Come ricorderete la ghemarà all’inizio del trattato di Bavà Qamà era in dubbio se le toladot fossero in tutto e per tutto come gli avot o meno. Il Rif spiega la domanda della ghemarà in questo modo: nel risarcimento per i danni abbiamo trovato una distinzione, il risarcimento completo è considerato mamon, mentre il risarcimento della metà del danno è un qnas (una multa). Abbiamo visto l’esempio del toro, che se è tam paga metà danno dal suo corpo, mentre se è mu’ad paga l’intero danno dalla parte migliore del terreno.
Il dubbio che la ghemarà esprime è se questa distinzione fra tam e mu’ad è estendibile anche alle toladot o meno. Nella lettura del Rosh la visione del Rif deriva unicamente dal fatto che negli avot troviamo questa distinzione fra tam e mu’ad. Se questa distinzione non fosse sussistita, il Rif non avrebbe dato questa lettura. Avnè Yesod sostiene che la lettura del Rif pone un problema nel suo presupposto. Infatti il Rif sostiene che il risarcimento della metà del danno è una multa, ma non tutti concordano su questo punto. Infatti come abbiamo visto vari sostengono che anche quello sia mamon, e la Toràh ha condonato una parte del danno al padrone del toro. Ma, se diciamo così, questa potrebbe essere una caratteristica propria degli avot, per i quali la Toràh ha introdotto questa novità, ma non necessariamente per le toladot.
Gli acharonim hanno affrontato la questione della radice dell’obbligo di risarcimento. E’ possibile infatti ragionare in due modi differenti: una prima possibilità è collegata al fatto che i padroni hanno l’obbligo di sorvegliare i propri beni, e perciò quando questi sono stati negligenti su questo punto hanno l’obbligo di risarcire. Questo caso è paragonabile al caso di un sorvegliante che è stato negligente, comportando lo smarrimento dell’oggetto. In questo caso il sorvegliante è tenuto a pagare. Il danno è stato determinato dalla mancata sorveglianza, ed è considerato nizqè gufò, un danno inflitto da lui direttamente. Allo stesso modo secondo questo ragionamento, il padrone che non ha sorvegliato a dovere l’animale è come se avesse danneggiato lui in prima persona. Oppure è possibile dire semplicemente che si devono risarcire i danni provocati dai propri beni. Dove si manifesta la differenza fra i due approcci? Un esempio è il caso in cui il padrone, dopo che l’animale è sfuggito al suo controllo, rinuncia alla proprietà. Se il risarcimento è dovuto al fatto che un suo bene ha danneggiato, non si tratta più di un suo bene, se invece si considera il fatto che c’è una negligenza nella sorveglianza, ed in quel momento viene maturato il suo obbligo di risarcire, il fatto che abbia rinunciato alla proprietà è irrilevante. Questi due modi differenti di intendere l’obbligo si manifestano nelle parole del Rambam e del Tur (Nizqè Mamon 1,1 – 1, Choshen mishpat 389,1 – 2): il Rambam è molto chiaro nello scrivere che l’obbligo è determinato dal fatto che i beni di una persona hanno provocato un danno, altrettanto chiaro il Tur, che scrive che come una persona è tenuta a risarcire quando provoca un danno così deve sorvegliare i propri beni affinché non procurino un danno.
Il Rambam riporta la seguente halakhàh (Nizqè Mamon 4,10 – 3): se un sorvegliante ha accettato di sorvegliare una bestia, non rispondendo però dei suoi danni, e la bestia ha procurato un danno, il sorvegliante è esentato dal risarcire e i padroni invece sono tenuti a risarcire. Il Maghid Mishnè spiega che dalle parole del Rambam si può intendere che in generale il sorvegliante sarebbe tenuto a risarcire per via dei danni provocati dall’animale, e questa è l’opinione del Rashbà. Il Raavad non è d’accordo, e ritiene che il sorvegliante non è tenuto a risarcire per i danni dell’animale se non espressamente previsto. E’ possibile dire che il Rambam sostiene che l’obbligo di risarcire derivi da un difetto nella sorveglianza, e pertanto se non diversamente indicato il sorvegliante è tenuto a risarcire. Il Raavad invece ritiene che il risarcimento sia dovuto al fatto che si tratta di una proprietà del padrone. Pertanto se non diversamente indicato il sorvegliante non è tenuto a risarcire. Dal confronto fra le due halakhot pertanto emergerebbe una contraddizione nell’opinione del Rambam. Il Raavad d’altra parte ha una difficoltà rispetto al caso di un ladro che ha rubato un animale, ed evidentemente non ha assunto su di sé l’obbligo di sorvegliarlo. In un caso del genere dovremmo dire che eventuali danni devono essere risarciti dai padroni, che sono stati derubati? Le Tosafot (56b-4) danno due ordini di risposta circa questa situazione: 1) il ladro è subentrato ai padroni, visto che loro originariamente erano tenuti a sorvegliare l’animale, e visto che ora non possono più sorvegliarlo perché è stato rubato, l’obbligo ricade sul ladro; 2) i padroni in generale hanno l’obbligo perché si tratta di una loro proprietà, ed ora che l’animale è stato rubato e c’è stata una acquisizione, seppure indebita, il ladro è da considerarsi il padrone.
E’ possibile, spiegando l’opinione delle Tosafot, che il concetto di proprietà sia considerato diversamente nell’ambito del diritto di proprietà e nei danni: infatti nella proprietà il fatto che qualcosa sia di mia proprietà comporta l’obbligo di sorvegliarla, mentre nei danni il fatto che abbia l’obbligo di sorvegliare qualcosa lo fa considerare come una mia proprietà. Per questo è possibile dire che in realtà non vi è contraddizione nelle parole del Rambam: infatti in generale diciamo che l’obbligo di risarcire deriva da quello di sorvegliare, ma nel caso del sorvegliante la definizione non è quella propria del diritto di proprietà, secondo il quale il padrone sarebbe tenuto a risarcire, ma secondo quello dei danni, per il quale il sorvegliante, avendo l’obbligo di sorvegliare, detiene la proprietà in quel particolare ambito.
La distinzione fondamentale pertanto non è quella di valutare se un oggetto è suo o meno (shelò), ma se è nel suo reshut o meno. Nel caso del ladro anche il Raavad è d’accordo che il ladro è tenuto a risarcire. La discussione fra il Rambam ed il Raavad riguarda pertanto unicamente il sorvegliante, rispetto alla sua presa di responsabilità sui danni quando non specificato; per il Rambam assume l’obbligo per il Raavad no. Secondo il Raavad l’obbligo di risarcire deriva dalla proprietà, e per questo il sorvegliante è esente da risarcimento, e pertanto fra le opinioni riportate dalle Tosafot il Raavad accoglierebbe la seconda. L’Even ha-ezel1 all’inizio delle hilkhot nizkè mamon (5) illustra l’opinione del Rambam.
מקורות
1) כל נפש חיה שהיא ברשותו של אדם שהזיקה הבעלים חייבין לשלם שהרי ממונם הזיק שנאמר +שמות כ”א כ”ה+ כי יגוף שור איש את שור רעהו וכו’, אחד השור ואחד שאר בהמה חיה ועוף, לא דיבר הכתוב בשור אלא בהווה.
2) כשם שאסור לאדם שיזיק את חבירו ואם הזיק חייב לשלם כך צריך לשמור ממונו שלא יזיק ואם הזיק חייב לשלם
3) שומר שקבל עליו שמירת גוף הבהמה בלבד אבל לא שמירת נזקיה והזיקה פטור מלשלם והבעלים חייבין לשלם, קבל שמירת נזקיה והזיקה חייב השומר, ואם הוזקה פטור והבעלים עושין דין עם המזיק. +/השגת הראב”ד/ שומר שקבל עליו שמירת גוף הבהמה בלבד אבל לא שמירת נזקיה והזיקה פטור מלשלם. א”א אף זה אינו מחוור דמתחזי מגמ’ דמסתמא לא מקבל עליה שמירת נזקיה שהיא מזקת
4) וי”ל דסברא הוא דגזלן נכנס תחת הבעלים דכיון שהוציא מרשות בעלים שהיו חייבין בשמירתה ואין הבעלים יכולים לשומרה לפי שנגזלה מהם יש על הגזלן לשומרה דלענין נזקין אקרו בעלים כל מי שבידו לשומרה … ועוד כיון דגזלן קמה ליה ברשותיה גם לענין אונסין יש לחשב בעלים יותר משותף…
5) מה שתפס הרמב”ם בלשונו שהוא ברשותו של אדם ולא כתב כל נפש חיה של אדם, נראה דכונתו משום דלאו דוקא אם הבהמה שלו אלא דגם אם הבהמה ברשותו חייב בנזקי’ וזהו טעם חיוב השומר דנכנס תחת הבעלים כיון דהבהמה קימא ברשותו דאף דלא יצאה מרשות הבעלים והבעלים יכולין להקדישה, מ”מ נקרא ג”כ שהוא ברשות השומר… וזהו טעמו של הרמב”ם דסובר בפ”ד הל’ י’ דשומר שקבל עליו שמירת הבהמה בסתמא חייב בנזקין והראב”ד חולק שם ומצריך קבלה מפורשת לענין נזקין, והיינו טעמא דשיטת הרמב”ם דכיון שהשור ברשותו דהא קבל שמירתו ממילא חייב בנזקין מהתורה ואין צורך בקבלתו, אלא דאם התנה בפירוש שאינו מקבל עליו שמירת נזקיו אז הוי כמו שהתנה דלגבי זה אין הבהמה עומדת ברשותו כלל והיא ברשות הבעלים לגמרי לגבי נזקיה, ואף דהרמב”ם סיים בדבריו שהרי ממונם הזיק ע”כ לא בא לומר דבעינן דווקא ממון שלו דהא עכ”פ בודאי גם השומר שאינו ממונו חייב בנזקין אלא בא לומר דדיני נזקין אינו דוקא בהזיק בגופו אלא דגם אם הזיק בממונו חייב, וממונו נקרא מי שהוא בעלים על המזיק בין שהוא שלו בין שהוא ברשותו אף שאינו שלו ולכן התחיל בדבריו כל נפש חיה שהיא ברשותו של אדם וכמש”כ:
1 R. Issar Zalman Melzer (1870-1954), nato a Mir, allievo di Chayim Soloveitchick a Volozhin, trasferitosi in Israele nel 1925,insegnò presso la Yeshivàh ‘Etz ha-chayim sino alla morte nel 1954. Nel suo commento al Rambam, Even ha-ezel, applica la metodologia talmudica del suo maestro.