004