“Attem nizzavim ha jom kullekhem lifnè À Elo-hekhem – Oggi voi siete tutti presenti dinnanzi al Signore vostro D-o”
Così inizia la parashà che leggeremo questo shabbat, che è l’ultimo shabbat dell’anno.Rashì spiega l’inizio anomalo della parashà “oggi voi siete tutti presenti…” dicendo:
“Il popolo, all’ascolto delle kelalot si era talmente spaventato che aveva manifestato l’idea di rimanere nel deserto”.
Mosè cerca allora di incoraggiarlo dicendogli che, nonostante le maledizioni, nulla potrà completamente distruggerlo, perchè il Signore ha giurato al popolo eternità.
Nonostante ciò le punizioni non mancheranno, nè tarderanno ad arrivare.
Nei primi tre versi del cap. 30 troviamo la garanzia e la certezza, da parte di Mosè che essi si allontaneranno, ma poi ritorneranno ad osservare le regole della Torà.
Nei tre versetti sopracitati troviamo, per tre volte citato il verbo la-shuv – tornare: lo stesso verbo della parola teshuvà – ritorno, pentimento.
L’inizio del nuovo anno è caratterizzato dalla teshuvà – il pentimento ed è una certezza che il popolo, dopo essersi allontanato, ritorni alle proprie tradizioni.
La parashà termina con un verso che va sotto il nome di “ha bechirà ha chofshit – il libero arbitrio”:
“Hinnè natatti lefanekha ha jom et ha chajim veet ha tov, et ha mavet veet ha rà u vachartà ba chajim- Ecco io pongo oggi dinnanzi a te la vita e il bene, la morte e il male ma sceglierai la vita”.
Il Signore Idd-io come un buon padre ci mette davanti le possibili strade da percorrere, nonostante ciò, il Suo consiglio è quello di seguire quella del bene, quella della vita.
La vita è considerato un bene assoluto, una condizione irrinunciabile per ogni essere umano, in particolare per un ebreo che vede perpetrarsi con essa le sue tradizioni, la sua storia.
U vachartà ba chajim – e sceglierai la vita!
Non è soltanto un imperativo ma l’augurio più fervido che un padre possa fare a suo figlio, dopo il bagaglio di insegnamenti che gli ha trasmesso dal momento della sua nascita.
È lo stesso augurio che noi popolo di Israele formuliamo, in ogni momento – da quello più lieto a quello meno – affinchè, anche nel buio più profondo possa vedersi anche in lontananza uno spiraglio di luce.
Quella luce simboleggiata dalla Torà e dalle sue mizvot, che sono la strada che ci conduce nel sentiero della nostra vita: “ki hem chajenu ve orekh jamenu – poichè esse sono la nostra vita e la lunghezza dei nostri giorni”
Shabbat shalom